Letture:
Lv 13,1-2.45-46;
Sal 31;
1Cor 10,31.11,1;
Mc 1,40-45: “Venne a Gesù un lebbroso …mosso a compassione, stese la mano, lo toccò... ed egli guarì”.
Canto al Vangelo:
Alleluia – alleluia
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, dice il Signore, ma i malati;
Io sono venuto a salvare i peccatori.
L'atteggiamento di Gesù nei confronti degli ammalati è quello del "farsi prossimo" a loro; in lui vi è la capacità di compatire infermità e patimenti d'animo (Eb 4, 15) e di condividere lo stato di chi conosce il soffrire (Is 53, 9).
Nei confronti di un malato di lebbra questa condivisione diventa ancora più misericordiosa. Il lebbroso era oggetto di disprezzo e di pregiudizio e anche la sua vicinanza poteva contaminare e trasmettere l'impurità medesima oltre che la malattia.
Ma notiamo anche: Gesù non va a cercare gli ammalati, sono essi che cercano Lui.
Il lebbroso, riconoscendosi peccatore e umiliandosi con fede davanti al Figlio di Dio, ottiene la guarigione morale accanto alla liberazione dal morbo fisico.
C’è la lebbra del corpo, ma c’è pure una lebbra ancor più terribile, quella dello spirito, che è il peccato, che è detta lebbra del cuore o dell’anima. Essa consiste fondamentalmente nell’escludere Dio dalla propria vita, disobbedendo i suoi comandamenti, nell’illusione di poter fare a meno degli altri, nel pensare di potersi salvare da soli. Questa specie di lebbra è pericolosa ed è anche molto diffusa! I miracoli di Gesù sono sempre rivolti alla lebbra del cuore: “Va e non peccare più”. Così i miracoli che vengono ottenuti spesso a Lourdes hanno sempre lo scopo di “Dare la luce all’anima”.
S. Marco in questo racconto, ci presenta un Gesù pieno di sentore umano; ci insegna che la prima carità è soffrire con chi soffre. Gesù si “commuove”, ha “compassione”(= patisce con). Il lebbroso aveva infranto la legge avvicinandosi a Gesù e gli apostoli, e Gesù addirittura “lo toccò”. Toccare un lebbroso significava partecipare alla sua impurità. Cristo si fa “impuro” agli occhi di coloro che lo seguono; ma lungi dal venire contaminato dal lebbroso, gli comunica la propria santità e lo purifica fino alla radice. Guarito e purificato da Gesù, il lebbroso viene ristabilito nella sua dignità umana e reintegrato nella comunità: “presentati al sacerdote e offri la tua offerta”.
Anche noi siamo “lebbrosi” quando viviamo nel peccato, non solo il peccato grave che uccide la vita spirituale dell’anima, ma anche il peccato leggero deliberato e ripetuto! Abbiamo bisogno di mostrare a Gesù il nostro peccato nascosto, e gridargli la confessione della nostra miseria, per ritrovare la vita e fare ritorno alla comunità dei perdonati. Quel lebbroso andò da Gesù, gli si gettò in ginocchio e gli gridò: “Se vuoi, puoi guarirmi”. Questo vuol dire, riconoscersi peccatori, confessare i nostri peccati e chiedere a Gesù di guarirci e di purificarci.
Il peccato tende sempre ad allargare la sua influenza, e non è raro il caso in cui l'uomo viene contagiato dal cattivo esempio degli altri. Di fronte al peccato, l'uomo ha solo una possibilità: ricorrere al Signore, con la fiducia di essere guarito, supplicando Gesù come il lebbroso del Vangelo: «Se vuoi, puoi purificarmi!»
Gesù dice: «Va' a mostrati al sacerdote» (Mc 1,44). Il sacerdote doveva verificare l'avvenuta guarigione e riammettere il lebbroso sanato alla vita comunitaria. San Giovanni Paolo II, nell'Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”, dice: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione». Con l'assoluzione sacramentale, data dal sacerdote entriamo in contatto con la misericordia stessa di Gesù e veniamo lavati nel suo Sangue Divino, e riacquistiamo la vita spirituale, che si nutre della Comunione al Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Cristo.
L’Immacolata, apparsa a Lourdes a S. Bernardetta, ci ottenga la guarigione delle nostre anime, liberandoci dalla “lebbra del cuore”, allora tutti i sacrifici della nostra vita quotidiana diventeranno lievi, meriti per la vita eterna e mezzi di bontà verso i fratelli.
La Beata Sr. Irene Stefani (la cui festa si celebra il 31 ottobre) Ha fatto di tutta la sua vita un atto di amore al prossimo che sempre ha servito durante i suoi molti anni di missione in Kenya.