Cooperazione e senso di responsabilità per fermare la tratta di persone

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Gli Orientamenti pastorali sulla Tratta di persone” indicano che per combattere il “flagello atroce” bisogna andare alle radici del fenomeno – che sono di sfruttamento economico – evidenziando la responsabilità giuridica e morale di chi “compra”, convincere Stati e istituzioni ad aiutare e difendere le vittime.

Combattere il “flagello atroce” della tratta delle persone, moderna schiavitù, richiede collaborazione e mobilitazione internazionali che vadano alle radici del fenomeno – che sono di sfruttamento economico – evidenzino le responsabilità anche di chi “compra” il “prodotto”, convincano Stati e istituzioni ad aiutare e difendere le vittime, promuovano sensibilizzazione e formazione di chi può opporsi.

E’ quanto evidenziano gli “Orientamenti pastorali sulla Tratta di persone”, documento della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale, presentato oggi insieme al volume “Luci sulle Strade della Speranza - Insegnamenti di Papa Francesco su migranti, rifugiati e tratta”.
Gli “Orientamenti” vogliono fornire un supporto a quanti operano, a partire naturalmente dalla Chiesa che, ha detto papa Francesco, “vuole proteggerli dall’inganno e dall’adescamento; vuole trovarli e liberarli quando vengano trasportati e ridotti in schiavitù; vuole assisterli una volta liberati”. “Tutti i cattolici sono chiamati a impegnarsi in prima persona per rendere la società più giusta, rispettosa e inclusiva, eliminando tutte le forme di sfruttamento, specialmente quelle più spietate”.

All’origine della tratta, rileva il documento, alla fin fine c’è uno sfruttamento degli altri. “perversamente, ma silenziosamente accettato come un mezzo per ottenere piacere e guadagno personale” e la catena di comportamenti criminali – e di peccati gravi – che lo rendono possibile. “Il continuo incremento della competitività dei mercati costringe le imprese a tagliare il costo del lavoro e ad acquisire le materie prime al costo più basso possibile. Spesso i lavoratori non hanno altra scelta che firmare contratti che prevedono condizioni di sfruttamento”.

“Nel dibattito pubblico si è soliti porre molta attenzione sui trafficanti, i quali costituiscono la parte dell’‘offerta’”. “Si dice poco sui “consumatori”, i quali costituiscono la parte della ‘domanda’, che i trafficanti intendono soddisfare. Considerando le diverse aree in cui lavorano o operano le vittime della tratta di persone (agricoltura, lavoro domestico, prostituzione, ecc.), i consumatori costituiscono un’enorme massa, che sembra rimanere in gran parte inconsapevole dello sfruttamento delle vittime di tratta, pur godendo dei benefici e dei servizi che queste forniscono”.

Proprio il fatto che causa profonda della tratta è lo sfruttamento di persone per motivi economici fa sì che per eliminarla “la società stessa dovrà cambiare”, “tutti dovranno semplificare i propri bisogni, controllare le proprie abitudini e tenere a freno i propri appetiti”. E, quindi, “i fenomeni economici, sociali e culturali da cui prendono forma le società moderne devono essere sottoposti ad un profondo giudizio etico”. “È essenziale proteggere la dignità della persona umana, specialmente offrendo reali opportunità per lo sviluppo umano integrale e attuando politiche economiche che favoriscano la famiglia”. Papa Benedetto XVI affermava che “su questo argomento la dottrina sociale della Chiesa ha un suo specifico apporto da dare”.

Visto che all’origine della tratta c’è una domanda del “mercato” per ridurla “è necessario che l’accertamento delle responsabilità, il suo perseguimento e la condanna dell’intera filiera dello sfruttamento, siano assicurate, dai reclutatori ai consumatori”. Così, in materia di sfruttamento di tutte le forma di “servizi sessuali”, compreso il cyber-sex su internet, “gli Stati dovrebbero considerare la possibilità di criminalizzare chi approfitta della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale”.

Altro aspetto della questione è il fatto che “le vittime della tratta sono spesso manipolate e intrappolate in schemi psicologici che non gli permettono di fuggire, di chiedere aiuto o persino di avere una chiara comprensione della loro condizione - passata ma anche presente - di vittime di attività criminali”. Ciò richiede che coloro che si occupano di loro, “ufficiali di polizia, procuratori, autorità giudiziarie, operatori sanitari e sociali”, abbiano le nozioni necessarie per “individuare e trattare le vittime della tratta con la competenza, la discrezione e la sensibilità necessarie”.

Il documento rileva poi che anche se tratta delle persone e migrazioni sono realtà distinte, “politiche di immigrazione sempre più restrittive” fanno sì che coloro i quali favoriscono la migrazione irregolare finiscono col favorire la tratta, approfittando della situazione di debolezza delle persone. In ogni caso, “la forma di prevenzione più radicale è assicurare il diritto a rimanere nel proprio paese e luogo d’origine, assicurando a tutti l’accesso ai beni di prima necessità” o favorendo una migrazione “sicura e ordinata”.

Ultimo punto, è il reinserimento delle vittime della tratta. “Dovrebbe essere assicurato un ritorno sicuro, assistenza adeguata nel luogo d’origine e un’efficace protezione contro l’eventuale ricaduta nelle reti della tratta o una possibile azione di rappresaglia o minaccia da parte dei trafficanti. Bisogna mettere a disposizione servizi a sostegno dei sopravvissuti e delle loro famiglie. La formazione al lavoro e l’accesso all’occupazione sono molto importanti. Senza un pieno reinserimento, il terribile ciclo della TP non verrà interrotto; e non finirà lo stigma e la sofferenza”. (FP)

Il documento integrale è qui

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