Il decreto pontificio che inserisce Giuseppe Allamano nel calendario liturgico è come la firma di ratifica della santità del nostro Fondatore, che viene così proposto a modello di vita cristiana, sacerdotale, religiosa, missionaria ed inoltre come protettore.
La motivazione che ha deciso Giovanni Paolo II a proclamarlo Beato, sta nel fatto che l’Allamano ha affermato che ogni Chiesa locale, ogni sacerdote, ogni singolo cristiano deve essere di sua natura missionario.
Ed in ciò Giuseppe Allamano ne è stato un esempio. Sacerdote diocesano è diventato missionario per la Chiesa di tutto il mondo. Rinunziando ad una comoda posizione ed impegnando tutto il suo patrimonio ha fondato due Istituti missionari. “Abbiate a cuore la gente”, diceva l’Allamano e i suoi missionari e missionarie lo hanno ascoltato. Oggi l’Istituto è diffuso in una trentina di Paesi d’Europa, Africa, America e Asia. In poco più di cent’anni conta milioni di conversioni, istituzioni scolastiche a tutti i livelli, opere sanitarie, culturali e di promozione umana e sociale.
In questa occasione, non possiamo riflettere sulla sua vita spirituale e sulla mole di lavoro svolto in diocesi e a favore di enti e congregazioni religiose, ma ci soffermiamo solo sull’aspetto che più ha caratterizzato e segnato la sua vita, costituendo la forza propulsiva di tutta la sua attività: la sua familiarità con la Madonna Consolata. Davanti a Lei, nel suo coretto, passava ore ed ore in preghiera per i suoi missionari ed a Lei affidava ogni suo progetto ed ogni sua preoccupazione.
Insieme al suo fedele collaboratore, Don giacomo Camisassa, è rimasto per ben 46 anni al suo posto di sacerdote diocesano e di rettore del santuario della Consolata. Lo ha restaurato radicalmente con interventi giudicati architettonicamente e finanziariamente “un miracolo”, come replicò l’ingegnere interpellato.
Ma soprattutto l’Allamano fece del suo santuario un centro di irradiazione dello spirito missionario, suscitando vocazioni, preghiere ed aiuti in diocesi e nella Chiesa universale. Espressione del suo amore la fedele recita del rosario. Diceva ai suoi missionari e missionarie: “Prendete amore e stima alla pratica del Rosario. Recitatelo bene e volentieri, con attenzione ai misteri contemplati. Ogni buon missionario ritiene il rosario come un dovere di tutti i giorni e non lo tralascia mai”. E per i suoi missionari in visita ai villaggi il rosario era il fedele compagne durante le lunghe carovane ed ancora ora segna il passare dei chilometri in auto. E sul loro esempio il rosario divenne il segno distintivo dei convertiti delle nostre missioni.
Vi è un’altra caratteristica nella santità del nostro beato: la sua viva devozione all’eucaristia. “Vi voglio missionari eucaristici”. Ed egli lo fu in modo eminente.
Il rinnovamento liturgico evidenzia tre dimensioni dell’eucaristia: eucaristia come sacrificio, eucaristia come comunione, eucaristia come presenza continuata. E l’Allamano invitava i suoi missionari ad avere tre grandi amori: la santa Messa, la comunione e Gesù nel tabernacolo.
La santa Messa era per lui il centro della sua giornata. Affermava: “Figuratevi in ogni Messa Gesù si sacrifica per noi; e nella comunione lo prego a stare corporalmente per tutto il giorno nel mio cuore”. E con calore aggiungeva: “Guardando il tabernacolo pensiamo: è là…, è là… è così bello!”.
Due miracoli sono stati la garanzia presentata per il processo di beatificazione ed ora i missionari e le missionarie della consolata aspettano fiduciosi la conferma di un terzo miracolo che permetta al loro fondatore di accedere al terzo grado della scala: Servo di Dio, Beato, Santo.
L’Allamano diceva: “Dal cielo farò, farò”. Ognuno di noi chieda con insistenza, con fiducia un miracolo, ma un miracolo grande che confermato possa permetterci di invocare: S. Giuseppe Allamano, intercedi per noi.