La Comunità internazionale e la promozione dei diritti della donna

La Conferenza mondiale dell'anno internazionale delle donne a Città del Messico (1975) La Conferenza mondiale dell'anno internazionale delle donne a Città del Messico (1975)
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È doveroso educare ad ogni livello alla dignità dell’uguaglianza di genere, se si vuole dare senso ad una società e ad un’umanità realmente civile.

Uno dei movimenti che ha caratterizzato il XX secolo è stato quello dell’uguaglianza di genere. Nella legislazione dei Paesi occidentali il pari godimento di diritti umani è un principio assodato, riaffermato nella dichiarazione di Vienna (1993) e adottato già nel 1993 da 171 Stati partecipanti alla Conferenza mondiale sui diritti umani e ribadito dalle Conferenze organizzate dall’Onu, a cui partecipò sempre una delegazione della Santa Sede, al Cairo nel 1994, a Copenaghen e a Pechino nel 1995.

Nel 2000 per la prima volta anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato un punto di vista di genere nella risoluzione 1325 sul tema dei conflitti e dell’impegno per la pace. Vi è da dire che nessuno di questi principali documenti ha un valore vincolante, però grazie a queste doverose prese di coscienza sul piano internazionale ed etico questi documenti hanno rappresentato una qualificata indicazione politico-sociale per molti Paesi.

Va ricordato che la prima Conferenza mondiale che le Nazioni Unite hanno convocato fu quella di Città del Messico nel 1975 - dal 19 giugno al 2 luglio - in occasione dell’apertura dell’Anno Internazionale della Donna. Alla tribuna delle Organizzazioni non governative (Ong) parteciparono quattromila donne.

Per questa prima Conferenza mondiale sui diritti delle donne, le Nazioni Unite richiesero a Paolo VI un messaggio che egli inviò alla signora Helvi Sipila, segretaria generale della Conferenza mondiale, auspicando che la Comunità internazionale «assicuri concretamente la piena integrazione delle donne nello sforzo globale di sviluppo e di riconoscere e incoraggiare il loro apporto al consolidamento della pace» [1].

Paolo VI nel 1973 costituisce una Commissione di Studio sulla donna nella società e nella Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, per dare una risposta alle tante violazioni dei diritti delle donne, soprattutto disattesi nei Paese in via di sviluppo. 

Si preoccupa, Paolo VI, anche per la situazione della donna nella società urbana dei Paesi occidentali e si appella alla Comunità Internazionale e alle varie Istituzioni perché si rediga «uno statuto delle donne che faccia cessare quella discriminazione effettiva e stabilisca dei rapporti di uguaglianza nei diritti [della donna] ed il rispetto della sua dignità» [2].

Se la Conferenza mondiale di Città del Messico rappresentò il momento della presa di coscienza e dell’impatto delle donne del nord del mondo con i problemi delle donne del sud, il forum del 1985 a Nairobi ha focalizzato il tema dello sviluppo, avendo come uno dei qualificanti riferimenti la Populorum Progressiodi Paolo VI, l’uguaglianza e la pace. A questa Conferenza parteciperanno più di 14mila donne provenienti da più di 150 Paesi.

Una particolare attenzione va posta alla Conferenza di Pechino (del 1995) dove è stata approvata la “Piattaforma di Azione”, che è il testo politico più rilevante e tuttora più consultato dalle donne impegnate alla tutela dei loro diritti-doveri di tutto il mondo. Qui appunto si richiede ai vari Stati un impegno orientato al «rafforzamento del potere di azione delle donne e del progresso incluso il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di opinione, contribuendo in tal modo a rispondere ai bisogni morali, etici, spirituali ed intellettuali di uomini donne, a livello individuale e collettivo, garantendo loro la possibilità di realizzare appieno il loro potenziale nella società e di poter vivere secondo le proprie aspirazioni».

Per l’applicazione della “Piattaforma” ogni anno la Commissione Onu sulla condizione della donna (Csw) ha preso in esame ed ha approvato delle «conclusioni concordate» su ciascuna delle dodici aree critiche [3] individuate a Pechino.

Nel 2000 si è tenuta la Sessione speciale dell’Assemblea generale dell’Onu sulla revisione della “Piattaforma di Pechino”, anche per una valutazione circa la recettività e i provvedimenti di promozione e tutela delle «aree critiche» delle donne. Negli anni successivi la Comunità internazionale ha continuato a tenere viva l’attenzione affinché l’uguaglianza di genere fosse promossa e tutelata.

Nonostante l’impegno di indirizzo e la forza morale e politica dei pronunciamenti a favore della dignità delle donne, in molti Paesi, a causa di un certo relativismo che sostiene l’idea della non esistenza dei diritti umani universali o che al limite questi sono specifici di ogni cultura e da essa sanciti, persiste ancora un vulnus al diritto per ogni donna all’uguaglianza e alla dignità in quanto persona.

Vi è poi il triste fenomeno del femminicidio che è una violazione “fai da te” della dignità della donna e dei suoi diritti, dovuta ad una sopraffazione violenta, offuscata da un criterio di possesso e non di dignitosa relazione. È doveroso educare ad ogni livello alla dignità dell’uguaglianza di genere, se si vuole dare senso ad una società e ad un’umanità realmente civile.

* Vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste

NOTE:

[1] Paolo VI, La Chiesa e l’anno internazionale della donne, 1975 p.34

[2] Paolo VI, lett ap. Octogesima adveniens

[3] Ecco i titoli delle dodici aree: donne e povertà, istruzione e formazione, donne e salute, violenza contro le donne, donne e conflitti armati, donne ed economia, donne e processi decisionali, meccanismi istituzionali per il progresso delle donne, diritti umani delle donne, donne e media, donne e ambiente, le bambine

Ultima modifica il Lunedì, 11 Marzo 2019 08:14

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