XX Domenica - T. O. - Anno A

Pubblicato in Domenica Missionaria

Letture:
Is.56,1-7;
Sal.66;
Rm.11,13-15.29-32;
Mt. 15,21-28;  La donna Cananea. “Donna, davvero grande è la tua fede!”.

 

Ingresso:
O Dio, nostra difesa, contempla il volto del tuo Cristo.

Per me un giorno nel tuo tempio è più che mille altrove.

 

“Signore, pietà di me”: l’invocazione della donna ricorre nel vangelo per ben duecento volte: Kyrios in greco, Adonai in ebraico, Dominus in latino, Signore in italiano.

Invocazione che meglio di tutte indica Gesù quale Figlio di Dio: Signore cioè Dio dell’universo. Signore assiso sul trono di Dio. Signore che verrà come giudice.  Signore, davanti a cui tutto si inchina con umiltà.

Per tre volte la Cananea, prostrata, pronuncia questo nome, e questa espressione ricorre molto spesso nella liturgia eucaristica.

Nella Messa:

* per tre volte l’assemblea all’inizio, inchinata, riconosce il suo peccato ed invoca fiduciosa la misericordia di Dio: Kyrie eleison, Signore abbi pietà di noi.

* per tre volte rinnoviamo la nostra fede nel Signore cantando il Gloria: “Signore Dio, re del cielo” – “Signore, figlio unigenito Gesù Cristo” – “Signore Dio, Agnello di Dio”.

* Il celebrante si rivolge all’assemblea con “Il Signore sia con voi”: così iniziamo la liturgia eucaristica e ci salutiamo alla fine, prima della benedizione  nel nome del signore.

* L’espressione “Signore” è una invocazione ricorrente nella liturgia. Con fede ed umiltà sappiamo ripetere l’invocazione della Cananea.

* La ripetizione diventa parte della preghiera ed indica la nostra perseveranza nel bene.

L’episodio della Cananea  ci presenta tre indicazioni:

1. la cattolicità del messaggio di Gesù, che è diretto a tutti gli uomini di buona volontà senza distinzione di razza, cultura o scelte storiche o geografiche. Gesù compie questo miracolo fuori del territorio della Palestina, fuori del popolo d’Israele, il popolo eletto che Dio aveva scelto per preparare la venuta del Messia, fuori della lingua e cultura ebraiche: qui siamo in territorio pagano di cultura greca.

- La prima lettura di Isaia parla degli “stranieri” che aderiscono la Signore per servirlo ed amarlo… “li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa… i loro olocausti e sacrifici mi saranno graditi”…

- La seconda lettura presenta S. Paolo che annuncia la salvezza ai Romani, anch’essi pagani che accettano il Vangelo, in un contesto di cultura e di lingua latina.

2. la fede personale che è richiesta per raggiungere la salvezza: “Donna, grande è la tua fede”.

- la fede, donataci nel battesimo, cresce con un atto di volontà: voglio credere. Non è un atto di intelligenza, “Se capisco, credo”, ma di volontà, “la mia intelligenza non ce la fa a capire, ma ciò nonostante credo”.

- la fede è un dono di Dio che dobbiamo trafficare e non nascondere sotto terra. Trafficare vuol dire impiegare in modo che aumenti, rischiando magari.

- la fede è il mezzo che Dio ci dà per acquistarci meriti per il cielo, dove non ci sarà più né fede né speranza, ma regnerà solo la carità. La fede è come i gradini della scala che dobbiamo salire per arrivare al cielo.

- Come mezzo di salvezza, la fede va partecipata ai fratelli, insegnando loro come usarla per la propria salvezza.

3. Gli Apostoli: la loro meraviglia per il miracolo compiuto da Gesù avrà dato inizio a una nuova gioia di salvezza anche per i non ebrei. Avevano visto il “rifiuto” di Gesù - ascoltato la spiegazione data da Gesù (non è bene dare il pane ai cagnolini) – hanno meraviglia e gioia al miracolo compiuto. La gioia che dobbiamo avere noi quando un nostro confratello riceve una grazia da Dio… e con lui ringraziare il Signore.

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