Contesto evangelico e liturgico portano la nostra riflessione al sacrificio di Gesù. Gesù ha donato se stesso in sacrificio fino alla morte (totalità, sacrificio gradito al Padre e nella pienezza di amore i per i fratelli , interiorità).
Additando il gesto della vedova, Gesù non esplicita nessun insegnamento morale: elemosina, intenzione, giudizi temerari, fiducia in Dio…, ma punta decisamente sul significato di totalità nella fede e nell’amore.
Non è un pio esempio di raccomandazione, ma un invito autorevole a spogliarsi di tutto, tutto donando nell’autenticità dell’amore ai fratelli.
La comunità cristiana dei primi tempi ben ha compreso l’episodio della vedova convalidato dall’esempio di Gesù:”Tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà le vendeva e ne faceva parte a tutti secondo il bisogno di ciascuno”.
Forse non siamo ancora abbastanza convinti che come cristiani dobbiamo fare di più perché l’incontro con la vedova bisognosa e il povero dei nostri giorni non siano un’accusa al nostro benessere e consumismo.
Può aiutarci a riflettere e ad agire questo commento di S. Basilio Magno (effigiato nella basilica di S. Pietro): “Il pane che sopravanza sulla tua tavola è il pane dell’affamato; il vestito appeso nel tuo armadio appartiene a colui che è nudo; le scarpe che tu non porti sono le scarpe di chi è scalzo; il denaro che tieni nascosto è il denaro del povero; le opere di carità che voi non compite sono altrettante ingiustizie che voi commettete”.
Se non dai tutto non sei del Regno. Davanti agli uomini possiamo apparire uomini di chiesa pur essendo solo fanatici, osservanti mentre siamo formalisti, santi pur essendo in realtà egoisti.
Ma non davanti a Dio “scrutator cordium” e che vede nel segreto (Mt 6,6).
Il Vangelo di oggi illustra questi concetti riportando i severi giudizi di Gesù sul comportamento degli scribi e l’imprevisto giudizio sull’obolo della vedova.
Sono queste le ultime battute di Gesù con i dottori e introduco il discorso sulla fine dei Gerusalemme. Gesù si rivolge alla numerosa folla che lo ascolta volentieri.
Si tratta della vanità religiosa e dell’ipocrisìa degli uomini del tempio, ma si tratta pure dello sfatamento dei più deboli tra il popolo che si attuava di preferenza divorando “le case delle vedove”. È la parola vedove che serve di aggancio all’evangelista per richiamare l’episodio della vedova e del suo obolo.
Gli offerenti sfilano davanti alle tredici cassette poste nel vestibolo delle donne e versano le largizioni dichiarandone ad alta voce l’ammontare e la motivazione. Una vedova depone appena due lèpton, un quarto di asse, un ottavo del costo di una razione di pane distribuita quotidianamente ai poveri, 1/64 della paga di un operaio ai nostri giorni, circa 150-200 delle vecchie lire. Gesù chiama subito i suoi discepoli per segnalare il fatto e rilevare la ricchezza interiore “più di tutti”.