Mons. Arellano: apprendiamo dai popoli indigeni il giusto rapporto con il Creato

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L’Osservatore permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni e gli Organismi delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura è intervenuto al IV foro dei popoli indigeni promosso dall’Ifad

I popoli indigeni sono “autentici interlocutori che con il loro stile di vita ci istruiscono correttamente su un rapporto armonioso e fecondo tra gli esseri umani e la natura, ricordandoci, in particolare, che l’uomo non ha un potere assoluto sulla Creazione”. Così mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, è intervenuto alla IV riunione mondiale del foro dei popoli indigeni a Roma.

Entrare nella natura senza distruggerla

Alla vigilia dell’incontro di domani di Papa Francesco alla Fao con i partecipanti alla 42.ma Assemblea del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo delle Nazioni Unite, il diplomatico della Santa Sede ribadisce come l’uomo faccia parte della Creazione e debba amministrarla, non devastandone le risorse, ma gestendole con rettitudine e apertura mentale”. “I popoli indigeni”, spiega mons. Arellano, sono infatti “depositari di ricche tradizioni spirituali e culturali” e indicano in che modo si debba trattare correttamente la Terra. “Prendersi cura”, “proteggere” e “rispettare” sono i verbi che questi popoli hanno fatto propri con il loro stile di vita, grazie al quale “sono entrati nei tesori della natura senza distruggerli o rovinarli”.

Il degrado ambientale e quello etico

Per questo la Santa Sede, continua mons. Arellano, ha fatto sentire la sua voce, “chiedendo progetti, misure e disposizioni efficaci per conservare il nostro pianeta e proteggere la natura creata da Dio”. Quando l’uomo non si prende cura del Creato, “non favorisce i suoi simili”, perché, come è scritto nell’enciclica Laudato Si’, il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente legati. L’enciclica, spiega ancora, è stata scritta da Papa Francesco proprio per incoraggiare “l’umanità a superare il ritiro su se stessa e una visione antropologica dispotica e chimerica, in cui si pensa che tutto è alla nostra mercé e dipenda dall’esercizio della nostra libertà e da una volontà capricciosa e sfrenata”.

La Creazione non è il risultato di una decisione umana

“Il Creato”, infatti, “non è uscito dalle nostre mani, ma ci precede”. “La Terra non è la conseguenza della nostra strategia o dei nostri calcoli e non è il risultato di una decisione umana”, ribadisce mons. Arellano. È invece “un dono che riceviamo, un dono del Creatore che ci affida. Quando l’umanità non si prende cura della casa che la ospita, è la vita umana stessa ad essere in pericolo”.

Progresso al servizio dell’uomo

L’invito di Papa Francesco è quindi quello di superare il campo della retorica ed agire. “È giunto il momento di porre fine all’abitudine di guardare da lontano alle sofferenze dei poveri”, spiega il diplomatico, e “di pensare ad uno sviluppo al di fuori della solidarietà o alla risoluzione di questioni ambientale”. Se questa compassione non esiste, “quello che oggi si chiama ‘progresso’ dovrebbe essere chiamata ‘regressione’. Se l’uomo progredisce sono nella tecnologia, nella scienza, nelle telecomunicazioni, nell’informatica e nella medicina, ciò che aumenta è la sua erudizione, ma non la sua umanità”.

Un invito alla sobrietà

La preoccupazione per l’ambiente, poi, “richiede misure a volte onerose perché limitano tutta una serie di comfort, la maggior parte dei quali sono superflui, ma che purtroppo a volte sono diventati nuove schiavitù, soprattutto per i cittadini dei Paesi più sviluppati”. Un invito alla sobrietà, che non è disprezzo dei beni, precisa mons. Arellano, “ma un primo apprezzamento dell’amore di Dio per il prossimo”.

L’impegno di tutti.

La Laudato Si’, conclude, “è una scommessa sulla speranza”, una “summa ecologica da cui attingere idee per affinare l’orecchio al grido di una terra che geme e dei poveri che gridano e di fronte ai quali non possiamo rimanere indifferenti”. “Per questo c’è bisogno di tutti: governi, organizzazioni internazionali, ma anche i singoli individui. Siamo tutti responsabili e la conversione personale è il primo requisito”.

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