AFRICA - Un orto botanico per combattere la malaria

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In Africa la malaria è una delle malattie più diffuse e letali. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2018 nel mondo si sono registrati 216 milioni di casi e 445mila morti a causa del paludismo, di cui 194 milioni in Africa (con 407mila persone). Oltre il 70% di tutti i decessi per malaria riguarda bambini sotto i cinque anni, dei quali oltre l’80% vive nell’Africa subsahariana. In questa regione solo il 19% dei bambini colpiti da malaria riesce a ricevere un trattamento adeguato e ogni 2 minuti muore un bambino a causa di questa malattia. La Nigeria è il Paese che affronta il carico maggiore, con il 27% dei casi a livello mondiale. Questa patologia, oltre al forte impatto sulla salute, ha anche una grande incidenza sullo sviluppo economico. Dal 2000 la malaria è costata all’Africa subsahariana 300 milioni di dollari all’anno solo per la gestione dei casi e si stima che costi fino all’1,3% del Pil continentale.

Dal 2018 è in corso la somministrazione di un nuovo vaccino antimalarico in Kenya, Ghana e Malawi. Entro il 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità punta a vaccinare almeno 360.000 bambini. Nel frattempo, per far fronte alla patologia, si ricorre ai tradizionali farmaci a base di clorochina che però sono sempre meno efficaci perché il plasmodio, causa della diffusione della patologia (viene trasmesso dalla puntura delle zanzare anofele), è riuscito a sviluppare resistenze ai farmaci.

Nel 1972 la farmacista cinese Tu Youyou è riuscita a isolare l’artemisina, principio attivo dell’artemisia naturale. L’artemisina si è rivelata particolarmente efficace nel contrastare la malaria perché riesce a eliminare il plasmodio (grazie a questa scoperta la scienziata è stata insignita nel 2015 del Nobel per la Medicina). Portata in Africa da medici asiatici, l’artemisina ha aiutato a ridurre gli effetti della malaria.

I Gesuiti hanno così deciso di coltivare la pianta di artemisia per poi ricavarne la preziosissima artemisina. Da anni, i religiosi hanno un arboretum a Oyo, nel Ciad. In questo orto botanico, oltre a preservare le specie autoctone rare, si proponongono di coltivare e diffondere le piante medicinali. «Coltivare l’artemisia – spiega Franco Martellozzo, Gesuita, da oltre cinquant’anni missionario in Ciad – non è semplice. I semi sono talmente fragili che debbono essere irrigati per penetrazione capillare in recipienti particolari. Poi le prime piantine vengono trapiantate in luoghi protetti e, solo due mesi dopo, vengono messe in terreno aperto”. Per poter portare avanti questo orto botanico è stato costruito un sistema di irrigazione che funziona grazie a un impianto elettrico solare. “Dall’artemisia – osserva padre Martellozzo che collabora con il confratello francese Serge Semur – verrà poi ricavata l’artemisina. Nella speranza di porre un freno alla malaria, malattia con la quale la popolazione è costretta a convivere da secoli”. (EC)

Ultima modifica il Giovedì, 07 Febbraio 2019 09:10

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