√Colombia: cessate il fuoco definitivo dopo 52 anni di violenze

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Il governo della Colombia e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie, le Farc, hanno annunciato uno storico accordo per un cessate il fuoco definitivo, dopo oltre mezzo secolo di violenze che hanno provocato più di 260mila morti, 45 mila dispersi e circa 7 milioni di profughi. Alla cerimonia di oggi all’Avana, dove da tre anni e mezzo si stanno tenendo i negoziati di pace, partecipano il Presidente colombiano Manuel Santos, il comandante del Farc, Timoleon Jimenez, e il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. In questo quadro, l’intesa può essere letta come l’ultimo passo prima di una pace duratura per la Colombia? Risponde Massimo De Leonardis, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, intervistato da Giada Aquilino

 

– Certamente. In una successione di accordi a tappe che sono iniziati negli anni scorsi, questa non è ancora la tappa definitiva, che però dovrebbe arrivare il mese prossimo quando, il 20 luglio, cadrà la festa nazionale della Colombia.

– Negli ultimi anni, è stato osservato un blocco delle ostilità. Ma quando poi potrebbe di fatto entrare in vigore il cessate il fuoco?

– Quando ci sarà la definitiva consegna delle armi da parte della guerriglia. C’è tutta una serie di accordi: c’è una amnistia che dovrebbe riguardare grossa parte dei guerriglieri, c’è un piano di riforma agraria, ci sono condizioni per il reinserimento delle forze rivoluzionarie nella vita politica, comprendente anche la nomina di alcuni senatori a vita appartenenti a queste formazioni. Quindi ci sono ancora dei passi da compiere. Sappiamo che la consegna definitiva delle armi e il reinserimento nella vita politica, anche in base a esperienze di altri movimenti terroristici e violenti come quelli irlandesi, costituiscono sempre una fase delicata.

– Come si è arrivati all’intesa? Lei ha parlato di un percorso a tappe…

– Questa guerriglia di ispirazione marxista particolarmente sanguinosa dura da 52 anni. Le ultime fasi avevano visto il Presidente Alvaro Uribe, che ha guidato la Colombia dal 2002 al 2010, cercare una soluzione militare alla guerriglia. Sembrava che il Presidente avesse il massiccio appoggio della popolazione in questa linea, perché fu rieletto dopo il primo mandato con il 63% dei suffragi e certamente le Farc subirono grosse sconfitte, che forse sono state all’origine della loro decisione di accettare il dialogo. La politica del dialogo è stata presa dal successore di Uribe, Manuel Santos, l’attuale Presidente, che peraltro era stato ministro della Difesa di Uribe, ma che iniziò questo processo di pace con un primo accordo firmato a Cuba sotto l’“egida” di Raul Castro. Inizialmente, l’accordo non fu accolto bene dalla popolazione: ci furono molte manifestazioni di piazza contrarie, l’indice di approvazione di Santos crollò al 9%, ma in seguito il processo è continuato fino ad arrivare ad oggi.

– Negli anni si è parlato di risarcimento alle vittime, ai loro parenti, al reinserimento sociale degli ex bambini-soldato… Che quadro ne esce della Colombia? Comunque di un Paese ferito…

– Certamente: è stata una guerriglia durata più di mezzo secolo, ci sono stati periodi in cui intere zone del Paese erano di fatto governate dalle Farc e, come sappiamo, i movimenti guerriglieri in genere si alimentano attraverso forme di estorsione di denaro alla popolazione o ricatti. Quindi certamente c’è da completare un lavoro di pacificazione molto serio e il modello evocato è stato quello della riconciliazione in Sudafrica.

– Papa Francesco ha più volte mostrato la propria volontà di essere vicino ai colombiani, magari anche con una tappa di un viaggio. Quanto la Chiesa cattolica è stata vicina alla popolazione, in questi anni?

– Come sappiamo, la Chiesa in America Latina ha sempre un ruolo fondamentale, importante. Ha svolto un compito di moderazione e ha sempre cercato di invitare ad agire pienamente nella legalità.

Chiesa Colombia: firma di una pace vera e non simbolica

  

"Abbiamo bisogno di un segno chiaro che la firma dell'accordo di pace sia effettiva e non solo un atto simbolico", ha detto mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo de Tunja e presidente della Conferenza episcopale della Colombia dopo che - riferisce l'agenzia Fides - è stata annunciata per oggi la firma dell'ultimo dei punti dei "Dialoghi di Pace" a Cuba da parte del governo colombiano e del gruppo guerrigliero delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane).

La popolazione vuole vedere subito gli effetti dell'accordo
"I guerriglieri devono consegnare e distruggere le armi pubblicamente", ha poi aggiunto l'arcivescovo. Mons. Castro Quiroga ha ricordato inoltre alcune notizie non verificate che si sono diffuse nel Paese sulla possibilità che i guerriglieri possano riprendere le città. L’arcivescovo si è fatto quindi interprete del bisogno di assicurazione del popolo colombiano. “La popolazione vuole vedere immediatamente gli effetti dell’accordo” ha sottolineato mons. Castro Quiroga .

Si tratta di un momento storico per la Colombia
"Le delegazioni del governo nazionale e delle le Farc informano l'opinione pubblica che hanno raggiunto un accordo sul cessate il fuoco e sulla fine definitiva delle ostilità” afferma il comunicato congiunto dei negoziatori colombiani diffuso ieri sera a L'Avana. Si tratta di un momento storico per la Colombia, visto che la firma dell'accordo significa concludere il conflitto armato che dura da 50 anni.

 

Ultima modifica il Lunedì, 27 Giugno 2016 00:25

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