È su questa trama topografica che Marco, narratore scarno ma pittoresco, ci presenta oggi una giornata-tipo del vivere, dell’agire e del pregare di Gesù.
La realtà misteriosa della sofferenza percorre con il suo filo misterioso la liturgia di questa domenica nella figura di Giobbe ed in particolare nella prima giornata di Gesù, chiamata la giornata di Cafarnao, la seconda patria di Gesù.
Oggi il Figlio di Dio, uomo come noi, penetra nel groviglio oscuro della sofferenza, deponendovi un seme di salvezza. Ed in modo particolare dobbiamo essere al fianco di Gesù per visitare e consolare chi è nella sofferenza.
Tre sono le scene offerte dalla giornata di Cafarnao: la casa di Simone, inglobata oggi in un moderno santuario; la porta orientale della cittadina, luogo di convegno; il luogo solitario della preghiera.
Dopo essere stato nella sinagoga, Gesù prolunga il riposo festivo nell’intimità della casa di Pietro e subito gli parlano della suocera di quest’ultimo perché si trovava a letto ammalata (con una forte febbre, osserva Luca, da buon medico). Gesù accostatosi la sollevò prendendola per mano ed essa si mise subito ai fornelli per servire un buon pranzetto a Gesù e ai suoi quattro discepoli.
La suocera, questo tipico personaggio femminile a volte tanto contestato ma anche tanto prezioso, ha un posticino d’onore nel vangelo: prima miracolata, omaggio a tante mamme anziane. E il suo servire, diaconia, è un anticipo di tante donne che serviranno Gesù e simbolo di servizio che è la caratteristica di ogni buon cristiano.
La narrazione, così viva nella sua semplicità, può sembrare un raccontino da quattro soldi, ma i primi cristiani hanno intuito che l’evangelista alludeva alla risurrezione di Gesù e al battesimo di ogni discepolo.
Il gesto centrale di Gesù è scandito da tre verbi, due participi, chinatosi e presala, che preparano il grande gesto – la sollevò – lo stesso verbo che in greco definisce la risurrezione di Gesù.
La seconda scena avviene alla porta della cittadina, dopo il tramonto, ossia terminato l’obbligo del riposo festivo. Tutta la città è radunata, tutti portano ammalati ed indemoniati. Tutti cercano Gesù.
I miracoli di Gesù sono segni dell’attenzione amorosa di Dio alla sofferenza dell’umanità.
Conclude la narrazione una terza scena breve ma significativa. Dopo essersi ristorato e riposato nell’ospitale casa di Pietro, Gesù nel buio del mattino, in un luogo solitario, s’immerge nella preghiera.
Anche Gesù sente il bisogno di pregare! E là lo trova Simone, dopo un’affannosa ricerca, e gli esprime tutta l’attesa delle folle: tutti ti cercano!
E Dante, nel suo trittico dedicato alla mansuetudine, ben esprime questa ansiosa ricerca quando descrive Maria e Giuseppe che ritrovano Gesù fra i dottori nel tempio: “Una donna con atto dolce di Maria dicea: Figlio mio, lo padre tuo ed io, dolenti, ti cercavamo”.
Ci aiuti l’esempio di Cristo che si china su chi soffre, prende per mano chi attende un aiuto e solleva chi è depresso e oppresso.