XXVIII Domenica Del Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria

“Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri..; poi vieni e seguimi”. Mc.10,17-30

La ricchezza, è il tema dominante della Parola di Dio di questa Domenica di Ottobre.

Mentre Gesù è in viaggio sulla strada verso Gerusalemme, un uomo, un giovane entusiasta, appassionato e sincero, fa a Gesù una domanda, che esprime il desiderio più profondo e radicato nel cuore umano: quello della vita: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna”?

Ora il quesito è rivolto a Gesù da un “tale” per Marco, mentre per Matteo è un “giovane” e per Luca è un “notabile”: si tratta comunque di una persona matura e osservante della Legge.

Una persona però senza volto e senza nome, che potrebbe benissimo essere  ciascuno di noi!..

1. Questo tale dunque si rivolge a Gesù chiamandolo “Maestro buono”. Il Signore corregge l’indirizzo: “Dio solo è buono” e fonte di ogni bene, che è amore: l’uomo senza Dio non può comprendere se stesso e non può neanche realizzarsi senza Dio.

E’ il riferimento costante di Gesù verso il Padre, considerato come sorgente di ogni bene.

2. “Che cosa devo fare per avere la vita eterna”?. Questa persona è osservante della Legge, e per lui è ovvio che la vita eterna si trovi al termine di una esistenza virtuosa. E allora cosa fare perché la vita abbia senso pieno e valga la pena di essere vissuta?

3. “Tu conosci i Comandamenti”? Quel tale si sente rispondere che basta osservare i Comandamenti di Dio, quelli che ogni buon ebreo conosceva. I Comandamenti enumerati da Gesù, riguardavano la seconda parte del Decalogo, cioè i rapporti col prossimo(4-10). Quest’uomo si trova, senza saperlo, in condizione favorevole, non tanto “per salvarsi”, ma per “lasciarsi salvare da Dio”, e, caso strano, quell’uomo è fortunato perché può dire che li ha praticati fin dalla sua giovinezza!. Questo conferma che non si tratta di una persona troppo “giovane”. Costui tuttavia desidera qualcosa di più, una vetta più alta! Certo non capitava tutti i giorni di incontrare una persona la quale potesse affermare di avere osservato tutti i Comandamenti fin dalla giovinezza!

4. Pertanto il caso doveva presentarsi come assai raro se, davanti a quella affermazione, “Gesù, fissatolo, lo amò”: è una bellissima pennellata di Marco. Quello sguardo deve aver colpito i discepoli. Il Signore si commuove di fronte a questo credente e osservante, e l’evangelista annota che gli occhi di Gesù si volgono al giovane folgoranti d’amore, e sull’onda di quell’amore gli addita la meta della perfezione: spogliarsi del peso della materia-ricchezza, a vantaggio dei poveri e seguire il Cristo. Non abbiamo dato nulla a Dio se non siamo pronti a dare tutto. Sta qui la sostanza della prima parte del Decalogo(1-3), ed è ciò che ancora gli manca! Si tratta di un cammino con Gesù verso l’amore esclusivo di Dio: è il passo decisivo. Gesù richiede un cambiamento di mentalità nei confronti della Se essa diventa “idolo”, impedisce la libera scelta del Signore e la vita eterna non viene raggiunta.

5. “Una cosa sola ti manca”… Secondo la morale dei benpensanti, la Provvidenza benedice i virtuosi, offrendo loro l’abbondanza. Gesù invece mette in guardia dalle ricchezze. Questo era paradossale nel mondo giudaico, dove l’abbondanza e il benessere erano considerati segno della benevolenza di Dio.., e allora perché spogliarsene? L’amore è travolgente, ma ti lascia sovranamente libero. E questo giovane si volta e se ne va. “Afflitto”, dice Marco: perché?poiché aveva molti beni”. Gesù è vissuto povero: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”(2Cor.8,9); e ha portato gli apostoli alle medesime privazioni: così pure i primi cristiani, la loro esistenza senza beni era ricca della vita di Dio. Pertanto queste maledette ricchezze, sono riuscite ad accecare quest’uomo entusiasta. Ora egli di fronte alla proposta del Signore, di lasciare tutto per seguirlo, non trova una sillaba per continuare il dialogo, è troppo gravosa la proposta, e se ne va, ricco come era venuto, con in più il carico di una tristezza che non può nascondere.

Di lui il Vangelo non ne parla più, svanisce nel vuoto. Poteva diventare qualcuno: un santo, un eroe, un discepolo, un benefattore dell’umanità…E’ rimasto un mediocre senza nome e senza volto, un personaggio qualsiasi, senza storia e anonimo. Invece un altro, nelle stesse condizioni, ha detto di “sì”. Un ricco, che aveva frodato la gente, si è lasciato folgorare dallo sguardo di Gesù: si chiamava Zaccheo(Lc.19,1-10). I risultati sono opposti: il giovane ricco se ne va “triste, perché aveva molti beni”, qualcosa non ha funzionato, mentre Zaccheoscese dall’albero, pieno di gioia”, con delle decisioni ben precise.

6. Lo accompagna, il desolato lamento del Signore, scosso da quanto è successo, sull’infelice sorte di coloro che hanno “dio per ventre” e il cuore attaccato alle ricchezze.

Al commento del Signore salta su Pietro: “E noi”? Gesù promette il centuplo. Tuttavia ricchezza e Vangelo non stanno insieme, e il Vangelo non è tenero con le ricchezze, il “mammona” a cui non si può servire contemporaneamente insieme con Dio. Questo distacco dalle cose e della povertà, è costitutivo del cristianesimo, anche se nella storia si è quasi sempre cercato di attenuare le asprezze. E’ la lotta alla grande “idolatria” dei beni, del consumismo e della globalizzazione. La condizione che pone Gesù al ricco, non è semplicemente la rinuncia ai beni, avere nulla, ma di compromettersi con i poveri, specialmente con quelli che mancano della capacità di difendersi dalle ingiustizie.

I beni devono diventare segno di “comunione”. Tante “crisi di fede” derivano dall’attaccamento ai beni. Liberati dall’idolatria, siamo anche liberi di amare: liberati dalla schiavitù del possesso e dell’accumulo, possiamo anche essere liberi di amare tutti come fratelli. Il denaro non è cattivo, lo diventa quando l’uomo ne fa il suo “dio”. “Il denaro è un buon servitore, ma un cattivo padrone”, diceva Pio XI. Molte volte crediamo di possedere le cose, e invece siamo posseduti dalle cose, ne diventiamo schiavi e ci illudiamo di essere felici. La ricchezza condannata da Cristo non è cattiva, ma lo diventa quando ci impedisce di ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio.

/ La nostra società non è “atea”, ma una società “idolatra  e politeista, che adora questa “trinità” mostruosa: il dio-avere, il dio-godere, e il dio-potere. Conseguenze? Terrorismo, guerre, mafia, malavita, ecc.

L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori”(1Tim.6,10).

/ Giovanni Paolo II ai giovani: “Se la chiamata di Dio giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione. La Chiesa e il mondo di oggi hanno un enorme bisogno di una testimonianza di vita donata senza riserva, a Dio”. 

/ Ora lo sguardo di Gesù cade ogni giorno su di me. La risposta mi avvicina o a Zaccheo o al giovane ricco: non si fa neutralità. Questo sguardo ha una lunga storia: dal momento della creazione, al sacrificio redentivo di Cristo in Croce.

// Ecco una preghiera proveniente dal Kenya: “Fà, o Signore, che possiamo debellare le malattie, la fame, l’ignoranza del 3° mondo, senza importare la super-scienza, le malattie, l’apatia del I° mondo. Fà, o Signore, che la povertà del 3° mondo sia sconfitta senza che sia deturpata la ricchezza umana e morale, senza che questa natura venga sepolta dal cemento e dal catrame e dal fumo delle ciminiere. Concedi che questa gente meravigliosa africana, povera ma ricca di valori umani, arrivi fino alla fine del mondo, stringendosi la mano cento volte al giorno…”.

 

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