Nella seconda domenica Gesù era apparso tra Mosè ed Elia che parlavano del suo esodo cioè della sua morte e risurrezione; nella terza domenica aveva preannunciato che il suo corpo sarebbe stato distrutto ma egli l’avrebbe fatto risorgere. In questa domenica afferma che nella sua morte di croce è la salvezza per tutti coloro che credono in Lui.
Già da quarant’anni il popolo ebreo in fuga dall’Egitto si aggirava per il deserto a sud della Palestina e da qualche mese, sotto la guida di Mosè, aggirando ad oriente il Mar Morto, aveva ripresa la marcia verso la terra promessa, la Palestina. Gli israeliti ricominciarono le lamentele per il cammino desertico e il cibo meschino. Ed ecco la comparsa di serpenti infuocati che producevano febbri e morte. Il serpente nel linguaggio biblico è sempre simbolo di idolatria, di inganno e di morte. “Mosè fece allora, su ordine del Signore, un serpente di bronzo e lo mise in cima a un palo. E avveniva che se qualcuno morsicato guardava il serpente, restava in vita”. Così concluse Gesù: Bisogna che il Figlio di Dio sia innalzato affinché ogni credente in lui abbia la vita”. Ed ancora, Gesù aveva proclamato: “Quando sarò innalzato sulla croce attirerò tutti a me”.
E appena innalzato sulla croce, al buon ladrone che per primo fissa lo sguardo su di Lui, dona la salvezza: “Oggi stesso sarai con me in paradiso”. E così, nell’ultimo scorcio di una vita patibolare, con uno sguardo al crocifisso, il buon ladrone, quasi in zona Cesarini, ruba il paradiso primo tra tutti coloro che volgono lo sguardo a Gesù innalzato sul patibolo della croce.
E se è stato possibile per un ladrone perché non può essere possibile anche per noi: gli occhi fissi nel Crocifisso per essere salvati?
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. È questa l’affermazione fondamentale della nostra salvezza: Dio, che ci è Padre, ci ha tanto amato da dare il suo Figlio”. Chi accetta Gesù crocifisso è salvo, chi non lo accetta, si condanna da sé.
Avvolti dal grande colonnato creato dal Bernini come premessa alla basilica vaticana, il nostro sguardo si fissa sull’obelisco egiziano attorno a cui, nel circo di Nerone, furono crocifissi i primi martiri cristiani. Sulla cima di quell’obelisco vi erano le ceneri dell’imperatore romano; ora nel globo è riposta la reliquia della santa croce e sul basamento sopra i quattro leoni di bronzo sta la solenne affermazione: Cristo vince, Cristo regna…
Con fervore, invita San Giovanni Crisostomo, conserviamo il crocifisso nelle nostre case, imprimiamolo sulla fronte e sul corpo, portiamolo nel cuore senza superstizione o vanità, e alla sera, con fede, deponiamo sul crocifisso il nostro bacio. E pensando a San Francesco e a San Padre Pio segnati dalle stigmate del Crocifisso, preghiamo: Santa Madre deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Tra poco, nella celebrazione eucaristica, rinnoveremo misteriosamente ma realmente la visione di Gesù crocifisso. A Lui tendiamo con tutto il nostro essere e nell’attesa che si compia la beata speranza proclamiamo: Tuo è il regno, tua la potenza, tua la gloria.
A Boas, negli Stati Uniti, la maestra distribuì ai suoi scolari dei foglietti col disegno di una casa “a cui manca qualcosa di molto importante”. Dopo alcuni istanti di incertezza, tutti capirono che mancava il comignolo e si affrettarono a completare il disegno. Solo un ragazzino dell’ultimo banco esitò a lungo, benché i vicini gli mostrassero la soluzione disegnata. Infine si decise e tracciò sulla porta una bella croce nera: per lui valeva assai più di un comignolo o di qualsiasi altra comodità. “Senza croce, una casa è sempre vuota”, diceva sua madre.