Solennita’ del Ss. Corpo e Sangue di Cristo

Pubblicato in Domenica Missionaria

Prendete, questo è il mio corpo…Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti”. Mc.14,12-16.22-26

La solennità odierna del SS. Corpo e Sangue di Cristo, è sorta nel secolo XII per un intimo bisogno del popolo cristiano, di manifestare esternamente e pubblicamente l’omaggio di adorazione a Cristo presente nell’Eucaristia, sotto i segni del pane e del vino consacrati. In questo modo l’Eucaristia veniva concepita quasi esclusivamente come il “Sacramento della presenza reale di Cristo”, in corpo, sangue, anima e divinità. Con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, questa solennità presenta il mistero dell’Eucaristia in una visione più ampia e più completa, cioè come il “rito memoriale della Pasqua del Signore”. Il “rito” ha la struttura di un banchetto che riproduce la Cena del Signore, e il “memoriale” è legato alla memoria della morte e della risurrezione del Signore dell’unico mistero pasquale di Cristo. Da non dimenticare che questo rito memoriale della Pasqua del Signore, è un “convito sacrificale” che si realizza partecipando alla S. Messa e “mangiando e bevendo al Corpo e al Sangue del Signore”.

/ La festa dell’Eucaristia non è una festa “facile”. Ce ne accorgiamo dalla reazione che ebbero i Giudei al discorso di Gesù sul “pane della vita”: “Come può costui darci la sua carne da mangiare”?(Gv.6,52), dissero, e poi: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo”?(Gv.6,60).

E quando poi molti discepoli si allontanarono, Gesù disse ai dodici: “Forse anche voi volete andarvene”?(Gv.6,67).

/ L’Eucaristia è un sacramento il cui significato sta al di là di quello che scorgono i nostri occhi.

Per raggiungere la profondità del suo mistero, bisogna partire da ciò che si vede, per arrivare a ciò che si crede ed entrare in comunione con ciò che è.

Ciò che si vede. Si vede il pane e il vino, realtà umane che il Cristo prende e dà agli uomini da mangiare e da bere. E’ anche realtà biblica: il pane dell’Esodo mangiato in fretta: il vino che evoca il banchetto del Regno. Senza il duplice movimento del dare e del ricevere, non ci sarebbe alleanza tra il Cristo e noi.

Ciò che si crede. E’ il sacrificio che Gesù ha prefigurato nella Cena. Sotto il segno del pane e del vino eucaristici, Gesù, Parola efficace di Dio, dona la propria vita agli uomini perché dalla sua Pasqua essi ricevano ogni grazia e ogni bene. Anche quando dividono tra loro il pane di ogni giorno, i cristiani dovrebbero intuire la presenza del Cristo che si dona, presenza che sull’altare si fa sacramento del suo Corpo e del suo Sangue.

Ciò che è. Chiamati all’amore universale, noi facciamo corpo col Cristo vivente e presente negli uomini, sperimentando l’unità dei due comandamenti e il legame tra la fede e la vita.

Dalla prima comunione fino all’ultima, questo desiderio deve accompagnare il nostro cammino di pellegrini, legati al passato, ma tesi verso il futuro della comunione con Dio, come frutto del sacrificio della nuova alleanza di Cristo.

Prima lettura: Il rito del sangue dell’Alleanza antica(Es.24,3-8).

Il rito dell’alleanza sinaitica è presentato come un sacrificio e una specie di giuramento imprecatorio: in caso di rottura del patto, il sangue del colpevole sarà versato come si è sparso il sangue degli animali uccisi. Inoltre, versando lo stesso sangue sull’altare,( simbolo di Dio), e sulle dodici pietre,(simbolo delle dodici tribù), Mosè rivela che, grazie all’alleanza, un solo sangue scorre nelle vene dell’ebreo e in quelle di Dio.

Si intendeva così, creare una specie di consanguineità tra i contraenti: e c’era la pena di morte a chi non osservava i comandamenti, perchè si rompeva la consanguineità!

Ecco in che modo Dio si è impegnato con noi, in un patto di sangue che lo portò a dare la vita di suo Figlio per riscattarci. Gesù ci dà così la prova della sua fedeltà con tale contratto d'amore.

Seconda lettura: Il sangue dell’Alleanza nuova(Ebr.9,11-15).

Cristo è Mediatore della nuova Alleanza, fondata sul suo Sangue. Cristo è Sacerdote e Vittima nello stesso tempo: il suo sacrificio è unico, efficace, eterno; da solo compie, “una volta per sempre”, tutto ciò che ogni altro sacrificio umano non ha la forza di compiere.

3. Vangelo. Sangue dell’Alleanza, “versato per molti”(Mc.14,12-16.22-26).

Marco colloca l’ultima Cena di Gesù, nella cornice della pasqua giudaica. I gesti sono carichi di significato: il pane spezzato, il “Suo” calice del vino distribuito perché vi bevessero. E’ l’anticipazione della Croce, della morte di Gesù e del dono d’amore che essa racchiude. Nel pane e nel vino è presente Cristo ma come presenza di una vita di dono, che bisogna mangiare e bere.

/ Non si può celebrare la solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo senza avvertire le implicanze che derivano da essa. Nelle nostre parrocchie si conserva la validissima tradizione della processione eucaristica per le strade e le piazze del paese. E’ la comunità cristiana, edificata dall’Eucaristia, che si muove dal tempio al tempo, dall’altare alle case delle persone. Mostrarsi credenti nell’Eucaristia e non esservi coerenti, equivale a rinnegare la propria professione di fede. Oggi in processione non si porta la statua di un santo, ma il Corpo di Gesù Cristo, vivo e sacramentalmente presente nell’Ostia consacrata. Lui cammina nel nostro territorio: lo stesso Gesù della Terra santa.

Va ribadito a scanso di ogni devozionismo! Questa processione è superiore ad ogni altra. Ecco perché deve essere la più partecipata dal popolo di Dio. Purtroppo le tradizionali feste religiose, cosiddette “popolari”, surclassano quasi sempre questa “unica” e “prima” manifestazione religiosa cattolica! Il livellamento tra le celebrazioni eucaristiche e tutte le altre(pur legittime), non è un bel segno della nostra fede!...

/ Il nome “Eucaristia”, vuol dire “ringraziamento”. E Cristo ha dato inizio al banchetto dell’ultima Cena, ringraziando Dio, innalzando al Padre il “grazie” che gli uomini troppe volte dimenticano di dire, per i benefici della redenzione.

Cerchiamo di dire il nostro “grazie” a Cristo per il totale dono di sé, in corpo e sangue, come cibo e bevanda. Il miglior modo di dire “grazie” è la S. Messa: partecipare al suo banchetto e mangiare alla sua tavola, nutrendoci di Lui per avere la sua vita.

// M. Magrassi: “C’è un movimento che va dalla vita ai sacramenti e dai sacramenti alla vita; dall’incontro con Dio a quello con i fratelli. L’atto liturgico non è solo un punto di arrivo…

E’ soprattutto un punto di partenza. Dal sacramento si esce inviati agli uomini.

La “Messa è finita”, vuol dire, ”andate e comunicate agli altri il dono ricevuto. Gridate sui tetti la bella notizia che Dio ci ama e ci salva”. Si va ai fratelli con la carica che viene dall’aver sperimentato l’amore del Cristo che si dona. L’esistenza rimane segnata da quel dono.

L’autore della Didachè, scriveva: “Se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?”. ”C’è vera evangelizzazione quando un mendicante affamato indica ad un altro, dove tutti e due possono trovare da mangiare”(Assemblea ecumenica di Nairobi).

/ Diversamente, che segni di coerenza avrebbero, le preghiere e i gesti condivisi durante la s. Messa, come: il Padre nostro, il segno di pace, la frazione del pane, la comunione?

Gesù nella Messa, perdona(liturgia penitenziale), dona(offertorio) e si dona(comunione).

/ A Messa ci andiamo per capire che: “Tu ed io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi”(Gandhi). A Messa ci andiamo perché “L’amore lo si può conservare solo se lo si dona e lo si dona perfettamente solo se lo si riceve”(T. Merton).

Dobbiamo costruire un ponte tra l’Eucaristia e la vita.

Ultima modifica il Domenica, 31 Maggio 2015 15:32
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