“Perseguitati E Dimenticati”: Il Rapporto Di Aiuto Alla Chiesa Che Soffre Sulla Persecuzione Anticristiana

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I cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato e la loro condizione continua a peggiorare in molti dei paesi in cui affrontano da tempo gravi limitazioni alla libertà religiosa.

È quanto emerge dal rapporto “Perseguitati e Dimenticati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2013 e il 2015”, presentato oggi a Roma dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti: Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, Monsignor Matthew Man-oso Ndagoso, arcivescovo di Kaduna in Nigeria, Monsignor Antonio Franco, Assessore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e già Nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, Alfredo Mantovano, Presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Marta Petrosillo, portavoce ACS Italia.

Il rapporto nasce come integrazione del Rapporto sulla Libertà religiosa nel mondo, divenuto biennale dal 2006, e a differenza di quest’ultimo prende in considerazione unicamente la persecuzione anticristiana, analizzando la situazione nei 22 paesi in cui i cristiani subiscono gravi limitazioni alla libertà religiosa.

Lo studio rileva come il numero dei paesi in cui i cristiani soffrono sia ancora molto alto e come in molti casi la situazione stia peggiorando. In 17 dei 22 paesi analizzati la condizione dei cristiani si è infatti aggravata nel periodo preso in esame, ovvero tra l’ottobre 2013 e il giugno 2015. 

Rispetto all’edizione 2011-13 di Perseguitati e Dimenticati, il numero di nazioni classificate come di “estrema” persecuzione sono salite da 6 a 10. A Cina, Eritrea, Iran, Arabia Saudita, Pakistan e Corea del Nord si sono infatti aggiunti Iraq, Nigeria, Sudan e Siria.  È da notare come le “nuove entrate” siano tutte segnate dall’ascesa dell’estremismo islamico, che si conferma come una delle principali minacce alla comunità cristiana. Dieci dei 17 paesi in cui si sono registrati peggioramenti sono stati colpiti dalle violenze dei fondamentalisti. Un caso eclatante è quello dell’Iraq, dove oltre 120mila cristiani sono stati obbligati a scegliere se convertirsi o morire dallo Stato Islamico (ISIS). Anche in Nigeria, la setta estremista Boko Haram ha costretto alla fuga 100mila cristiani dalla sola diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte ben 350 chiese.

Le violenze spingono sempre più cristiani ad emigrare, mettendo a rischio l’esistenza stessa di alcune comunità. L’esodo cristiano dal Medio Oriente sottolinea la non remota possibilità che la secolare presenza cristiana nella regione possa estinguersi. In Iraq ad esempio, la popolazione è diminuita da un milione a meno di 300mila dal 2002 ad oggi, con una impressionante media di 60/100mila partenze ogni anno. Se la tendenza continuasse, la comunità cristiana non esisterebbe in soli 5 anni. Senza contare che oggi la metà dei cristiani rimasti è costituita da sfollati interni costretti ad abbandonare le proprie case per colpa del Califfato.

Non è tuttavia l’estremismo islamico l’unica forma di fondamentalismo che si mostra ostile nei confronti dei cristiani. In India i movimenti nazionalisti indù hanno messo a segno numerosi attacchi anticristiani, e perfino l’arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesphore Toppo, è stato minacciato di morte. Restando nel subcontinente indiano, in Sri Lanka estremisti buddisti hanno distrutto o causato la chiusura di numerose chiese. Nel 2014 sono state 60 le cappelle e le chiese attaccate, mentre nel 2013 ben 105.

Preoccupa anche l’aumento di attacchi anticristiani in Israele, l’unico paese mediorientale in cui la popolazione cristiana è in crescita. Quando nel giugno del 2015 è stata colpita la Chiesa dei Pani e dei Pesci, molti leader cristiani hanno indicato l’attentato come espressione di una ben più estesa serie di attacchi. Inoltre la conferma di Netanyahu alle elezioni del marzo 2015, e la sua alleanza con il Partito nazionalista religioso Focolare ebraico, alimenta ulteriormente i timori dei cristiani i quali, nonostante le rassicurazioni governative, dubitano che i loro interessi possano essere salvaguardati dalle autorità.

Un’altra classe di paesi in cui i cristiani soffrono gravi limitazioni alla libertà religiosa è quella delle nazioni governate da regimi autoritari e totalitaristi. È questo il caso della Corea del Nord dove nel marzo 2014 Kim Jong-un ha ordinato l’esecuzione di 33 cristiani, accusati di essere delle spie. Nel paese asiatico si stima che almeno il 10% dei circa 400mila cristiani siano detenuti in campi di lavoro in cui subiscono torture, omicidi, stupri esperimenti medici. I detenuti per motivi religiosi ricevono trattamenti peggiori rispetto agli altri prigionieri.

Anche in Eritrea, nota non a caso come la Corea del Nord d’Africa, si ritiene che vi siano circa 3000 detenuti – in maggioranza cristiani – imprigionati per motivi religiosi.

In Cina e in Vietnam la libertà di culto è fortemente limitata dallo stato. In Vietnam il decreto 92 obbliga i gruppi religiosi ad ottenere dei permessi per incontri religiosi e i sacerdoti a partecipare a programmi di educazione. E la nuova legge sulla religione – prevista per fine 2015-2016 – potrebbe comportare nuove restrizioni alla libertà religiosa.

In Cina il 2014 è stato uno degli anni peggiori per i cristiani, con ben 449 leader religiosi imprigionati. Il 2015 è stato invece caratterizzato da oltre 650 aggressioni nella provincia di Zeijang, tra cui la distruzione totale o parziale di numerose chiese.

“Perseguitati e dimenticati” considera inoltre alcuni paesi in cui il grado di violazioni alla libertà religiosa è meno grave, che tuttavia destano preoccupazione. In Russia, ad esempio, la legge è piuttosto severa nei confronti dei cristiani e in alcuni casi le comunità religiose non hanno potuto registrare le proprie chiese. In Turchia, invece, i cristiani sono tuttora considerati cittadini di seconda classe e temono fortemente l’ascesa del fondamentalismo all’interno della società.

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