Card. Betori: per La Pira i poveri come fratelli con cui condividere tutto

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Sindaco di Firenze, politico, studioso, uomo di fede e preghiera, costruttore di pace nel mondo. Così il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, "dipinge" la figura di Giorgio La Pira in occasione del 40.mo anniversario della sua morte. Stamani il porporato  ha presieduto la Messa nella Basilica di San Marco, a Firenze. A conclusione un omaggio sulla tomba di La Pira, che si trova nella stessa Basilica.

Per Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni 1951-1957 e 1961-1965, è in corso il processo di beatificazione. Fondamentale per lui era portare "il pane e la grazia" alla gente, cioè rispondere alla domanda sulla fede e anche ai bisogni materiali delle persone. Sulla sua figura e sul processo di beatificazione si sofferma, appunto, il cardinale Betori nell'intervista di Debora Donnini. 

D. – Una delle espressioni più note di Giorgio La Pira è proprio abbattere i muri e costruire i ponti, un’espressione che oggi è di grande attualità. Costituisce un monito per il nostro mondo?

R. - La sua propensione al dialogo era ad allacciare un rapporto con chiunque, anche le persone ideologicamente più lontane ma, farlo, a partire da una precisa identità propria. Egli andava a Mosca, al Cremlino a parlare con Krusciov; gli parlava della Madonna di Fatima, di Dio, gli portava le immagini della Madonna …

D. - Per quanto riguarda l’eredità di La Pira c’è anche un aspetto particolare: ha vissuto da povero. È stato sindaco di Firenze, ma ha vissuto da povero ed è morto povero. Questo aspetto della povertà e del vivere l’impegno nella vita politica e civile del Paese come una vocazione, quale significato ha oggi?

R. - La stanza in cui viveva era una cella con un lettino di ferro, nel monastero dei domenicani a San Marco, aveva una piccola scrivania, poche cose, povertà assoluta. Era famoso anche per il fatto che se aveva un cappotto lo indossava per poco tempo, perché il povero che lo incontrava ne sarebbe stato il destinatario. Quindi, bisognava rivestirlo continuamente. Qui a Firenze, fin dall’inizio, egli volle una Messa del povero: la Messa di San Procolo, che si celebra ancora ogni domenica, oggi, nella chiesa dell’Abbadia fiorentina. Alla fine della Messa, spiegava ai poveri le grandi vicende del mondo, condivideva con loro il pane. Questa idea quindi che i poveri avevano diritto al pane, all’Eucarestia, alla fede, alla conoscenza delle vicende del mondo, credo sia un grande messaggio. E questo lo rende molto vicino al pensiero di Papa Francesco che – anche lui – ha questa idea del povero non come destinatario della nostra ricchezza, ma come un fratello con il quale condividere tutto quello che abbiamo, a cominciare dalla fede.

D. - Per Giorgio La Pira è in corso la causa di beatificazione …

R. - Sì. La diocesi di Firenze, subito dopo la morte, pensò che fosse opportuno portare quest’uomo come modello di vita cristiana: un laico, impegnato nella politica e nell’amministrazione, cose non facili da mettere insieme in una stessa persona. Il processo si è concluso dieci anni fa, a livello diocesano; poi la causa è sta spostata a Roma, dove avviene l’esame finale delle virtù. Lì, è stato riassunto tutto il materiale che era stato prodotto per la causa nella cosiddetta Positio, che proprio poco tempo fa è stata consegnata alla Congregazione per le Cause dei Santi. Noi speriamo che a breve possa passare all’esame dei consultori teologi. Il Santo Padre mi ha fatto il dono di saltare un altro passaggio, di solito previsto: quello di un esame della commissione dei consultori storici perché la posizione storica della vita di La Pira è ben conosciuta, non ha bisogno di ulteriori approfondimenti. Quindi andremo direttamente all’esame dei teologi, che dovranno accertare l’eroicità e le virtù di quest’uomo, per poi passare infine - l’ultimo passaggio – all’esame dei vescovi e dei cardinali, che appunto, presenteranno il loro votum al Papa, sperando che possa avvenire quanto prima questo riconoscimento che porterà La Pira ad essere riconosciuto come venerabile per tutta la Chiesa nel mondo.

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