Quarta domenica di Avvento (Anno B). La Parola si fa carne

Presepio nella piazza San Pietro (Roma) Presepio nella piazza San Pietro (Roma) Foto: Jaime C. Patias
Pubblicato in Domenica Missionaria

2Sam 7,1-5.8-12.14.16;
Sal 88;
Rm 16,25-27;
Lc 1,26-38.

«Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore». L’antifona di questa domenica ci fa passare dal tema della seconda venuta del Signore all’annuncio della Natività. Il profeta Isaia, da cui è tratta, chiede al Signore di intervenire nella tribolata storia degli uomini invocando la venuta del Giusto che proviene dal cielo e che deve essere accolto dalla terra come Salvatore degli uomini. La Liturgia, perciò, propone il vangelo dell’Annunciazione: Dio manda il Giusto dal cielo, il quale si incarna nel grembo di Maria, terra fecondata dallo Spirito. L’angelo porta questo lieto annuncio ad una giovane fanciulla di Nazaret per adempiere una promessa regale che è principio di salvezza. Le tre letture, infatti, hanno come filo conduttore la dinamica della “promessa”: profetizzata da Natan a Davide (Prima lettura) diventa compimento attraverso il “sì” di Maria (Vangelo) ed è comunicata a tutti i credenti (Seconda lettura). Tale promessa diventa attuale nel contesto liturgico perché siamo tutti invitati a celebrare il “mistero” (= progetto salvifico di Dio che viene rivelato nella persona di Gesù, in modo particolare nell’evento pasquale) e a viverlo. 

Oggi, anche noi siamo chiamati a dire il nostro “sì” a Dio attraverso l’accoglienza della sua Parola e l’obbedienza della fede: due atteggiamenti che ci portano ad “incarnare” ciò che ascoltiamo durante la Liturgia della Parola; in fondo in ogni celebrazione la “Parola si fa carne” (Corpo di Cristo) affinché mangiando dell’Eucaristia io possa incarnare Cristo e la sua Parola. Il sogno di Dio, da sempre, è quello di poter abitare e rimanere con e nell’uomo (Gv 14,23: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui»). Quale “dimora” costruire per Dio? Davide vuole costruire una casa per Dio, il tempio, ma è Dio stesso che nella promessa dona una casato eterno al re, rifiutando un magnifico edificio in quanto non sono la potenza, la ricchezza, il benessere a celebrare l’opera di Dio per eccellenza, la salvezza, ma è l’umile obbedienza e disposizione di una ragazza che permette a tutti noi di accettare Gesù, il Figlio, come il Messia (cfr. Mc 1,1). A Natale sarà proclamato nel vangelo del giorno: Gesù diventa la dimora del Dio vivente in mezzo agli uomini (Gv 1,14); qui è Maria che diventa la dimora del Figlio di Dio ma nell’accoglienza della Parola e del Pane Eucaristico ogni fedele diventa dimora di Cristo, pur nella consapevolezza della propria debolezza e povertà. Infatti l’annuncio del vangelo è innanzitutto annuncio di salvezza di un “Dio che salva” (=nome di Gesù), e rimarrà sempre disposto a salvare gli uomini. 

Prepariamoci al Natale facendo spazio a Dio attraverso l’ascolto della Parola, il silenzio, la preghiera e la disponibilità: è il Natale voluto da Dio. «Che giova a me che Gesù sia nato una volta a Betlemme di Giudea, se poi non nasce di nuovo, per fede, nel mio cuore?» (Origene).

Fonte: Qumran.net

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