Attorno alla Parola: Prima domenica di Quaresima

Pubblicato in Domenica Missionaria
{mosimage}Gesù appena ricevuto il battesimo al Giordano è condotto dallo spirito nel deserto. Il deserto di Giuda, posto a pochi chilometri dal Giordano, è un terreno montagnoso che da 500 metri degrada fino al fiume Giordano. La tradizione lo ha individuato in un luogo chiamato Giabal Quruntun, il monte della quarantena. Il deserto per la Bibbia e nella tradizione cristiana è un luogo ricco di simbolismo: terra arida e mortifera, arena propizia per la penitenza e la riflessione; luogo dell’incontro con Dio, spazio delle grandi decisioni, luogo in cui Israele prende coscienza di essere popolo di Dio, luogo in cui sperimenta in modo più profondo la sua dedizione a Dio.

Ed è qui che Gesù per quaranta giorni, nella penitenza, si prepara al suo ministero. Ed è qui che si avvicina il tentatore; lo fa per conoscere se Gesù è veramente il Figlio di Dio. Se sei Figlio di Dio opera un prodigio, fa un miracolo, salvati nel pericolo. È così che il mondo, guardandoci, ci provoca: cristiano, nelle avversità e nelle incertezze della vita, se veramente sei figlio di Dio, fidati dell’amore del Padre; se sei figlio di Dio, fidati della parola di Gesù; se sei figlio di Dio, fidati della grazia dello Spirito santo.


“Gesù, pieno di spirito santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto”. Lo Spirito appena sceso nel battesimo, spinge Gesù, quasi con irresistibile violenza, nella solitudine, nel deserto. “Per quaranta giorni fu tentato dal diavolo – satana”. Non a caso i vangeli premettono alla vita pubblica di Gesù la pagina delle tentazioni nel deserto. Pagina direi diabolica. È lo scontro tra satana e il Figlio di Dio. Si ha un bel girare intorno al testo sacro, scrutarne lo spessore. Esso rimane in tutta la sua crudezza e drammaticità, quasi una porta stretta per iniziare il nostro cammino al seguito di Gesù. Si tratta di un episodio di cui nessuno avrebbe osato inventare per il ripugnante accostamento di Gesù con il diavolo. Senz’altro, dunque, è Gesù stesso che lo ha confidato agli apostoli. E come frutto dell’intervento diabolico, tre furono le tentazioni cui fu sottoposto Gesù. Sono tre tentazioni presenti anche nella nostra vita.

“Gesù ebbe fame”. La tentazione del sopruso che porta il ricco all’ingordigia, al sopruso, alla lussuria e spingono i poveri alla esasperazione, alla violenza, all’immoralità. Ma anche nel soddisfare ogni nostro desiderio senza alcun rispetto per le esigenze di chi ci sta vicino. E la quaresima ci invita ad una vita più sobria per poter aiutare chi è meno fortunato di noi. “Se ti prostri davanti a me, ti darò tutto quello che desideri”. La tentazione del potere, del successo onnipresente in una società dove sono calpestati i diritti del cittadino e dello straniero. Ma vi è anche la nostra preoccupazione unicamente per le cose materiali, per i nostri piaceri, dimenticando i valori dello spirito. La quaresima ci invita a dedicare un po’ di tempo al nostro spirito, alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, anche ai programmi religiosi offerti dalla radio, televisione e dalla stampa. “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù”. La tentazione del prodigio, dei miracoli, il ricorso sempre crescente alla magia, della superstizione, delle sette spiritiche che pullulano in un cristianesimo desideroso di emotività, di sensazionalismo e in fondo senza fede vissuta.

Ci troviamo di fronte a un momento essenziale della vita di Gesù e del suo disegno di salvezza. Osserva il santo cardinal Shuster: “I fedeli debbono professare una speciale devozione a questo mistero; Gesù vuol partecipare alla nostra fragile natura, vincere il tentatore e aiutarci così nella nostra quotidiana lotta contro il tentatore, l’intrigante, il padre della menzogna”.

Papa Giovanni XXIII, detto il buono, era nunzio apostolico a Parigi. Un giorno fu invitato a un grande pranzo e più o meno maliziosamente fu posto accanto ad una signora in vistoso decolté. Per nulla imbarazzato, sereno e sorridente, durante il pranzo gentilmente offrì alla signora una bella mela. “Galanteria?”. “No - osservò il futuro Papa e con fine arguzia continuò – il fatto è che quando il serpente la offerse ad Eva, prima donna, i nostri felici progenitori ne mangiarono e solo allora si accorsero di essere nudi”.

Così la liturgia all’inizio della quaresima ci riporta alla scena del paradiso terrestre e allo scenario del deserto di Giuda, per farci prendere coscienza che c’è il demonio e che il peccato ha portato nel mondo un sacco di guai: ignoranza, superstizione, miseria, fame, malattia, morte.

Il Credo non ci parla del demonio, ma l’esistenza del demonio è un dato certo, che la sacra Scrittura ci rivela; la Chiesa lo conferma e il catechismo ce lo insegna.

I greci lo hanno chiamato diabolos, cioè l’intrigante; è chiamato anche demonio, cioè il padre della menzogna; gli ebrei lo hanno definito satana, cioè l’avversario. Nomi vari ed interventi diabolici sono ricorrenti nei vangeli, a volte con conseguenze tragico-comiche, come quando Gesù a Gerasa ha cacciato i demoni nei duemila porci che si sono buttati a mare. Immaginate il furore dei padroni. Sapete voi chi è il demonio? No? E allora dimenticate pure corna, coda, piedi forcuti, ma non ne ridete. Durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II ha riaffermato con forza la sua presenza, suscitando nella stampa dell’epoca un diluvio di reazioni.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:54

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