III Domenica di Quaresima (anno A). Signore, dammi di quest'acqua

Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe (Guercino) Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe (Guercino)
Pubblicato in Domenica Missionaria

Es 17,3-7;
Sal 94;
Rm 5,1-2.5-8 
Gv 4,5-42

La liturgia ci invita a riflettere sul mistero della nostra salvezza attraverso il simbolismo dell’acqua. La caratteristica principale di questa domenica di Quaresima è che tutti i testi liturgici sono riferiti, in bella unità, al simbolismo dell'acqua e al sacramento pasquale del battesimo. Nella prima lettura, il Signore ispira l'intervento miracoloso di Mosè per trovare l'acqua al suo popolo, che aveva già cominciato a pentirsi di aver abbandonato le certezze della schiavitù in Egitto: “Perché ci hai fatto salire dall'Egitto, per far morire me, i miei figli e il mio bestiame di sete?”; Mosè fa ricorso al Signore, il quale risponde: “colpirai la roccia e ne uscirà acqua. Il popolo berrà”. Al di là di Mosè è Dio ad essere preso di mira dalla collera e dal dubbio del popolo. “Il Signore è in mezzo a noi o no?”. È la domanda tipica della “sfida”. “Sì o no?”, un insolente ultimatum, il rifiuto di avere fiducia in Dio: la negazione dell'alleanza! Ora Dio risponde: “Ecco, io sto davanti a te”. Il salmo 94 ricorda questo indurimento del cuore, pur dopo gli straordinari segni della potenza di Dio, ed il salmista invita tutti a adorare e ad aver fiducia nel Signore: Egli governa il mondo.

Nella pagina stupenda del Vangelo di Gv 4,5-42, la simbologia dell’acqua raggiunge tutta la pienezza del suo significato. Come abbiamo già fatto allusione, la liturgia interpreta "l’acqua viva" e "lo Spirito", di cui parla Gesù nel Vangelo di Giovanni, in riferimento al battesimo. L'episodio evangelico ruota intorno ad una richiesta di acqua: «Dammi da bere».  C'è un attento dialogo che muove dalla sete naturale per approdare alla sete latente di Dio, dall'acqua naturale all'esperienza di Dio in Gesù Cristo. L'intento più profondo dell'evangelista è provocare l'interesse per Gesù, la scoperta della sua persona e l'adesione di fede in Lui. Il brano da una parte presenta Gesù che progressivamente si rivela e dall'altra il lento itinerario verso la fede di una donna samaritana. Un itinerario esemplare per noi. Anzitutto, Gesù e la donna parlano attorno all'immagine dell'acqua viva, di seguito discorrono sul culto, dopo l’annuncio e la testimonianza della donna alla sua gente, la mietitura nella breve prospettiva futura ed infine la vera essenza del raccolto: la fede dei samaritani: “Molti Samaritani in quella città credettero”. Rinunziando a sviluppare altri temi, pure molto importanti, presenti in questo brano, ci centriamo principalmente sul battesimo.

«Dammi da bere» (v.7). Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicino al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe e Gesù, stanco del viaggio, si sedava nelle sue prossimità. Era verso mezzogiorno, quando si presenta una donna: samaritana e quindi appartenente a una razza eretica e per il popolo di Israele maledetta e per di più notoriamente peccatrice. Gesù a lei dice "Dammi da bere". Gesù è stanco, ha veramente sete: abbiamo qui un rapido flash sull'umanità del Figlio di Dio, ma non si tratta solo di avere un po' d'acqua per dissetarsi. Dare acqua, elemento scarso e quindi prezioso, era segno di accoglienza e ospitalità, chiedendola, Gesù, che viene dalla Giudea, dove è stato rifiutato, chiede di essere accolto in Samaria; in cambio dell'ospitalità, egli darà la sua propria acqua. Come dice Sant'Agostino "Colui che domandava da bere aveva sete della fede della samaritana" in modo tale che, a metà dialogo, è la stessa samaritana a chiedere “Signore, dammi di quest'acqua!" (v.15).

«Signore, dammi quest'acqua, affinché io non abbia più sete e non debba più venire qui ad attingere» (v. 15). Gesù scava nell'interiorità della donna, per far nascere in lei il desiderio di qualcos'altro. Le propone un'acqua viva: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere", tu gli avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Questa proposta accende nella donna una curiosità. Lui le parla del dono di Dio (il dono di Dio che riconosce le divisioni causate dalle ideologie; il dono di Dio che non distingue fra alcuni uomini e altri, perché il suo amore si rivolge all'umanità intera; il dono di Dio è Gesù stesso), parla di un'acqua viva che ha delle caratteristiche particolari: è data da Gesù, estingue la sete per sempre, quindi che ha un potere salvifico, permanente. Però, d’altra parte, la donna propone un suo ragionamento, molto concreto, efficace e ancorato alla tradizione: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?". La donna, impressionata dalla frase di Gesù, lo chiama rispettosamente “Signore”. La donna domanda se Gesù fosse più grande che il loro padre Giacobbe. Notiamo che quel pozzo aveva dietro di sé tutto il prestigio di Giacobbe, l'antenato glorioso, del quale i samaritani si consideravano discendenti. Era stato un dono di Giacobbe ai suoi figli, al suo popolo. Il pozzo rendeva presente la sua memoria e l'ascendenza dei samaritani... Il pozzo significava dunque la Legge, sintetizzava le figure dei patriarchi e quella di Mosè il legislatore. La donna conosce il valore del dono di Giacobbe, ma disconosce quello di Dio, per lei è incomprensibile che Gesù proponga un'altra acqua viva, come se potesse esservene una differente dalla Legge.

Gesù propone a sua volta una riflessione realistica dal punto dal Suo punto di vista, ma ancora incomprensibile per la donna. “Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete” e fin qui la donna riesce a capire, ma quando dice: “ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”, la samaritana non è in grado di seguire il ragionamento. Questa risposta mostra l'insufficienza del dono fatto da Giacobbe, il quale ha dato un'acqua che non toglie mai definitivamente la sete. Gesù lo fa comprendere, esponendo l'eccellenza del suo dono. Egli offre a tutti la sua acqua, secondo il testo di Is 55,1 “Oh, voi che avete sete, venite alle acque; anche chi non ha denaro, venga! Comperate e mangiate senza denaro e senza prezzo vino e latte”.  La donna crede di capire, in realtà capisce una cosa per l'altra. Risponde infatti: “dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. Gesù inizia chiedendo acqua e termina promettendola: al principio fa presente la sua necessità fisica, comune a ogni uomo, e a questo punto si offre a calmare la sete di vita piena, l'anelito più profondo dell'uomo. Gesù non si sofferma su ciò che è culturale, né su ciò che è religioso, ma va alla radice, all'uomo come creatura provvista di corpo e anima.

Con la risposta della donna “dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua” questa si dichiara disposta ad abbandonare per sempre il pozzo della Legge e della tradizione, che rappresenta la sua storia, ma che non è riuscito ad appagare i suoi desideri... Lei è stanca di venire al pozzo che non le calma la sete. Vede il valore della vita e la desidera. Si lascia illuminare dalla luce che splende in Gesù.

Il colloquio di Gesù con la samaritana verte intorno all'acqua e alla sete e noi ci caratterizziamo per la grande sete che abbiamo. La sete è qui immagine della condizione umana, che è caratterizzata dal desiderio. Dalla nascita alla morte noi uomini desideriamo senza sosta: le nostre giornate sono piene di sogni, speranze, aspirazioni, desideri. Però il più delle volte è sete che non fa bene: sete di ricchezza, sete di piacere, sete di tante cose che sono acqua proveniente da cisterne avvelenate su cui ci avventiamo ogni giorno per dissetare la nostra sete di amore, di felicità, di santità o chissà in quale altra sete, forse innominabile! Quante volte ci sentiamo come "la cerva che anela per la sete"! E non ci vengono offerte, o forse, non cerchiamo altro, che cisterne avvelenate che si rivelano, nel migliore dei casi, insufficienti e inadeguate. 

L’acqua misteriosa che Gesù promette alla donna samaritana, è un’acqua che diventerà, nel cuore di tutti coloro che si accosteranno a Lui, fonte zampillante di salvezza e di vita eterna. Gesù è la sorgente viva di quest’acqua, la roccia percossa sulla croce, dal cui Cuore squarciato sgorgheranno lo Spirito Santo, la Chiesa e i Sacramenti, i doni meravigliosi del suo amore divino. "Chi ne beve non avrà più sete". Non che tolga all'uomo il desiderio, ma interrompe il ciclo infinito dei desideri che non trovano mai riposo.

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