Domenica della XXVI settimana del Tempo ordinario (Anno A). Il regno è per i peccatori

Domenica della XXVI settimana del Tempo ordinario (Anno A). Il regno è per i peccatori Foto SozziJA
Pubblicato in Domenica Missionaria

Ez 18,25-28;
Sal 24;
Fil 2,1-11;
Mt 21,28-32.

Siamo al cap 21 del Vangelo secondo Matteo, Gesù nel tempio di Gerusalemme, a pochi giorni dalla Pasqua, rivolge la parabola dei due figli, insieme a quella dei vignaioli omicidi (21,33-44) e del banchetto nuziale (22,1-14) ai sacerdoti e agli anziani, i giusti del suo tempo che avevano assunto un atteggiamento di incredulità e di rifiuto nei suoi confronti. Essi si erano chiusi nelle sicurezze e certezze che derivavano loro dall’osservanza della legge, e non avevano voluto riconoscere Gesù come l’inviato di Dio. Il modo in cui vivevano il loro sì alla legge li portò a dire no al vangelo. Invece i peccatori, e prima di tutto gli odiati pubblicani e prostitute, avevano accolto Gesù e la sua parola. Gesù dichiara che i peccatori prendono il posto di quelli che si considerano giusti e quindi candidati del regno di Dio. Egli infatti afferma che il regno di Dio è misericordia e perdono, perciò i peccatori ne sono i primi destinatari.

Il cap. 18 di Ezechiele della prima lettura è un invito alla conversione. Il regno di Davide era crollato, il tempio era stato distrutto, una notevole parte della popolazione si trovava in esilio; lo scoramento, l’abbattimento, l’assenza di speranza serpeggiavano tra i sopravvissuti alla catastrofe. Come spesso accade in situazioni di grave difficoltà, era venuta meno anche la fiducia in Dio, anzi lo si accusava di essere ingiusto. Il profeta, a nome di Dio, si rivolge al popolo e chiarisce il criterio in base al quale Dio giudica il comportamento dell’uomo. Ognuno deve rispondere solo delle sue colpe attuali e personali, non di quelle dei suoi padri; inoltre, mediante la conversione il peccatore può evitare il castigo.

“ Un uomo aveva due figli” (v.28). Dei due figli nessuno è perfetto: chi è infedele nelle parole, chi nei fatti, nessuno dice “si” e poi va a lavorare. Non esiste qualcuno esente da macchie quindi abilitato a disprezzare l’altro: tutti siamo peccatori (“il giusto pecca sette volte al giorno” cf Pr 24,16). E’ un grande invito all’umiltà, sull’esempio di Gesù: “Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (…) che svuotò se stesso, umiliò stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” (Seconda lettura Fil 2,7-8)

“Il figlio disse ‘non ne ho voglia’. Ma poi si pentì e vi andò” (Mt 21,29). Il pentimento è riconoscersi lontani da Dio, ma appartenenti a Lui. Nella prima lettura il profeta Ezechiele esorta tutti: il giusto a perseverare fino alla fine sulla strada del bene e il malvagio a convertirsi. Alla base del pentimento, della conversione vi è la fede: i pubblicani e le prostitute hanno creduto nella predicazione di Giovanni Battista. Credere significa sentirsi, anche nella notte più oscura della nostra vita, appartenenti a Dio Padre “sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore” (Preghiera Colletta). Solo se crede in Qualcuno che mi ama, posso cercare di cambiare vita, il pentimento a partire da me, non ha radici. Il peccato non è tanto un’infrazione ad una legge ma una ferita ad una persona che mi ama e mi viene sempre a cercare per donarmi la felicità: Gesù di Nazaret! Solo chi si sente amato dal Signore, e crede a questo amore, può pentirsi e ricevere una nuova vita.

“I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio” (Mt 21,31). Erano le due categorie più infami del tempo, esattori e collaboratori del nemico i primi, schiave senza dignità le seconde, eppure il Signore le preferisce a due categorie perfette dei sacerdoti e degli anziani del popolo. Sulla carta non vi è storia, questi ultimi erano ammirati e onorati da tutto il popolo, al contrario dei disprezzati pubblicani e prostitute. Gesù invita ad uno sguardo diverso, più profondo. I capi del popolo hanno visto la predicazione del Battista, la conversione dei peccatori, ma non si sono pentiti da credergli.

Il Signore rimprovera “i bravi” di aver visto cose grandi, ma di non aver cambiato nulla, così potrebbe essere della nostra vita: spesso il Signore veramente opera meraviglie, ma il nostro cuore è lontano, freddo, incapace di uno slancio. 

Coltiviamo i sentimenti di Gesù per dire “sì” nelle parole e nei fatti. Gesù si è svuotato della propria divinità per testimoniarci come vivere in pienezza la nostra umanità. La sua è stata una vita umana vera, buona, fedele al Padre e ai fratelli, ricca di parole seguita dai fatti, a noi spetta lasciarci innamorare da questa bellezza! Coraggio il Signore ci aspetta nella sua vigna!

 

Ultima modifica il Lunedì, 02 Ottobre 2023 23:22

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