“Dio ha tanto amato gli uomini che ha dato loro il suo figlio” e così il verbo si è fatto fratello.
“Fratello di Abele e anche di Caino fratello di Isacco e di Ismaele, fratello di Giuseppe è anche degli altri che lo hanno venduto fratello di Pietro di Giuda dell'uno e dell'altro”(Christian De Cherge).
Per Christian De Cherge (martire di Tiberin) il verbo si è fatto fratello dell'ebreo (fratello di Isacco) dei musulmani (fratello di Ismaele) con la venuta nel nostro mondo di Gesù Cristo, dice Christian, è iniziata una fraternità nuova e universale.
In nome di questa fraternità universale, nel pomeriggio di Pasqua si è fatto grande festa nel salone della parrocchia di Oujda con i nostri fratelli Mussulmani. Anche oggi li ospitiamo in occasione della festa della Eid, festa grande per i nostri fratelli Mussulmani, quando termina il Ramadan.
Tutti assieme ci siamo uniti per dare gloria all’unico Dio che ama tutti gli uomini. La festa della Eid si svolge così: al mattino presto ci si alza per pregare e questa dura un’ora (lodi, ringraziamenti, canti e prostrazioni) poi si prepara la sala del banchetto e all’ora convenuta, verso le dodici, si inizia il pranzo.
Il pranzo è stato preparato in anticipo per poter stare tutti assieme il giorno di festa. È bello vedere questi giovani che si improvvisano cuochi, inservienti e poi uomini delle pulizie, tutto è fatto in famiglia.
Dopo il pranzo la festa continua fino a sera. Musica e danze africane si succedono al ritmo che noi diremo di discoteca.
Il mese di Ramadan è stato lungo ed è faticoso viverlo con fedeltà: ci si alza la mattino presto per poter mangiare un po’ e poi digiuni tutto il giorno fino alle 18, quando il Muezim annuncia la rottura del digiuno, per mangiare ancora un altro frugale pasto. Durante il giorno scuola, lavoro e preghiera.
E’ difficile a parole esprimere la gioia che manifestano questi giovani nel ritrovare tutta la loro umanità e nel vivere la festa come a casa loro in famiglia. Loro hanno passato lunghi mesi di deserto e di incontri con persone che hanno tolto loro tutto compreso la voglia di vivere. Hanno vissuto tempi nei quali era rimasta loro solo la speranza in Dio che li ama e li protegge. Oggi possono ringraziare questo Dio con il cuore e con la gioia di chi si sente ancora pronto a vivere i propri sogni; con lo stesso coraggio con cui sono partiti da casa salutando i loro genitori, fratelli e sorelle. Domani, dopo la festa, molti si metteranno in strada per il lungo viaggio che ancora li aspetta prima di poter raggiungere la meta dei loro sogni. Per noi Missionari della Consolata di Oujda, il servizio missionario è precisamente questo: consolare, ridare speranza, pregare Dio con e per i giovani migranti che approdano nella nostra fraternità.
* Giuliani Francesco è Missionario della Consolata che lavora con migranti a Oujda (Marocco)