I CHASSIDIM

Pubblicato in Notizie

Il percorso della santità nelle comunità ebraiche 
dell'Europa Centro-Orientale
di Roberta Simini

Ogni religione ha i suoi santi e, benchè non tutte li proclamino ufficialmente e li inseriscano nel culto, consegnandoli ufficialmente alla venerazione dei fedeli, come noi cattolici, nelle genti di tutte le razze e di tutte le latitudini è fortemente presente l'esigenza di trovare persone che possano, per l'esemplarità della loro vita e per l'intensità della loro relazione con il sopranaturale, fungere da intermediari con la divinità, qualunque essa sia. Anche la religione ebraica ha i suoi santi, o meglio, anche le comunità di fede ebraica hanno i loro modelli da ammirare, imitare e soprattutto a cui rivolgersi, in caso di bisogno, per ottenere grazie.
Quando si pensa a modelli di santità, relativamente alla religione ebraica, si hanno solitamente presenti soltanto i personaggi di cui parla l'Antico Testamento, come: Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Davide, Salomone ed altri, quasi che l'esperienza religiosa ebraica si sia fermata a quell'epoca lontana, dopo di che il nulla, solo riti, regole o al più interpretazioni giuridiche, come quelle contenute nel Talmud o nell' halakhà. Questo non corrisponde alla realtà: immensa è la produzione letteraria ebraica, divisa in tante scuole, percorsa da correnti di pensiero che, come per la teologia cristiana, vanno dall'affermazione decisa alla negazione altrettanto appassionata del valore della ragione nell'esperienza di fede, del ruolo della filosofia in rapporto alla Rivelazione. Razionalismo e santità, fede e miracoli, Maimonide e Nahmanide, Filosofia e Qabbalah, questi i perenni estremi tra i quali si muove la storia delle religioni abramitiche. Sicuramente enorme fu l'importanza del Talmud nella cultura ebraica, ma fu affiancato, dal Medio Evo in poi da testi più propriamente mistici come il Sefer Ytzirah e lo Zohar, su cui si formarono generazioni di mistici ebrei.
Certo la mistica ebraica presenta, rispetto a quella cristiana la fondamentale peculiarità del grande rilievo dato alla conoscenza, allo studio meticoloso della Torah, della halakhà, del Talmud, della letteratura cabbalistica, studio dal quale non si può prescindere come dalla preghiera e dall'osservanza delle innumerevoli norme liturgiche, morali e di purità. Ma questa caratteristica che la rende una mistica di tipo gnostico, riservata ad un'elitte culturale, non è stata sempre mantenuta nel corso dei secoli.
Il movimento dei Chassidim è un esempio di esperienza religiosa capace di estendersi oltre i confini di un'elitte spirituale, che ha voluto e saputo dedicare tutta la sua esistenza a Dio, per giungere all'uomo comune e far scoprire a tutti la possibilità di rendere il servizio a Dio anche all'interno di una quotidianeità assolutamente normale.
I Chassidim (Pii, Devoti) sono i protagonisti di un grande movimento religioso ebreo che nacque in Podolia nel diciottesimo secolo e si diffuse rapidamente in tutta l'Europa centro-orientale e balcanica. Il suo fondatore, Yisra'èl Baal Shem Tov - Maestro del Santo Nome (Okop, al confine tra Polonia e Moldavia, 1700 circa- Medzyboz 1760) seppe offrire una risposta concreta alle esigenze di rinnovamento spirituale e di redenzione presenti nelle comunità ebraiche. Le grandi difficoltà pratiche in cui si dibattevano le comunità ebraiche centroeuropee dell'epoca avevano creato una certa distanza tra la classe dirigente e la popolazione, tra i rabbini, grandi studiosi del Talmud, ai quali le autorità statali avevano demandato i poteri di giurisdizione sulle loro comunità e che conducevano un'esistenza relativamente agiata, e la gente comune, vessata in molti modi, costretta ad una dura lotta per la sopravvivenza e, da ultimo, mortificata anche nel suo desiderio di rapporto con Dio per il fatto di non essersi potuta permettere un'istruzione adeguata.
Inoltre con la rivolta di Bogdan Chmielnicki, nel 1648 iniziarono anni di massacri di ebrei da parte dei soldati cosacchi e dei contadini polacchi, che si protrassero con incredibile ferocia fino al 1656.
In questo clima le vicende incresciose dei falsi Messia: Shabbatai Zevì (passato poi alla religione musulmana) e Jacob Frank (diventato poi cattolico), avevano contribuito a diffondere un pericoloso senso di sconforto ed un conseguente allontanamento della base popolare ebraica dalle sue radici religiose, dalla sua stessa fede.
Tanta sofferenza, miseria, incertezza sulla propria stessa sopravvivenza e sulla sopravvivenza della propria famiglia, richiedevano una visione della religione piuttosto consolatoria, che formale e giuridica, l'immagine di un Dio, che se pure tarda a far trionfare la sua giustizia, non ha abbandonato il suo popolo in balia degli eventi, ma continua ad offrirgli la Sua benevolenza.
Ed è proprio la benevolenza, il sapersi chinare sulla sofferenza della gente, non disprezzarne le richieste di aiuto, perché legate alla quotidianeità e non a sublimi pensieri, il saper pregare Dio come Provvidenza, essere semplice con i semplici e dotto con i dotti, ma con tutti amabile, la caratteristica fondamentale di quel grande riformatore religioso che fu Ysra'èl Baal Sheem Tov.
Di lui non abbiamo scritti, salvo una sua lettera al cognato Ghershom di Kitov, ma esistono su di lui innumerevoli racconti.
La sua fama di maestro spirituale (rebbe) si diffuse rapidamente anche perché era un grande taumaturgo ed operava molti miracoli. Sapeva leggere nei pensieri dei suoi interlocutori e rispondere pertanto adeguatamente, così confuse molti dei suoi avversari, dei quali non pochi divennero suoi discepoli.
Convinto assertore della metempsicosi attraverso la quale l'anima compirebbe il suo tikkun (purificazione), e della possibilità per tutti, colti o ignoranti, di servire il Signore ed essere a Lui graditi, svolse per i suoi seguaci un ruolo molto più importante di quello di maestro, ma esercitò, quella che in campo cristiano si chiama, una vera paternità spirituale.
I discepoli trovarono in lui, non soltanto una guida nella comprensione dei misteri della Qabbalah, ma un maestro capace di indicare ad ognuno la propria via da percorrere per giungere la hitlahavùt, ossia uno stato di bruciante unione con Dio. Egli richiedeva ai suoi discepoli un'assoluta fiducia, spesso gli inviava in luoghi anche lontani, senza rivelare loro lo scopo del viaggio, a volte neppure la meta, tutto sarebbe stato chiaro lungo il percorso.
Nessuna decisione importante per la vita del chassid sarebbe da questi stata presa senza il parere del maestro, del rebbe.
Si servì della Qabbalah e dei suoi insegnamenti per trovare vie di accesso al mondo divino, per conoscere i nomi degli angeli, per parlare col Messia, compiere tutte quelle azioni mistiche tipiche della religione ebraica, ma favorì la diffusione delle idee della Qabbalah, tanto da trasformarla in un fenomeno essoterico, da esoterica che era. Seguì le idee di Ysaac Luria, senza aggiungervi in sostanza alcunchè di nuovo, mentre assolutamente nuovo fu proprio il suo modo di porsi nei confronti della comunità, della gente normale, verso la quale non ebbe mai atteggiamenti di sdegnosa superiorità, ma di vera e propria empatia.
Il Baal Shem Tov visse sempre in grande povertà, quello che riceveva in offerta per la sua attività di taumaturgo lo usava per pagare i debiti contratti dalla moglie per sopravvivere e ciò che avanzava lo distribuiva ai poveri. Ma la scelta della povertà non veniva da lui indicata ai suoi discepoli come necessaria per raggiungere i livelli più alti di spiritualità, solo veniva raccomandato il distacco psicologico dalle cose possedute da considerare mezzi e non fini dell'esistenza. 
I Chassidim, seguendo l'insegnamento del Baal Shem Tov, seppero instaurare un rapporto diretto col divino tanto da divenire punto di riferimento per le loro comunità e potenti intercessori presso il Signore.

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 17:05
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