Torna al Santuario di San Damiano il Crocifisso di San Damiano, la storica icona dinanzi a cui Francesco d’Assisi stava pregando quando ricevette la richiesta del Signore di riparare la sua casa. La traslazione del Crocifisso avrà luogo dal 15 al 19 giugno. La croce era custodita nella basilica di Santa Chiara in Assisi fin da quando le Clarisse vi si trasferirono dopo la morte di Santa Chiara, e in questa settimana sarà per ricollocarsi dove lo vide Francesco d’Assisi e davanti a cui pregò all’inizio della sua conversione ricevendone il mandato “Va e ripara la mia casa, che come vedi cade in rovina”. La celebrazione di apertura, mercoledì 15 giugno, sarà presieduta dal Ministro provinciale dei Frati Minori dell’Umbria, p. Claudio Durighetto, alle ore 12. Alle 18.30 la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica papale di San Pietro in Vaticano.
Il Crocifisso di san Damiano è un’icona, dipinta da un anonimo artista (probabilmente un monaco che viveva nella zona di Assisi) tra il 1000 e il 1050 d.C., prendendo ispirazione dai Vangeli canonici e dalla tradizione della Chiesa. Quella croce venne poi collocata nella chiesetta di san Damiano, fuori le mura di Assisi.
Davanti a quella croce il giovane Francesco pregava:
Altissimo glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio
e damme fede retta, speranza certa e caritade perfetta,
senno e cognoscemento, Signore
che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen” (FF 276)
Davanti a quella croce, nel 1206 il giovane Francesco d’Assisi percepì l’invito a “riparare la sua casa”. Il Crocifisso rimase a san Damiano contemplato, custodito e invocato da Chiara e dalle sue sorelle, finché visse santa Chiara (1253). Quando, nel 1257, le clarisse si trasferirono all’interno delle mura di Assisi, il crocifisso venne portato in città, nella basilica di santa Chiara, dove si trova tutt’ora.
Nella Settimana Santa del 1957 venne mostrato al pubblico per la prima volta sopra il nuovo altare nella cappella di San Giorgio nella Basilica di Santa Chiara d'Assisi. Da allora questa immagine ha avuto una diffusione imprevedibile e straordinaria.
L'Icona del Cristo
L’icona non è un’immagine decorativa qualsiasi, ma una autentica raffigurazione visibile del mistero invisibile. È una forma di presenza che aiuta a vivere l’incontro salvifico con Dio. Essa mette in contatto col mistero attraverso la via della bellezza. Nel dipingere l’icona l’iconografo presta la sua arte a Dio e si fa docile strumento dello Spirito, perché l’immagine dipinta non sia affermazione dell’uomo ma dono di Dio. Infine per raffigurare il mistero, l’iconografo deve cercare di offrire una corrispondenza tra la verità di fede e l’immagine, restando sempre dentro il solco della tradizione della Chiesa. Per questo, prima di dipingere medita i testi della Parola di Dio, quelli della grande tradizione della Chiesa e quelli della Liturgia.
Anche l'icona di San Damiano permette di vivere questo incontro personale con il Cristo Figlio di Dio che si è fatto uomo, che ha condiviso la nostra vita, è entrato nel mistero della nostra morte per aprirci la via della vita di Dio, con Dio e in Dio. Il Crocifisso contiene la professione di fede pasquale nel Cristo che si è fatto obbediente fino alla morte di Croce, che è risorto ed è stato innalzato nella gloria del Padre.
Guardando il Crocifisso con uno sguardo d’insieme dall’alto in basso, possiamo immaginare il senso complessivo di quest’opera in un invito all’adorazione, che si ispira ai cantici che troviamo nella lettera di san Paolo ai Filippesi (2,9-10) e nell’Apocalisse (5,13). Poiché il Figlio di Dio si è incarnato, fatto servo e disceso nel mistero della morte, “per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,9-10).
In alto, gli angeli adorano il Cristo innalzato, che entra nella gloria del Padre. In basso coloro che sono morti adorano il Signore della vita che li richiama alla vita. Nella fascia centrale i personaggi della storia, che partecipano all’ora della crocifissione, adorano il Figlio obbediente, che morendo dona la vita. E noi che ci troviamo di fronte alla raffigurazione di questo mistero d’amore siamo invitati a fare altrettanto, a lasciarci coinvolgere in questo movimento di adorazione, a piegare le nostre ginocchia e riconoscere che senza la sua morte in croce la nostra vita e la nostra morte sarebbero senza speranza, mentre alla luce della sua morte e risurrezione diventano passaggio “da questo mondo al Padre”, un lasciare la dimora terrena per ricevere in dono quel posto che Gesù è andato a preparare per noi, per prenderci con sé per tutta l’eternità.