Tibhirine, le lettere del priore de Chergé (monaci trappisti), ucciso nel 1996 in Algeria

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Davanti a Dio, restiamo nella posizione di mendicante. I suoi doni sono perfettamente gratuiti. Nessuno sforzo e nessun lavoro esigono una retribuzione da parte sua a titolo di giustizia. Dio non ci deve niente. Il mendicante di Dio si abbandona a questo arbitrio divino da cui dipende interamente. Il cristiano assumerà l’atteggiamento dell’uomo che, «avendo coscienza della sua impotenza a soddisfare le sue aspirazioni verso il regno di Dio», resta in cerca di Dio in tutti gli incontri. La vita cristiana non è la posta in gioco di una prestazione ben eseguita. Dipende dall’iniziativa divina. Il mendicante di Dio non avrà mai la sensazione di essere arrivato. Instancabilmente, avanza in cerca di Dio. Quindi accetterà senza ribellione i suoi fallimenti spirituali o altri insuccessi. Senza amarezza né classificazioni dei suoi fallimenti, lo scoraggiamento lo attanaglierà difficilmente. Capisce che la vita spirituale non è appropriarsi delle virtù, ma aprirsi all’arricchimento divino. Nessun metodo, nessuna tecnica e nessuna arte ci portano Dio, se non accettiamo di andare a lui, mendicandolo, e di meritare la beatitudine di «coloro che hanno un’anima da povero».

La salvezza ci viene dagli altri che sono per noi la presenza di Dio che chiama alla vita. Se la fede salva è perché essa svia il nostro sguardo verso un altro, dunque crea una relazione che ci strappa alla nostra solitudine mortale... Ogni volta che lasciamo la preoccupazione per noi stessi sostituendola con la preoccupazione per un altro, viviamo questa fede che è, forse a nostra insaputa, fede in Dio: «Perdere la propria vita per Cristo»... Ricevendo la vita dagli altri, ritroviamo la nostra verità originaria: non ci siamo dati la nostra vita, volerla risparmiare ci mette in contraddizione con la nostra creazione. Se si vuole essere felici, si va diritti verso la delusione, verso l’infelicità. «Se vuoi essere felice, rendi felice qualcuno!» Lo scambio da parte nostra è solamente il dono. Il ritorno del dono non dipende da noi ed è qui che si gioca la fede, il salto nel vuoto... Non si tratta di credere che l’altro ci restituirà qualcosa, che avremo una ricompensa, sarebbe voler salvare la propria vita. Se l’altro non risponde, non ha nessuna importanza, è nell’atto stesso di donare che noi troviamo «la vita». Perdere la propria vita: Cristo non esiste per se stesso ed è per questo che noi troviamo la nostra salvezza esistendo per lui; cioè per i suoi fratelli che sono anche i nostri.

Rallegriamoci di essere peccatori, ma peccatori perpetuamente perdonati, perpetuamente issati al di là del nostro peccato. Ciò che scopriamo nelle nostre confessioni valide è che sbagliamo peccato. La nostra vera colpa non erano questi atti insipidi che ci erano serviti come passatempo. Bisognava pure che ingannassimo la nostra fame. La nostra vera colpa era non avere creduto veramente all’esistenza di qualcuno che fosse capace di placare per sempre questa fame, non avere osato credere in un amore che ci dispensasse da tutte queste contraffazioni.

Il monaco non è uno che converte – è un testimone – testimone davanti a Dio in nome del mondo di cui egli è come la decima offerta in olocausto al Dio sovrano, testimone davanti agli uomini del primato dei doveri verso Dio, della ricerca di Dio e della vita in lui dentro di sé. La sua testimonianza è efficace, ma di questa efficacia egli non si preoccupa, non la cerca. Non testimonia, è testimone per il fatto stesso che egli è ciò che è. Il mondo è ciò che le grandi anime ne fanno, quelle che, in fondo a sé, hanno raggiunto Dio. È realizzando la pace in sé che si realizza la pace nel mondo. È dentro di sé che si vincono le potenze delle tenebre che percorrono in lungo e in largo il mondo e lo dominano.

Dio ci accompagna ovunque andiamo, anche nel nostro vagare, per farci trovare la via d’uscita. Dio non è contro di noi, ma con noi. Dio mescolato a noi per condurci alla nostra verità (Spirito e Verbo) e al nostro compimento. Lo Spirito è colui che ci conduce alla nostra forma definitiva... L’essenziale non è avere successo secondo i criteri della terra, ma diventare un uomo vero, un uomo che soffre, ma pieno di gioia, creatore di gioia... Non ho avuto granché nella vita, ma sono felice. Ho avuto la rivelazione della Misericordia di Dio e dell’amicizia degli uomini.           
 

Fonte: 22 01 15 Avvenire- passi dal volume Fratel Luc. Monaco e medico di Tibhirine
 

 

Ultima modifica il Sabato, 28 Marzo 2015 11:49

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