Santa Famiglia di Gesu’, Maria, e Giuseppe

Pubblicato in Domenica Missionaria

“E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. ( Lc.2,41-52)                                 

Oggi siamo invitati a guardare la sacra Famiglia di Nazareth, dove albergò il cuore di Dio. In essa crebbe Gesù “in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini”.

Perciò la festa odierna della Santa Famiglia, è una degna celebrazione della “famiglia cristiana”, perché ci presenta il mistero della vita di Gesù Bambino con i suoi Genitori, come un prolungamento della celebrazione natalizia. Osserviamo la Santa Famiglia di Nazareth. Gesù dopo di aver santificato la nostra “natura umana” facendosi uomo come noi, a Natale, con la festa odierna della Santa Famiglia, Gesù viene a santificare anche la nostra “famiglia umana”, come membro eletto, obbedendo con sottomissione ai suoi, per 30 anni. Così Natale è festa dell’”Amore di Dio”, e la Santa Famiglia è la festa di tutti i “membri della famiglia umana”.

/ Il Vangelo odierno di S. Luca, è uno dei brani più difficili da interpretare, e ci narra l’unico episodio dell’adolescenza di Gesù: cioè la “sua salita a Gerusalemmecon i suoi Genitori, in occasione della festa di Pasqua, quando giunse all’età di 12 anni (per un Ebreo,12 anni, è l’età religiosa in cui si è “maggiorenni”(Deut. 16,16), e inoltre la “sua sosta e il suo ritrovamento nel Tempio”, all’insaputa dei suoi.

E’ ovvio che la narrazione non è una semplice descrizione di cronaca del fatto in questione: la narrazione è letta alla luce degli “eventi pasquali”. Se non si tiene presente questa prospettiva pasquale, la lettura autentica dell’episodio riesce incomprensibile. 

> Ogni ebreo, compiuti i 12 anni, aveva l’obbligo di recarsi al Tempio di Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua ebraica istituita da Mosè, per ricordare la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto. In questa circostanza si offre al Tempio il sangue di un agnello scannato. Poi, arrostito l’agnello al fuoco, lo mangiano con erbe amare e con pane non lievitato in ricordo della fretta nell’uscire dall’Egitto. Ora la S. Famiglia non ometteva mai questo pellegrinaggio, anche se risiedevano a Nazareth(140 Km. da Gerusalemme), e non si permettevano alcuna dispensa per il lungo viaggio. Pertanto nella Città santa, tutto procede bene fino al momento del ritorno, otto giorni dopo l’arrivo. Approfittando della calca del giorno di partenza, il ragazzo Gesù si sottrae deliberatamente alla vigilanza dei suoi per restare a Gerusalemme. Fino alla sera della prima tappa, Maria e Giuseppe credono che Gesù, nel cammino, si sia unito al gruppo dei parenti e conoscenti, e si accorgono dopo un giorno che Gesù non è ritornato con loro. Ritornano con angoscia a Gerusalemme e soltanto al terzo giorno della separazione, lo trovano nelle adiacenze del Tempio, seduto tra i maestri in scienze religiose. Ritrovato Gesù nel Tempio, Maria rivela il suo stato d’animo, il suo amore materno, la sua vivissima sensibilità per la perdita del figlio diletto, e la sua grande delicatezza che la induce a far presente l’angoscia di Giuseppe prima che la propria.

/ Da notare che Maria gli ha appena parlato di suo padre Giuseppe, mentre Gesù parla del Padre suo celeste e di tutto ciò che lo lega a Lui. Prende perciò le distanze dai suoi Genitori e si dichiara al servizio di suo Padre. La risposta misteriosa  e il linguaggio di Gesù trova impreparati Maria e Giuseppe nel capirlo! “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio”? La volontà di Dio Padre è rivelata per la prima volta da Gesù dodicenne, come superiore a tutti i rapporti umani. L’adolescente Gesù incomincia ad acquistare una certa “indipendenza” in rapporto alla famiglia. Contemporaneamente assume le sue “responsabilità” davanti a Dio. Pertanto questa autonomia sconvolge i piani dei suoi Genitori. Nel Tempio, a 12 anni, il giovane Gesù vivrà anticipatamente il proprio destino pasquale. Maria, che con “angoscia” ha cercato per “3 giorni” il Figlio, ritroverà la sua “angoscia” e il suo dolore durante ancora i “3 giorni”della Passione del Figlio. La scomparsa e il ritrovamento di Gesù rievoca la sua morte e risurrezione.

/ Le vie di Dio non sono le nostre. La risposta di Gesù a sua Madre non si richiama a sentimenti umani, ma alla fedeltà al disegno del Padre su di Lui. Egli deve compiere la volontà del Padre, e questo “deve” guiderà tutta la sua vita. Per Gesù la sottomissione giunge fino alla morte; ma, siccome Dio è suo Padre, si tratterà di un’ubbidienza filiale, compiuta in un fiducioso abbandono.  Questa sua volontà lo condurrà alla passione, morte e risurrezione, per farlo poi passare dopo 3 giorni, nella gloria, cioè nella casa del Padre. Pertanto la descrizione del primo viaggio di Gesù a Gerusalemme, è presentato da Luca nella luce della Pasqua. Tutta la vita di Gesù è una continua ricerca del Padre, uno “stare” nella sua casa, e se è vero che la volontà del Padre è l’anima di tutto il comportamento di Gesù, (“mio cibo è fare la volontà del Padre mio”, dirà Gesù stesso(Gv.4,34), e “se uno fa la volontà di Dio, è mio fratello, mia sorella e mia madre”( Mc.3,35), questo atteggiamento di totale adesione e consacrazione alla volontà del Padre, trova il suo ufficiale inizio nella scena del Tempio di Gerusalemme.

/ Da notare ancora che nel Vangelo di Luca, la prima parola pronunciata da Gesù ( qui nel Tempio) e l’ultima sulla croce, sarà proprio “Padre”.  Così Gesù ci insegna che l’uomo deve assegnare a Dio il primo posto nella sua vita. Ma Maria e Giuseppe non potevano allora comprendere la risposta di Gesù: tuttavia Mariaserbava tutte queste cose nel suo cuore”. Il mistero del Figlio si rivelerà gradatamente a Maria; la sua angoscia prefigura la sofferenza al Calvario e dei 3 giorni della sepoltura di Gesù, e Maria appare in questo un vero modello di Madre.

> Poi Gesù ritorna a Nazareth, in famiglia, e per 18 anni vive la normale condizione umana senza colpi di scena. Cosa fa durante quegli anni, di cui non sappiamo nulla?.. Assimilato in tutto ai suoi contemporanei, egli cresce, prega, lavora e serve gli uomini, prima di darci, poi, la sua Parola.

/ La S. Famiglia non era una famiglia “senza problemi”. Maria e Giuseppe hanno voluto condividere la condizione di quel Figlio sconcertante, seguendolo passo passo nella rivelazione del suo mistero. Lo “vedono” con gli occhi del corpo, ma non lo “comprendono” se non con gli occhi della fede. Ed è proprio per questa loro disponibilità totale che meritano tutta la nostra ammirazione. Osserviamo, intanto, i diversi loro ruoli nella S. Famiglia:

Il ruolo di Gesù: appare già come il Salvatore che deve compiere il disegno del Padre celeste.

Il ruolo di Maria: la Madre non capisce tutto, ma china la fronte e si adegua al volere di Dio.

Il ruolo di Giuseppe: rimane un po’ in ombra, come spettatore pensoso, meravigliato di ciò che

                                      sta accadendo in quel Figlio “non suo”..

/ Ora dal rispetto di questi diversi ruoli, nasce l’armonia della Famiglia di Nazareth, una meravigliosa sinfonia d’amore. Ed è proprio quello che spesso oggi “non accade”nelle nostre famiglie!  Il punto mancante è la sana educazione e la pietà. La Televisione diventa la balia e la “mamma” alla quale si affidano i bambini per ore e ore. Anni fa il ruolo maggiore dell’educazione veniva svolto dalla famiglia, al 75%. Oggi al contrario, circa il 75% dell’influenza sull’educazione dei figli è affidato e svolto dai mass media.. e il restante 25% da: famiglia, chiesa e scuola messi insieme.. E’ un dato spaventoso su cui dovremmo riflettere!..Nella Famiglia di Nazareth i loro ruoli  erano perfettamente rispettati e accettati anche nei momenti difficili. Non si dica che a Nazareth era più facile fare famiglia!. Avere un Figlio di Dio come “figlio”, non è una cosa facile. Per Giuseppe, fare il custode di un figlio che non è suo, non è una cosa facile. Ma docili al disegno di Dio, Gesù, Maria e Giuseppe hanno realizzato perfettamente il loro ruolo creando la piena comunione.

> A riguardo dei figli poi, diciamo che il bambino non viene al mondo naturalmente buono, perché tutti noi veniamo al mondo feriti dal peccato, inclini all’egoismo e a ogni sorta di male, di qui la necessità di non trascurare la sana educazione. Perciò occorre educare i figli, aiutarli a formarsi un carattere, dialogare con i propri figli, stare con essi, ascoltarli. Il nemico numero uno del dialogo non è la severità, ma l’ira. A volte il dialogo esige anche chiedere scusa per gli sbagli. Questo educa all’onestà, alla stima reciproca. Quando non si riesce più a “parlare al proprio figlio di Dio”, resta ancora una possibilità: “parlare a Dio del proprio figlio”, affidarlo al Signore, così come è..

/ La grande consolazione dei genitori è fare come fecero Maria e Giuseppe nei riguardi di Gesù, farli crescere “in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini,” fino alla piena maturità.

 

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