P.Luigi Soletta, in Giappone il sole splende a mezzanotte

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Il 4 aprile scorso è morto all’età di 86 anni il padre Luigi Soletta (1929-2016), missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere in Giappone per quasi 40 anni. Dopo il Concilio  Vaticano II, assieme ad altri due missionari del Pime, riceve l’incarico  di approfondire il dialogo col mondo buddista, alla ricerca dei “semina Verbi” (semi del Verbo), che lo Spirito Santo ha diffuso nelle culture e religioni dei popoli, per prepararli all’incontro col Verbo di Dio, Gesù Cristo.  Padre Luigi aveva tutte le qualità di mente e di cuore per questo impegno e lo vive con grande passione e dedizione. Studia, insegna e pratica lo Zen, traduce una dozzina di importanti opere classiche della letteratura giapponese, ad esempio “Il Codice segreto del Samurai” (Hagakure), un testo sacro del 1600 che raccoglie l’antica saggezza del Samurai, scritto in giapponese antico, molto difficile. Soletta lo traduce in giapponese moderno e nel 1993 lo stampa in Italia con l’editrice Ave. Una favorevole recensione di mons. Gianfranco Ravasi su “Il Sole 24 Ore” presenta e raccomanda il volume, per capire in profondità la mentalità dei giapponesi.  L’ultima delle edizioni, tre anni fa, è con la Einaudi.

“Il Codice segreto del Samurai” era già conosciuto, ma con la traduzione in giapponese moderno “è diventato nel Sol Levante il libro più celebre e controverso di ogni epoca”, secondo il parere di esperti. Per un motivo politico. All’inizio della Seconda guerra mondiale venne adottato dal nazionalismo trionfante come ispirazione e guida ai giovani giapponesi, per dare la loro vita come “kamikaze” a servizio della Patria. Di qui il dibattito che il volume ha suscitato nel nostro tempo su un tema molto sentito, il riarmo e il nazionalismo militarista.

In realtà, “Il Codice segreto del Samurai” è una raccolta di aforismi che rivelano i valori di riferimento del Samurai, le virtù umane della tradizione giapponese: l’amore alla Patria, l’ideale del servizio e dell’obbedienza (nel caso del Samurai al suo signore, il “Daimio”), l’amore disinteressato per il prossimo, il dominio delle passioni, il mettersi in gioco per una causa nobile, lo spirito di umiltà e povertà, l’amore per la natura nella quale si rivela la divinità che ha creato l’universo, ecc. Una curiosità: il famosissimo romanzo di Susanna Tamaro “Va’ dove ti porta il cuore” prende il titolo proprio da un brano dell’Hagakure, come la stessa autrice rivelò in occasione di un suo viaggio in Giappone anni fa.

Padre Soletta ha sofferto molto perché le sue “perle di saggezza orientale”, che lui leggeva come “semi del Verbo” nella cultura giapponese, una specie di “fioretti” francescani, sono state e sono ancora usate per la propaganda dell’ideologia nazionalista e militarista.  Quand’era già tornato in Italia, pubblica “Il sole splende a mezzanotte” (Emi, 2009), la sua autobiografia dopo 40 anni di studi del buddismo e dialogo interreligioso, dalla quale emerge un sacerdote di profonda spiritualità evangelica e un missionario aperto a tutti i valori umani e religiosi dei giapponesi. Il titolo del libro è di un monaco zen e simboleggia l’illuminazione che padre Luigi ha raggiunto, dopo un lungo cammino di ascesi e di meditazione, grazie alla quale è possibile sognare un sole che splende a mezzanotte. In un’intervista a “Mondo e Missione”, lamenta che il volume è criticato da chi, “vedendo la copertina e sfogliando distrattamente il libro, pensa che sia dedicato allo zen. Certo, io mi sono appassionato al Giappone e alla sua cultura. Ma a me stanno a cuore soprattutto Cristo e il Vangelo, che io ho cercato di annunciare al popolo giapponese e tra l’altro cerco di mostrare la sintonia profonda tra alcuni aspetti della spiritualità zen e quella cristiana”.

Nel nostro mondo secolarizzato e materialista questa passione per la cultura e religiosità giapponese in un missionario può apparire eccentrica o superflua, ma i missionari sono spesso profeti che preparano i ponti per un incontro fra popoli e culture, per giungere ad un umanesimo con valori comunemente accettati, che per noi cristiani hanno come fondamento la persona di Gesù Cristo e il suo Vangelo. Nelle altre culture e religioni esistono già i “germi del Verbo”, i valori con i quali è possibile incontrarci, per giungere ad un umanesimo condiviso.

Nell’autunno 1986 ho visitato il Giappone per la seconda volta e ho incontrato padre Soletta nella casa del Pime a Tokyo. Una sera abbiamo parlato a lungo e gli ho manifestato la mia ammirazione per la passione e la tenacia con cui perseguiva il suo sogno, di trovare nella cultura e religiosità naturale del Giappone “i germi del Verbo” che permetteranno a quel popolo di incontrare facilmente Gesù Cristo.  Poi gli ho chiesto: “Ma quali sono gli ostacoli a questo incontro?”.  E lui mi dice: Vieni a trovarmi e te lo farò vedere in concreto”.

Padre Soletta era cappellano di un convento di suore a Kamakura, con una piccola chiesetta vicino al grande tempio della dea buddista Kannon (la dea della misericordia), il “tempio dei bambini non nati”. Sulla collina attorno al tempio, nei vialetti del bosco ci sono centinaia di statuette del Budda, simbolo del loro bambino. Le donne che hanno abortito lo offrono al tempio, vestendolo come avrebbero voluto vestire il bambino, a volte con un giocattolo in mano o vicino. Ho visto giovani coppie portare queste statuette, sistemarle nel tempio o nei dintorni, chiedono perdono, bruciano incenso, fanno prostrazioni. Usanza commovente che non è solo un rito, ma l’espressione di un’esigenza di perdono, che purtroppo non ha risposta.

 “L’aborto, dice p. Luigi, è sentito come una colpa grave e i non cristiani, che non conoscono il Dio della misericordia e del perdono, a volte sono oppressi da un forte senso di colpa. Pensano che i bambini non nati non hanno pace, vagano per la città e i campi in attesa di reincarnarsi in un’altra vita. I genitori non riescono a dar loro pace. A volte vengono da me mamme e papà non cristiani, mi dicono che hanno fatto un aborto e mi chiedono se è vero che il Dio dei cristiani perdona questa colpa. Dopo tanti anni di Giappone, credo che in Oriente le malattie nervose sono più comuni che in Occidente proprio a causa di questa visione pessimistica di Dio, che non conoscono e pensano che non perdona. Forse è vero che la difficoltà maggiore per i giapponesi di convertirsi a Cristo è il dovere di perdonare le offese ricevute, perché nella loro tradizione la vendetta è un atto sacro e si tramanda di padre in figlio! Alle coppie che hanno abortito e vengono da me, dico loro che il Dio dei cristiani perdona e spiego come e perché. Poi dò loro una benedizione solenne e li mando in pace”.

Fonte: AsiaNews

 

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