“Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Mc. 5,21-43
La Parola di Dio oggi ci conduce a riflettere sulla vita e sulla speranza di una vita senza fine.
La vita è la realtà in cui siamo immersi, noi e coloro che amiamo, tanto più sorprendente in quanto urta, nella sua fragilità, contro la malattia, e alla fine contro il limite ineluttabile della morte.
“La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”.
Il cuore, sorretto dalla Parola di Dio, ci dice: “Vita”!, ma l’esperienza risponde: “Morte”!
/ Il brano evangelico è una marcia trionfale verso la vita! Il miracolo ascoltato domenica scorsa, operato da Gesù col dominare la burrasca scatenata sul lago di Genezaret, dimostrava la potenza del Signore sulle forze della natura. I due prodigi intrecciati, nel Vangelo di oggi, raccontati da Marco, presentano Gesù capace di guarire dalla malattia e dalla morte: ci offrono un modello di fede semplice e fiduciosa. Sono miracoli distinti e ciascuno costituisce un fatto a sé, ma qualcosa li unisce: Gesù è il Signore della vita.
/ Un racconto è quello della guarigione dell’emorroissa: una donna che soffriva da dodici anni di perdite di sangue(emorragia) “e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando” . Luca, medico, in questo stesso passo di Marco, prende le difese dell’onore e della classe dei medici, dando con eleganza una differente intonazione! Questa inferma, dunque, era disperata perché sentiva la vita sfuggire a poco a poco, con la perdita del suo sangue. Fu guarita da Gesù per la sua fede.
/ Il secondo racconto riguarda una ragazza, o meglio una bambina, la figlia di Giairo, che il padre vede morire a dodici anni e che Gesù fa ritornare in vita da quella che essi chiamavano “morte” e che invece Gesù chiamava “sonno”.
Il messaggio centrale è mostrare quale è la fede che vince la morte: è la fede in Cristo che salva.
I due episodi sono tra loro legati dalle parole: ”toccare”, “credere”, “salvare”.
“Toccare”. Ci sono due modi di “toccare” Gesù: c’è un toccare particolare, quello della fede, che fa sprigionare la potenza di Cristo ed è capace di “salvare”, contrapposto al toccare della folla che lo opprime. Perciò c’è un toccare che deriva dalla fede che salva, e l’altro toccare, quello senza fede, che solo opprime. E’ importante il toccare Gesù con la fede della donna guarita e quella di Giairo.
/ Allora che cosa significano la guarigione della donna inferma e la risurrezione della figlia di Giairo? Significano che Dio, in Gesù Cristo, ha ripreso in mano le sorti dell’uomo, che ha ripreso a manifestarsi per quello che è in realtà, cioè il Dio dei viventi e non dei morti, che fa trionfare la vita e che preserva l’esistenza delle sue creature. Tutto questo Egli fa non eliminando la malattia e la morte, ma riscattandoli. Ci sarà la vita e la vita eterna!
Paolo esclama: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, l’angoscia, la morte? Ma noi di tutte queste cose saremo più che vincitori(Rom.8,35ss).
/ S. Pietro Crisologo dice: “La donna toccò il mantello di Gesù e fu guarita, fu liberata dal suo male. Noi invece tocchiamo e riceviamo ogni giorno il Corpo del Signore, ma le nostre ferite non guariscono. Se siamo deboli, non dobbiamo attribuirlo al Cristo, ma alla nostra mancanza di fede”.
/ A Giairo, Gesù gli disse: “Non temere, continua solo ad aver fede!”. Che cosa significa aver fede? Significa tendere il braccio e afferrare, al di là del tumulto dei nostri sentimenti, la mano di Dio. Una mano che ormai sappiamo essere sempre tesa verso di noi”(A.M. Besnard).
“Salvare”. Il verbo “salvare” ritorna tre volte nel brano evangelico e rivela Gesù come il “Salvatore”. Salvezza e vita sono interdipendenti: la prima si verifica realizzando la seconda: non c’è salvezza senza vita. Gesù è il “Salvatore” ed esprime questa sua qualità, col guarire dalla malattia e liberando dalla morte, come vittoria sulla morte. La salvezza di Gesù implica una vita totalmente nuova, che non conosce più la morte. Una volta che il Figlio di Dio fatto uomo, si è scontrato con la morte, essa si è svuotata della sua terribile realtà. Per chi crede nel Signore, la morte non è altro che un “sonno” da cui bisogna svegliarsi. La morte è sì tremenda e terribile, perché è il prezzo del peccato, ma è pure la “porta aperta” sui cieli nuovi e sulla terra nuova, che ci permette di gettarci nelle braccia del Padre, e ci fa esclamare con s. Paolo: “Desidero che questo mio corpo sia disciolto e possa incontrarsi con Cristo”.
Gesù celebra il trionfo della vita sulla morte, che Egli è venuto a portare nel mondo.
/ S. Francesco d’Assisi così saluta da lontano la sua morte, chiamandola “sorella morte”:
”Laudato sii, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare…guai a quelli che morranno ne le peccata mortali”.
/ Notiamo un particolare: la donna guarita soffriva da 12 anni, così pure la fanciulla morta aveva 12 anni. Se il numero 12 ha un significato particolare( = totalità del tempo: 12 mesi dell’anno), simbolicamente si potrebbe vedere nella donna che soffriva da 12 anni, l’umanità che in tutto il suo tempo è afflitta dal male; e nella fanciulla morta a 12 anni, tutta l’umanità che muore nel fiore della sua speranza.
/ Oggi siamo chiamati a rinnovare la nostra fede in Gesù Signore della vita e della morte; in Gesù che salva, perché Lui è la salvezza. Gesù è la sorgente della guarigione ed anche la sorgente della vita. Gesù reca la salvezza, ma l’uomo la fa sua solo se ha la fede, perché soltanto questa permette all’uomo di incontrarsi con la potenza salvifica di Gesù. Spesso la fede dorme in ciascuno di noi, e bisogna regolarmente svegliarla, farla alzare, metterla in cammino, per condurla dalla notte più buia ad un’alba di Pasqua.