San Paolo nella seconda lettura dice: Dio ci ha amati e ci ha dato per sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza… Parole che hanno senso.
Gesù dice che siamo figli della risurrezione perché siamo figli di Dio. Allora possiamo proprio dirci che il meglio deve ancora venire. E non lo diciamo solo ai giovani per i quali è spontaneo pensare che il meglio verrà fra qualche anno. Lo dico a chi è più anziano fra di noi, adesso.
Tutti ci portiamo dentro attese e aspirazioni; cose che avremmo voluto e che non abbiamo potuto realizzare, ma con la convinzione che la vita sia immensamente più grande di quel pezzo che stiamo vivendo e sperimentando. La vita eterna porterà a maturazione ciò che per la nostra limitatezza non abbiamo potuto realizzare. Il meglio deve ancora venire.
Ogni tanto mi trovo davanti a persone che mi fanno questa obiezione: io credo che Cristo è risorto, ma trovo estrema difficoltà a collegare questo fatto con la mia vita personale, cioè non riesco a capire il collegamento che c’è tra Cristo e la mia eventuale futura risurrezione. Che cosa rispondereste? Noi diciamo che se Cristo è risorto, risorgeremo tutti… è il discorso di prima, cioè se la risurrezione è il segno dell’amore di Dio per me, allora sta sicuro che la risurrezione ti terrà in vita per sempre.
Crediamo che nell’eucaristia ci nutriamo di Cristo vivo? Certamente. Allora perché facciamo difficoltà a credere che questo medesimo Gesù ci porterà nella sua vita per l’eternità?
La prima lettura di questa domenica è una lettura forte. Anche qui ci sono sette fratelli, che sono i fratelli Maccabei. Con la loro madre vengono messi brutalmente di fronte a una alternativa: accettare di trasgredire i comandamenti o essere ammazzati. All’ultimo dei figli, forse tentennante, la mamma dà coraggio: figlio mio, non aver paura della morte, guarda il cielo.
Pieni di speranza, anche noi preghiamo la Madonna: o Regina del cielo, mostra a noi, dopo questo esilio, il tuo figlio Gesù!