Il 70% del minerale usato per le batterie delle auto ecologiche e dei telefoni proviene dalla Repubblica democratica del Congo. Dove l’estrazione costa poco perché i diritti dei lavoratori sono inesistenti.
Nella prima metà del XIX secolo Charles Goodyear inventò il processo di vulcanizzazione: portando il caucciù ad alte temperature con una aggiunta di zolfo si otteneva una materia relativamente elastica ma compatta, capace di deformarsi e di tornare alla sua forma originaria.
Di fatto, ai primi del Novecento re Leopoldo II del Belgio deteneva il monopolio del caucciù, dato che si era appropriato quasi totalmente del vasto territorio che costituisce il bacino idrografico del fiume Congo e che ospita la più grande foresta pluviale del mondo dopo quella amazzonica. Per soddisfare la crescente domanda europea di caucciù gli uomini del sovrano belga non esitarono a ridurre gli indigeni in schiavitù: sequestravano donne e bambini per costringere gli uomini a rispettare la consegna delle quantità necessarie e, come monito per gli altri raccoglitori, finirono per tagliare mani e piedi, o addirittura sterminare gli abitanti dei villaggi che non riuscivano a fornire abbastanza lattice. Il risultato furono migliaia di morti e di mutilazioni, fino a che un gruppo di giornalisti e diplomatici denunciarono quello che passò alla storia come un genocidio. Un genocidio che aveva aperto una nuova era, una svolta determinante per l’industria europea che fu in buona parte finanziata dall’Africa.