“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Mc. 13,24-32
Lungo tutto l’arco dell’anno liturgico, abbiamo celebrato le diverse tappe del piano divino di salvezza: Cristo è venuto, viene e verrà. Oggi anticipiamo nel mistero, la sua conclusione finale, la venuta ultima del Signore.
/ Il profeta Daniele(I lettura) e Marco(nel Vangelo) cominciano con una formula quasi identica:
“In quel tempo”..,“in quei giorni”..Però qui non si allude a un tempo che è dietro di noi( come al tempo di Gesù), ma a un tempo che è davanti a noi. Tra noi e quel tempo, c’è di mezzo qualcosa di molto serio: “un tempo di angoscia”(Daniele), e una grande “tribolazione”(Vangelo).
/ Pertanto, alla fine di ogni anno liturgico, ci troviamo davanti questa pagina oscura e minacciosa del Vangelo: “Il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri si metteranno a cadere dal cielo..”. Se ci fermassimo qui, si direbbe che Gesù parla dei “Novissimi”, cioè della fine del mondo e della storia, del suo ritorno finale come Giudice dei vivi e dei morti: eventi descritti con il linguaggio tipico dei profeti, quello “apocalittico”. Ma l’attesa imminente della fine del mondo che periodicamente ha scosso l’umanità, ha prodotto nulla di buono, ma solo isterismo e angoscia. Ci sono gruppi religiosi che di questa attesa, periodicamente aggiornata, fanno il centro del proprio messaggio, e incitano la gente al fanatismo, come “i testimoni di Geova”!..
Pertanto l’interpretazione di questo discorso di Gesù, è molto difficile a capirsi, appunto per il linguaggio figurato e apocalittico che noi ora non capiamo bene, ma che allora era più comprensivo. Con la distruzione di Gerusalemme da parte dei romani, si assisteva, di fatto, alla fine del mondo giudaico, ed era facile scambiare la fine di “un” mondo, per la fine “del” mondo.
/ Anche tutti noi abbiamo conosciuto nella nostra vita, una specie di “fine del mondo”: la guerra, la morte di una persona cara, un’improvvisa malattia, il vivere in una società povera di valori morali..
La cosa certa è sapere che una cosa accadrà, non sapere quando ciò accadrà, perchè nessuno lo sa.
/ Secondo Marco, tutto questo sconvolgimento avviene già alla morte di Gesù in Croce: il sole si oscurerà a mezzogiorno: si squarcerà il velo del Tempio, simbolo del cielo, e apparirà sulla terra la gloria di Dio: Gesù, Figlio di Dio(Mc.15,33-39).
Nel Cristo morto, c’è la distruzione del peccato(la catastrofe del cosmo) e l’annuncio pieno di speranza(“è risorto”). L’ultima parola non spetta al male!
/ Il Signore è venuto una prima volta e verrà una seconda volta in futuro. Gesù venendo la prima volta, ha inaugurato il Regno; noi possiamo entrarvi fin d’ora e diventare già “figli del Regno” con una vita conforme al Vangelo. In questa situazione, la seconda venuta non ci deve far paura; essa è una promessa, non una minaccia. L’esito positivo o meno di salvezza o di condanna di tale venuta di Gesù, dipende dalla presa di posizione dell’uomo nei confronti di Gesù, che non cessa di venirci incontro ogni giorno, con le sue parole sicure: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”(Mc.13,31). Certo questo mondo morirà, ma per lasciar nascere “cieli nuovi e terra nuova”(Ap.21,1.5). Del resto è la promessa di cui si nutre la speranza cristiana, e faceva pregare i primi cristiani, dicendo: “Maranatha”: vieni, Signore Gesù(Ap.22,20).
/ S. Agostino, commenta a riguardo: “Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l’arrivo del suo Signore. Che sorta di amore per Cristo sarebbe il nostro, se temessimo che Egli venga?”.
Del resto lo diciamo nella s. Messa:”Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta”.
Inoltre dopo il “Padre nostro”, il sacerdote prega, perchè possiamo “vivere sempre liberi dal peccato, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo”.
/ Se leggiamo attentamente il Vangelo di oggi, ci accorgiamo che la tribolazione non è la cosa più importante, il dolore non è la fine, il morire non è il vero segno. Gesù lo spiega chiaramente nella similitudine dell’albero del fico, che d’inverno, ha perso tutte le foglie, però quando giunge il suo tempo, è tutto pieno di piccole gemme, e la vita ricomincia.
Nel Vangelo di Giovanni c’è un’altra bella immagine: Gesù paragona l’intera creazione ad una donna durante il parto. La donna soffre terribilmente, ma sarebbe assurdo guardare soltanto al suo dolore: il dolore non è la cosa importante, il travaglio del parto non è la fine. Il dolore è il segno che una nuova vita sta per nascere. Una volta nata, tutto il dolore sarà dimenticato a causa della nuova creatura.
/ Perciò illuminati dalla sapienza del Vangelo, non perdiamo tempo né denaro ad interrogare gli astri e gli oroscopi sul nostro futuro e sulla fine del mondo. Il “come” e il “quando” non ci interessano, pensiamo a vivere bene e occupare bene il tempo che oggi Dio ci dà. Non ci interessa di essere informati sul “giorno dopo”. Chi vive in pienezza il proprio tempo, sa che il “dopo” è già iniziato! Dio ci chiama alla vita, e allora l’unico modo per vivere bene, sta nel non tradire il momento presente.
/ “ E’ smettendo di innamorarsi che si comincia ad invecchiare.. La morte non arriva con la vecchiaia, ma con l’oblio”(Garcia Marquez).