Inizio del Ramadan. Mons. Spreafico (Cei): “La preghiera possa liberare energie di amore e di pace nel mondo”

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Domenica 5 maggio inizia per oltre 2 milioni e mezzo di musulmani presenti nel nostro Paese il mese sacro di preghiera e digiuno del Ramadan. L’augurio di mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione Cei per il dialogo: “Spero che sia un’occasione perché davanti a Dio si riscoprano le ragioni della pace per tutti, indistintamente”.

“Mi auguro che la preghiera di questo mese possa liberare energie di amore e di pace nel mondo”. È “l’augurio” che monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, formula quest’anno ai fratelli e alle sorelle musulmani che vivono in Italia e che da domenica 5 maggio entrano nel mese sacro del Ramadan. Un periodo di preghiera e digiuno che terminerà il 3 giugno con la Festa della Rottura, chiamata Aid Al Fitr. I musulmani in Italia sono circa 2,5 milioni, pari al 4% della popolazione. Secondo una ricerca del Centro Studi “Confronti”, il Ramadan sarà vissuto nei luoghi di culto islamici che in Italia oscillano attorno agli 800 e i 1.250. Considerando che ogni imam spesso guida più di una sala di preghiera, si può affermare che siano circa 1.000 gli imam presenti nel nostro Paese.

Mons. Spreafico, cosa vuole dire ai musulmani che vivono nel nostro Paese? 

Direi un popolo di cui la maggior parte sono italiani. Alcuni per residenza e alcuni per cittadinanza. Penso, per esempio, ai musulmani di Frosinone, provenienti per lo più dal Marocco, in Italia da tanti anni e pienamente integrati. Mi sembra quindi di poter dire che il processo di integrazione per tanti è avvenuto, a differenza anche di altri Paesi europei a conferma forse anche del fatto che le nostre città non sono così ostili a questa presenza come invece tante volte si paventa e si dice.

In quale contesto cade quest’anno il Ramadan?

In questi ultimi mesi, abbiamo avuto, secondo me, due eventi importanti che hanno riguardato la nostra Chiesa e Papa Francesco. Il primo è sicuramente l’evento di Abu Dhabi con la firma del Papa e del Grande Imam di al-Azhar Al Tayyeb del documento sulla fratellanza umana per la pace e la convivenza comune. È stato un passo molto significativo, forse poco evidenziato, che deve accompagnare questo mese di preghiera e di digiuno da parte dei musulmani e deve anche caratterizzare la nostra vicinanza e solidarietà di cristiani alla comunità musulmana perché questo documento diventi un vero messaggio per la convivenza, per la pace, per l’incontro.

E l’altro evento?

È il viaggio del Papa in Marocco e l’incontro con il Re Mohamed VI e il popolo marocchino. Papa Francesco ci aiuta a capire che se vogliamo vivere in pace nel mondo bisogna incontrarci e dialogare. Il dialogo non è rinuncia all’identità. Anzi… Coloro che dialogano sono capaci di farlo solo se sono identitari. Come ho già detto tante volte, l’identità forte accetta e sa misurarsi con la differenza.

L’identità debole è di chi invece rifiuta di confrontarsi con gli altri.

In questo senso Papa Francesco ma anche la nostra Chiesa mostrano una grande identità e lanciano in questo mondo complesso, difficile e pieno di tante paure, un messaggio che sa andare al di là dei muri, aiutando a gettare nelle società semi di convivenza e pacificazione universale.

Prima la strage nelle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda. Poi gli attacchi alle chiese e agli alberghi in Sri Lanka nel giorno di Pasqua. E infine la sparatoria in una sinagoga di San Diego, negli Stati Uniti. Non c’è poi una grande differenza tra “suprematisti” e “terroristi”. Perché attaccare uomini e donne in preghiera? 

Credo che siamo di fronte a identità malate, identità che vogliono lo scontro, che pensano di vivere, di crescere in maniera identitaria scontrandosi con gli altri. Ma una identità che si scontra, che uccide, che elimina, che crea muri non sarà mai una identità vincente. Da cristiani, Gesù ce lo mostra e ordina a quel suo caro amico e discepolo di rimettere la spada nel fodero. La violenza provoca solo violenza. È drammatico ogni volta assistere a questi attacchi contro uomini e donne in preghiera.

Quale il suo augurio per questo mese di Ramadan?

Spero che questo mese di Ramadan sia anche una occasione perché davanti a Dio si riscoprano le ragioni della pace per tutti, indistintamente. Siamo diversi ed è molto facile oggi vivere nella paura. Ma la preghiera, il digiuno, l’avvicinarsi a Dio ci liberano dall’assolutizzazione di noi stessi e da quei muri che ci rendono ostili per aprirci all’altro. Una preghiera vera e sincera non può che liberare energie di pace e di amore nel mondo.

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