XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese Concetta Basile in Qumran.net
Pubblicato in Domenica Missionaria

Sap 18, 3.6-9;
Sal 32;
Eb 11,1-2.8-19;
Lc 12,32-48.

L’essere pronti e vigilanti è il tema che Gesù, in Lc 12,35-48, affronta con i suoi discepoli, in questo suo viaggio verso Gerusalemme. Attesa e vigilanza sono presenti anche  nelle altre due Letture: mentre il libro della Sapienza ci parla dell’attesa del popolo d’Israele pronto per l’esodo, l’autore della Lettera agli Ebrei parla della fede come “fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”.

Il tuo popolo era in attesa della salvezza dei giusti

L’autore del Libro della Sapienza parla della grande notte della Pasqua – notte Pasquale o notte della liberazione -  la notte in cui Dio ha liberato il popolo d’Israele schiavo in Egitto. Quella notte, risplendente di luce vivissima, fu preannunciata, fu oggetto  delle promesse fatte ai patriarchi e fa riscontro all'attesa del popolo: “Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.”. Il popolo, aspettando la realizzazione della promessa, era pronto per l’intervento di Dio e perciò offriva dei sacrifici in segreto e condivideva quanto possedeva con i fratelli.

Nell’attesa, il popolo era in relazione con Dio e con i fratelli. Nella relazione con Dio, esso offriva dei sacrifici, mentre in quella  con i confratelli faceva in modo che tutti potessero partecipare insieme dei beni e dei pericoli. Anche noi mentre aspettiamo e siamo vigilanti dobbiamo curare queste due dimensione della vita: la nostra relazione con Dio e con i fratelli, soprattutto sapere condividere i successi e gli insuccessi, si tratta di vivere l’attesa nella lode e nell’amore fraterno.

L’attesa del popolo rivela la fede che questo  ha in Dio, nella Sua promessa. Perciò la fede è il dono in virtù del quale aderiamo alle promesse divine a noi comunicate  con la sua Parola in modo tale che il contenuto della promessa si radichi in noi e diventi parte costitutiva del nostro modo di pensare e del nostro sentire (cfr. Rm 8,19-25). 

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese

Il brano evangelico è anche chiamato del Vangelo dell’attesa perché dopo che Gesù  ha rivolto l’esortazione a disfarsi dei beni di questo mondo per farsi un tesoro nei cieli, racconta tre brevi parabole in ognuna delle quali si sottolineano alcuni aspetti dell’attesa.

Gesù, nella sua esortazione, chiede ai discepoli un distacco totale dai beni. Lo aveva già detto nella parabola del ricco stolto, ma ora lo sottolinea dimostrando ai discepoli l'incompatibilità tra l'attaccamento ai beni materiali e i valori del Regno. Chiede dunque ai discepoli di saper vendere ciò che si possiede e  condividere con gli altri e li esorta anche a fare tesori nei cieli. "Fare l'elemosina" nella mentalità semitica significa fare giustizia.

Il discepolo non solo deve distaccarsi dai beni ma è chiamato a vivere in vigilanza, ad essere pronto: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”. Gesù usa due immagini: i fianchi cinti e lampade accese. Per la Bibbia, “fianchi cinti” è l’atteggiamento di colui che è pronto e disponibile per fare un viaggio oppure  un lavoro.  Bisogna dunque di essere predisposti  a fare qualcosa. La seconda immagine, quella della “lampada accesa” è metafora del vegliare durante l’oscurità della notte. Il discepolo è chiamato ad essere un vero pellegrino, un viandante che è pronto e predisposto a mettersi in cammino nell’attesa e se anche attraversa la notte più oscura, ci sarà sempre per lui una luce. In quest’attesa deve assumere alcuni atteggiamenti: prontezza e attenzione, fedeltà e responsabilità nel compiere il proprio dovere e disponibilità al servizio, sempre e comunque.   

Questi aspetti vengono sottolineati nelle tre parabole. Occorre essere pronti ed attenti come i servi in attesa del loro padrone che ritorna e devono essere disponibili ad aprirgli la porta; come quel padrone che rimane a vegliare perché non sa l’ora in cui i ladri arriveranno per non lasciarsi scassinare la porta di casa, oppure ad essere come quell’amministratore che, durante l’assenza prolungata del padrone, è chiamato a prendersi cura responsabilmente dei servi a lui affidati. Si tratta, come   detto, di avere la relazione con Dio e con coloro che noi aspettiamo.

Il discepolo missionario è un viandante  sempre pronto come ha detto Papa Francesco. Si tratta di non mettere radici in comode e rassicuranti dimore, ma di abbandonarsi, di essere aperti con semplicità e fiducia al passaggio di Dio nella nostra vita, alla volontà di Dio, che ci guida verso la meta successiva. Il Signore sempre cammina con noi e tante volte ci accompagna per mano, per guidarci, perché non sbagliamo in questo cammino così difficile. Colui il quale  si fida di Dio sa bene che la vita di fede non è qualcosa di statico, ma è dinamica! La vita di fede è un percorso continuo, per dirigersi verso tappe sempre nuove, che il Signore stesso indica giorno dopo giorno. Perché Lui è il Signore delle sorprese, il Signore delle novità, delle vere novità.

 

Ultima modifica il Martedì, 02 Agosto 2022 18:44

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