√ Lahore, sciiti in piazza contro il “genocidio” della loro comunità

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Decine di musulmani sciiti si sono radunati davanti al Club della stampa di Lahore per protestare contro il “genocidio” che sta colpendo la loro comunità in Pakistan, e per chiedere giustizia per l’uccisione a colpi di arma da fuoco di quattro sciiti, avvenuta il 5 maggio scorso. Il Majlis-e-Wahdatul Muslimeen (Mwm, partito popolare sciita) ha dichiarato una giornata di lutto per gli omicidi di Dera Ismail Kahn, nella provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, in cui sono morti un avvocato e alcuni insegnanti. La polizia ha aperto indagini separate contro ignoti.

I manifestanti hanno marciato sventolando grandi bandiere verdi con strisce rosse e nere e intonando dei nohay (canti di lutto). Asad Abbas Naqwi, segretario del Mwm, ha dichiarato: “La nostra battaglia è contro l’impostazione mentale che vuole trasformare il Pese in uno Stato talebano. Le madrasse colpite da takfir (scomunica dei musulmani “eretici”) sono diventate i rifugi dei terroristi. Noi chiediamo giustizia per le famiglie dei nostri martiri”.

In questi anni vi è stato un crescendo di attacchi fra sunniti (70% della popolazione) e sciiti (20%) nel Paese. I talebani e altri gruppi militanti sunniti considerano la comunità minoritaria come “apostata”. Gli sciiti ismaeliti sono noti per la loro visione moderna dell’islam. Secondo Asad Abbas Naqwi, negli ultimi dieci anni di scontri e attentati sono stati uccisi circa 25mila sciiti.

Il rapporto 2015 della Commissione per i diritti umani del Pakistan mostra che un grande numero di cittadini sciiti è stato spostato dalla città di Quetta (Balochistan) dentro alcune enclave isolate. Lo scorso ottobre, almeno 60 persone sono morte in un attacco suicida contro una moschea sciita nella provincia di Sindh. Pochi giorni prima, un attentatore aveva ucciso 11 persone in una moschea della provincia del Balochistan.

Allama Muhammad Hussain Akbar, rettore dell’università islamica di Lahore, ha accusato l’Arabia Saudita di finanziare la violenza settaria ai danni degli sciiti. “La mia università – racconta – è stata minacciata per anni con telefonate e lettere: è una routine”.

 

Fonte: AsiaNews

 

Ultima modifica il Mercoledì, 11 Maggio 2016 16:11

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