Buona cosa è dare un bicchiere d’acqua, prodigioso dare la vista a un cieco, inimmaginabile ridare la vita ad un cadavere di quattro giorni che, già in putrefazione, puzza.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro ha del favoloso. Tuttavia, è storicamente sicuro. Infatti, circostanziato, particolareggiato, drammatico, è constatato dai suoi amici increduli e dalla reazione rabbiosa e omicida degli stessi oppositori. L’episodio nei suoi dettagli è veramente eccezionale, profondamente umano, ricco di spunti teologici, potente e strepitoso.
“Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella Maria e al suo fratello Lazzaro”, godeva cioè dell’intimità di quella famigliola di Betania e vi ritornava volentieri. Gesù è veramente uomo, non è un fantasma o uno spirito extraterrestre. È la prima e radicale constatazione. E come uomo ed amico dimostra una grande carica di umanità. È in questo clima di tenerezza che matura la tragedia: la morte dell’amico. Pur avvisato in anticipo, Gesù non era accorso. E le due sorelle, pur fiduciose, non esitano a manifestargli la loro amarezza per lo sconcertante e inspiegabile ritardo: “Signore, se tu fossi stato qui… Accattoli, vaticanista del Corriere della sera, di fronte alla morte di una giovane nipote, scrive: “Perché Signore che risusciti i morti, lasci che si spengano i vivi? Perché non vieni subito, tu che sei Signore della vita?”. E seguendo Giovanni Paolo II nei suoi viaggi, fa una constatazione: “Sento che nel mondo è spaventosamente cresciuta la cultura della morte; morte disperata o programmata per testamento; morte soffocata al suo sorgere tra le stesse morbide carni della madre; morte dilaniata tra guerre e violenze. Ma sento anche che è cresciuta una forte speranza di sopravivere e l’istinto dell’umanità di credere in un Dio che dà la vita. La speranza di non morire che ogni cristiano porta in sé”.
Marta tuttavia ha ancora fede in Gesù e, sicura dell’intimo rapporto che c’è tra il suo amico Gesù e il Padre celeste, lo sollecita: “ma ora so che qualunque cosa chiederai al Padre, egli te la concederà”.
Dunque, Gesù è veramente uomo, ma è anche veramente Figlio di Dio, cioè Dio stesso. È la seconda constatazione importante. “Tuo fratello risorgerà. Io sono la risurrezione e la vita. Chiunque crede in me, anche se muore vivrà. Credi tu questo?”. Marta non prevede cosa Gesù farà, ma prontamente pronuncia una triplice professione di fede: “Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, colui che deve venire, il Figlio di Dio”. Gli animi sono così preparati ala grande manifestazione della divinità di Gesù.
Davanti al sepolcro Gesù ha per due volte un fremito prolungato e scoppia in pianto; rivolge gli occhi al cielo e dice: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato e con un grande urlo chiamò l’amico morto:Lazzaro, vieni fuori”.
Non mi fermo sulla spettacolarità del prodigio. Tento di mettere a fuoco l’obiettivo dell’evangelista Giovanni: Gesù è Dio. Sulla sfondo del miracolo si profila l’altro grande miracolo, l’ottavo segnale della divinità di Gesù: la sua sfolgorante risurrezione dal sepolcro, il giorno di pasqua. Ma a differenza di Lazzaro, Gesù ha in se stesso la forza divina che ne impedisce la putrefazione e provoca la risurrezione.
Canta il Manzoni: “Come un forte inebriato, il signor si risvegliò. Nel Signor chi si confida risorgerà”.
Togliete la pietra e scioglietelo, ordina Gesù alla risurrezione di Lazzaro, ma nella sua risurrezione è Gesù che srotola la pietra e si scioglie da se stesso.
Con il miracolo della risurrezione di Lazzaro, che i filigrana fa intravedere quella di Gesù, la quaresima ripete il suo pressante invito: “O se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti parla”.
Accogliamo l’invito, cerchiamo di conoscere sempre più Gesù che ci dona la sua grazia, il Messia che ci illumina con la sua parola, il Figlio di dio che ci dà la vita e la risurrezione. “Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.