IV Domenica di Pasqua - Anno A

Pubblicato in Domenica Missionaria

Gv. 10,1-10
“ Io sono la porta delle pecore...”

 

In questa IV Domenica di Pasqua, detta del “Buon Pastore”, la Chiesa intende celebrare la “Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sacerdotali e religiose”, istituita dal Papa

Paolo VI il 2311964. La liturgia è tutta intesa a lumeggiare la figura di Cristo “Buon Pastore e Porta delle pecore”, di Colui cioè che nella sua Morte ha espiato i peccati di tutti e nella sua Risurrezione è diventato il Capo dell’umanità nuova, del nuovo gregge.

 Lungi da un significato dispregiativo, nella Bibbia, la figura di Dio “Pastore” e gli uomini suo “gregge”, è un’immagine carica di grande tenerezza da parte di Dio, per gli uomini. La nostra civiltà dominata dall’industria e dalla finanza, dall’informatica e dai mass-media, ha in gran parte dimenticato i secoli in cui gli uomini vivevano di agricoltura, allevamento, artigianato, piccoli commerci. Dio si è incarnato quando l’umanità non conosceva il computer, i grattacieli e le antenne paraboliche. Per questo ci occorre un certo “sforzo” per capire l’originaria ricchezza delle immagini evangeliche. Molti oggi non hanno mai visto i pastori, le pecore, gli ovili, ecc., ma la figura del “Buon Pastore” è una delle più belle e poco comprese parabole del Vangelo. E’ narrata da Gesù in un linguaggio familiare ai suoi uditori perché specchio delle loro condizioni di vita.

Dio era considerato “Pastore d’Israele”. Tutti i grandi personaggi dell’AT.: Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Davide. Erano pastori di greggi. L’arte cristiana antica ci ha lasciato suggestive testimonianze ed esempi nelle catacombe romane e nei mosaici bizantini.

S. Pietro infatti così scriveva ai primi cristiani: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al Pastore e Guardiano delle vostre anime”.

 Pertanto Gesù si definisce l’unico “Pastore” e l’unica “Porta delle pecore”. Da notare che Gesù non dice:” Io sono la porta dell’ovile”, ma “la porta delle pecore”: è evidente che Gesù considera se stesso come “la Porta”. Ora la “porta” per la Bibbia e per l’orientale, è una sola: la porta della città; è il grembo che si chiude; fuori c’è il male, l’oscurità, il deserto, i predoni... Pensiamo alle nostre porte blindate, simbolo tipico di chiusura, paura, ristrettezza. La porta nel linguaggio biblico, era come il municipio, perché là si svolgeva la vita quotidiana.

 Immaginiamo Gesù sulla spianata del Tempio, circondato dai suoi ascoltatori, che vede la fiumana di gente che avanza attraverso la porta principale detta delle “pecore”, e si dirige verso il Tempio per i sacrifici rituali a Dio, Pastore supremo. Pertanto Gesù, osservando tutta questa gente e dicendo “Io sono la porta delle pecore”, fa una dichiarazione scandalosa e provocatoria per i suoi ascoltatori: è come se volesse dire:” D’ora in avanti, voi non avete più bisogno di questa Porta materiale delle pecore, perché Io, d’ora in avanti, sono la “Porta delle pecore”. Quella porta, che introduce al Tempio, ora l’avete davanti a voi, ed è una porta viva, una porta che introduce nel mistero stesso di Dio”. Così Cristo si presenta come il nuovo Tempio, il Tempio della sua carne.

Il recinto delle pecore è il Tempio e la Porta è Gesù stesso.

 Tra il pastore e le pecore c’è un rapporto personale e di tenerezza.

* “Chiama le sue pecore una per una per nome”: chiamare per nome, possedere il nome, nel mondo semitico è possedere tutta la realtà della persona, ciò che la persona è.

* Le pecore “ascoltano la sua voce”, è la risposta al conoscere e al chiamare per nome, il che vuol dire, obbedire.

* “Le conduce fuori”: Gesù le chiama fuori per condurle dietro di sé, è il viaggio verso l’oasi del riposo. La funzione salvifica del Tempio finisce con la venuta di Gesù, perché è Lui il nuovo punto d’incontro con Dio.

* “Cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce”, fuggono invece davanti ad un estraneo: è l’immagine della guida. Solitamente il pastore cammina dietro il gregge per poterlo controllare. Gesù invece cammina davanti e le pecore lo seguono: non vanno in nessun altro luogo perché il punto d’arrivo è Gesù stesso. In Gesù le pecore avranno la vita nella sua interezza: saranno salve da ogni pericolo e troveranno ogni sostentamento.

 Allora bisogna dunque passare per questa “Porta”, bisogna “attraversare” Gesù Cristo, che è la porta immensa, ma anche la “porta stretta”. Per passare attraverso di Lui, bisogna adattarsi alle sue dimensioni. Bisogna dilatarsi, abbassarsi e ridursi alla misura del Cristo, diversamente si è “ladri” del gregge. Solo Gesù ci dà la vera vita è in abbondanza”, cioè la vita eterna.

 La giornata odierna del “Buon Pastore”, ci conduce anche alla riflessione sulle Vocazioni nella Chiesa. L’umanità oggi ha più che mai bisogno di uomini e donne, ragazzi e ragazze, giovani che scelgano di farsi buoni pastori delle anime, che altrimenti andrebbero alla deriva, specie oggi che conosciamo una lunga crisi di vocazioni sacerdotali e religiose. Si reclamano sacerdoti per i vari ministeri: Sacramenti, celebrazioni di Messe, oratori, ecc. Si constata che sono pochi i sacerdoti, e nello stesso tempo non si aiutano i figli a dedicare la loro vita per il servizio del Signore; anzi oggi non si vuol neppure generare figli, impegnano troppo! È più facile allevare cani e gatti!

Parlando di “servizio”, il discorso vocazionale corre perciò alla diminuita disponibilità a darsi al Signore, alla stanchezza con cui procedono alcuni che già si sono donati. È a partire da questi stati di cose che va esaminata la salute di una comunità cristiana, la sua credibilità e il suo fervore. Se non si riesce a creare la passione e la disponibilità, da parte dei giovani, di donarsi totalmente al Signore, c’è da chiedersi che tipo di cristianesimo viviamo, che fede e che testimonianza diamo! Guai se la comunità cristiana non aiuta a riconoscere i segni della chiamata, o peggio, se la famiglia fa di tutto per spegnere nei figli il germe di una possibile vocazione o chiamata da parte del Signore!

 In questa emergenza, ecco l’accorato invito del Papa Giovanni Paolo II ai giovani:

“Date una mano alla Chiesa per conservare il mondo giovane! Reagite alla cultura della morte con la cultura della vita! Vorrei chiedere a ciascuno di voi: che ne farai della tua vita? Quali sono i tuoi progetti? Hai mai pensato di impegnare la tua esistenza totalmente per Cristo? Credi che possa esserci qualcosa di più grande che portare Gesù agli uomini, e gli uomini a Gesù?... Se Lui vi chiama e vi attira a sé, siate certi che non vi abbandonerà... fidatevi di Lui...Voi giovani avete bisogno di Cristo, ma sappiate anche che anche Cristo ha bisogno di voi. Mettetevi in ascolto dei suoi insegnamenti, fissate lo sguardo sul suo volto, perseverate nell’ascolto della sua Parola…

La vocazione è un grande dono, non solo per chi lo riceve, ma anche per i genitori…Le comunità che non pregano per i sacerdoti, non possono dire di avere il diritto di avere sacerdoti, e per ciò stesso, sono comunità malate e madri sterili! ”.

 “Vocazione” deriva da “vocare”, chiamare, chiamato per diventare “dono”. Ora un dono è sempre gradito perché è personale. Il “regalo” invece è impersonale. Pertanto se vuoi fare “felice” la persona che ami, cerchi un “dono” che sai che lei desidera. Ora quando questa Persona che vuoi fare felice è “Dio”, il dono non può essere che l’uomo stesso, la propria vita. “La gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo). Quale padre non gioisce nel vedere che uno dei suoi figli, tornato a casa, gli vuole dare una mano nell’accudire la famiglia, perché tutti siano felici?

E allora, pensa come tu possa diventare “dono” per il Signore.

Cerchiamo dunque questo dono per il Signore, siamo dono, preghiamo Gesù Eucaristia per questo dono, Lui che si è fatto dono di Dio per noi, che ora stiamo per ricevere.

Ultima modifica il Domenica, 30 Aprile 2017 21:57
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