L'11 maggio 1925 padre Giuseppe Allamano scrisse una lettera ai suoi missionari che erano sparsi in diverse missioni. A quel tempo i missionari della Consolata erano già in Kenya, Tanzania, Etiopia e Mozambico. Il Fondatore era quasi alla fine della sua vita terrena e l'anno successivo si sarebbe avviato verso il paradiso.

In quella lettera, padre Allamano esprimeva la sua gioia per la beatificazione di suo zio padre Giuseppe Cafasso, che lui considerava un dono speciale per l'Istituto a causa della sua vita esemplare di servizio.

Padre Allamano scriveva: "Sento il bisogno di aprirvi il mio cuore, pieno come è di profonda consolazione per la solenne beatificazione del nostro padre Cafasso". Era chiaro che padre Allamano era pieno di esultanza, visto lo sforzo che aveva messo per vedere beatificato padre Cafasso. Per questo il Fondatore scriveva: "Voi sapete quanto ho desiderato questo giorno e quanto ho fatto per renderlo possibile. Finalmente, dopo 30 anni di cure e di lavoro, ho potuto vederlo, e nella pienezza della mia gioia devo manifestare i miei sentimenti a voi, che siete la mia corona e avete sempre condiviso tutte le mie pene e le mie gioie" (cf. Lettere X, 284-285). Le parole del Fondatore rivelano non solo la sua gioia per il glorioso evento, ma anche l'affetto per i suoi missionari, ai quali si riferisce come "la sua corona".

Oggi, 99 anni dopo, siamo in trepidante attesa della canonizzazione del Fondatore, che avrà luogo il 20 ottobre 2024, egli che considerava la beatificazione dello zio come una profonda consolazione del suo cuore. Ogni missionario e missionaria della Consolata si sente come si sentì il Fondatore dopo quel grande evento. La sua celebrazione dell’evento della beatificazione di padre Cafasso era un'espressione del suo desiderio di vederlo canonizzato. Naturalmente, il Fondatore sapeva che ciò sarebbe stato impossibile durante la sua vita. Per questo parlava della beatificazione come di una consolazione. Era un passo che confermava tutto quello che aveva detto per anni: che padre Cafasso era un modello di santità.

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Zio e Nipote: San Giuseppe Cafasso e il Beato Giuseppe Allamano

Per noi, ancor prima della sua canonizzazione, la notizia dell'approvazione del miracolo che avrebbe portato alla sua canonizzazione era già un grande evento. Ecco perché senza dubbio ci sentiamo consolati già prima dell'evento.

Nella epistola di san Giovanni leggiamo: "Amati, noi siamo già figli di Dio. Ma ciò che saremo in futuro non è ancora stato rivelato. Sappiamo bene, però, che quando apparirà, saremo simili a lui perché lo vedremo come realmente è” (1 Gv 3,2).

Dobbiamo vivere la nostra vita cristiana come partecipi del banchetto celeste dell'Agnello. In altre parole, la nostra vita non deve essere una felicità rimandata. Anche se aspettiamo il compimento del regno di Dio nei cieli, la nostra vita dovrebbe riflettere la gioia di coloro che stanno già godendo di essere figli e figlie di Dio. È questo che intendeva il nostro Fondatore quando diceva: "Insegnate alle persone una religione che, oltre a promettere il paradiso, renda felice la loro vita in questo mondo". Il Fondatore stesso viveva questa massima. La santità era la sua seconda natura.

Le parole di padre Allamano su quanto ha fatto per vedere realizzata la beatificazione dello zio, riflettono lo sforzo che molti missionari hanno fatto in tutto ciò che è stato compiuto nel processo di canonizzazione. Come padre Allamano desiderava vedere la beatificazione di suo zio Cafasso, anche noi desideriamo vederlo canonizzato. Come lui, abbiamo pregato, meditato e anche condiviso la sua spiritualità con altre persone nelle missioni. Nel nostro sforzo di farlo conoscere e di far sì che il nostro carisma continui a plasmare la vita dei figli di Dio, abbiamo incorporato i missionari laici della Consolata come parte della più grande famiglia della Consolata. Tutto questo è una rappresentazione della nostra convinzione della sua santità, così come lui era convinto della santità di padre Cafasso.

Come padre Allamano ha emulato la vita santa dello zio, noi suoi figli e figlie abbiamo un motivo in più per emulare la sua vita santa. Qui prendono vita le parole che padre Gottardo Pasqualetti scrisse il 29 gennaio 1993. Tre anni dopo la beatificazione del Fondatore, avvenuta nel 1990, il postulatore di allora padre Pasqualetti scriveva: "Non basta la beatificazione del Fondatore. È necessario che le sue intuizioni evangeliche, le sue parole e il suo esempio di santità guidino la crescita nella vita spirituale e nel dinamismo missionario". Queste parole devono galvanizzare il nostro proposito di camminare negli atteggiamenti di santità del padre Allamano. Le attività molto coinvolgenti che stiamo allestendo in preparazione al giorno della canonizzazione non devono terminare con la canonizzazione. Dovrebbero essere uno stimolo ad imitare le sue intuizioni spirituali che dimostrano un modo particolare di seguire nostro Signore Gesù Cristo.

* Padre Jonah M. Makau, IMC, frequenta il corso in Cause dei Santi, a Roma.

In una edizione speciale interamente dedicata alla figura di Giuseppe Allamano, la rivista “Dimensión Misionera” curata della Regione Colombia, esplora varie dimensioni della sua eredità esistenziale, carismatica e missionaria.

La copertina presenta un'opera di padre Carlos Zulaga (CAZ), in cui il Padre Fondatore è presentato con linee geometriche sul volto. Secondo l'artista, si tratta del “kipará”, che nella lingua "êpera Pedea" del popolo Emberá, gruppo etnico della Colombia, designa una pittura del viso e del corpo di profondo significato nella loro struttura cosmologica.

Padre Salvador Medina, direttore della rivista “Dimensión Misionera”, afferma che questa figura non solo ispira, ma incoraggia la vita, la contemplazione e l'azione, sottolineando che "in un mondo segnato da sfide e disuguaglianze, la sua eredità ci ricorda l'urgenza della missione evangelizzatrice, la necessità di costruire ponti di dialogo tra le culture e l'importanza di lavorare instancabilmente per un mondo giusto e fraterno".

Secondo Santiago Quiñonez, giornalista e direttore di questa pubblicazione monografica, la 349ª edizione si presenta come “un pellegrinaggio nel cuore dell'Allamano, guidato da chi conosce bene questo luogo, lo frequenta e lo vive: la sua famiglia, i missionari e le missionarie della Consolata”.

La pubblicazione accenna anche al fatto che, parlando dei missionari e missionarie, ogni articolo vuol offrire “…diverse sfaccettature, alcune già note e altre molto nuove, del loro essere, capire e operare  missionario: la passione per l'evangelizzazione, l'impegno per la giustizia sociale, l'amore profondo per i più bisognosi, l'interesse per i media e l'instancabile lavoro per costruire il Regno di Dio, già su questa terra”.

“Dimensión Misionera” aspira ad essere uno spazio di incontro e di riflessione per tutti coloro che si sentono chiamati alla missione. In questa nuova fase, la rivista intende continuare a offrire contenuti di qualità che alimentino la nostra fede, rafforzino il nostro impegno missionario e ci ispirino ad andare avanti nella costruzione di "un altro mondo possibile".

Leggi qui la versione digitale della rivista Dimensión Misionera

* Equipe di comunicazione IMC Regione Colombia.

Il 23 maggio scorso la sala stampa del Vaticano annunciava che papa Francesco aveva approvato l’avvenuto miracolo della guarigione dell’indigeno Sorino Yanomami, per intercessione di Giuseppe Allamano. Un passaggio che ha aperto le porte alla prossima canonizzazione, cioè alla proclamazione della santità del nostro fondatore (che avverrà il prossimo 20 ottobre, come deciso dal Concistoro del 1° luglio).

Questo atto del Papa è il coronamento di un lungo itinerario, durato parecchi decenni, che aveva trovato il suo culmine nella beatificazione di don Giuseppe Allamano, avvenuta il 7 ottobre 1990 in Piazza San Pietro a Roma, da parte del papa Giovanni Paolo II. Mancava ancora il riconoscimento da parte della Chiesa di un miracolo per poterlo infine proclamare «santo». Ora anche l’ultima meta è stata raggiunta.

Molte persone si interrogheranno sul perché di questo cammino durato tanti anni con la raccolta di testimonianze, documentazione, ricerca delle grazie ricevute in varie parti del mondo. Ne valeva la spesa? Altri ancora, in maniera forse più radicale, si potrebbero domandare: che bisogno ha la Chiesa di proclamare i santi? Essi hanno raggiunto felicemente il loro obiettivo e vivono nella pace del Paradiso. A questi interrogativi risponde in maniera magistrale papa Benedetto XVI che, dopo aver presentato parecchi profili di santi, il 13 aprile 2011, ha affermato: «Nelle udienze generali di questi ultimi due anni ci hanno accompagnato le figure di tanti santi e sante: abbiamo imparato a conoscerli più da vicino e a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni, e lo sono anche per noi. I santi manifestano in diversi modi la presenza potente e trasformante del Risorto; hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Seguire il loro esempio, ricorrere alla loro intercessione, entrare in comunione con loro, “ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso del popolo di Dio” (Lumen gentium, 50)».

La storia, quella che troviamo scritta nei libri o illustrata in opere d’arte, dà importanza a chi conta nella produzione di beni materiali o a chi rende più bello il mondo con l’arte e la poesia oppure ha aiutato a sconfiggere epidemie. Similmente avviene anche con i santi che hanno arricchito la Chiesa con i loro scritti o la loro testimonianza di vita. La loro opera è a beneficio di tutti, tutti ne godiamo. I santi – possiamo affermare – sono uno scrigno di valori che ridondano a beneficio di tutta la cristianità. Quanto povera sarebbe la Chiesa se perdesse questi legami tra i santi in cielo e noi qui in terra. Per questo motivo essa ci esorta a non lasciare perdere questa comunione tra coloro che già hanno raggiunto il cielo e noi tutti ancora pellgrini qui in terra, ma desiderosi dello stesso traguardo. La ormai prossima canonizzazione, attraverso la voce del Papa, inviterà con forza tutta la Chiesa ad affidarsi con fiducia all’intercessione di Giuseppe Allamano e soprattutto a guardare al suo esempio di vita come faro che illumina e guida il cammino dei cristiani.

Quale messaggio ci possiamo aspettare dalla proclamazione di Giuseppe Allamano «santo»? Senza dubbio che venga rivolto un richiamo forte a ogni battezzato affinché metta sempre Dio al centro della propria vita per farlo punto di riferimento in ogni sua scelta, che aborrisca ogni chiusura per sentirsi quello che tutti noi siamo: famiglia di Dio, solidale e fraterna, aperta e attenta ai segni dei tempi.

Sono sicuro che quando papa Francesco proclamerà l’Allamano santo non mancherà di far riecheggiare ancora una volta uno dei suoi richiami più frequenti affinché la Chiesa sappia imitare i santi come il nostro fondatore per sentirsi «in uscita», aperta al mondo intero e nella predilezione per l’umanità più povera.

La Chiesa in uscita è quella che «sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva» (Evangelii gaudium 24).

* Pietro Trabucco, IMC, Castelnuovo don Bosco. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

L'arcivescovo di Cuiabá, mons. Mário Antônio da Silva, ha inviato un messaggio ai missionari e alle missionarie della Consolata, esprimendo la sua gioia per la canonizzazione del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che avverrà a Roma il 20 ottobre 2024.

Mons. Mario Antonio era allora il vescovo di Roraima e fu lui a nominare i membri del Tribunale Ecclesiastico su richiesta dei missionari della Consolata il 29 luglio 2020, per accompagnare il processo della canonizzazione nella fase diocesana che avrebbe dovuto provare il miracolo attribuito all'intercessione del Beato Giuseppe Allamano.

All'epoca, il Tribunale era composto da padre Lucio Nicoletto, vicario generale della diocesi, come delegato episcopale (oggi vescovo di San Félix do Araguaia – Mato Grosso); padre Raimundo Vanthuy Neto, cancelliere della Curia (oggi vescovo di San Gabriel da Cachoeira – Amazzonia), come pubblico ministero, padre Michelangelo Piovano, IMC, protonotario (oggi Vice Superiore Generale IMC), Elizabeth Sales de Lucena Vida, assistente notarile e la dottoressa Roberta Barbaro, come esperta medica. Il Tribunale si è riunito a Boa Vista dal 7 al 15 marzo 2021,  ha studiato la veridicità della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, attribuita all'intercessione dell'Allamano, e ha inviato le sue conclusioni e relazioni al Dicastero per le Cause dei Santi in Vaticano.

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Fotomontaggio: Francisco Martínez

La grazia ricevuta dall’indigeno Sorino Yanomami attraverso il Beato Allamano è simbolica e fonte di speranza per i missionari e le missionarie della Consolata che hanno sempre avuto il popolo Yanomami al centro delle loro priorità pastorali.

Nel suo messaggio, Mons. Mario sottolinea l'importanza della presenza dei missionari in Amazzonia, che arrivarono nel 1948 e fin dall'inizio si dedicarono all'accompagnamento delle comunità di questo territorio, facendo un'opzione preferenziale per le popolazioni indigene delle attuali Terre Indigene Raposa Serra do Sol e Yanomami. Nel corso degli anni, la coesistenza di Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani.

José Allamano è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990. La sua festa liturgica si celebra il 16 febbraio. Secondo Mons. Mário, la sua canonizzazione il prossimo ottobre “è una gioia per i missionari e le missionarie della Consolata, ma anche per tutta la Chiesa”.

Vedi il video con il messaggio integrale di Mons. Mário Antônio

* Maria Emerenciana Raia è redattrice della rivista Missões in Brasile. Video: Júlio Caldeira.

Il miracolo attribuito al Beato Giuseppe Allamano è avvenuto nella Missione Catrimani, appartenente alla diocesi di Roraima, nel nord del Brasile

In un Concistoro pubblico, il primo luglio 2024, Papa Francesco ha annunciato che la canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, fondatore degli Istituti Missionari della Consolata, si terrà domenica 20 ottobre 2024 a Roma, giornata missionaria Mondiale.

Di fronte a questo annuncio, il vescovo della diocesi di Roraima, mons. Evaristo Pascoal Spengler, ha pubblicato una nota indirizzata al popolo di Dio della sua diocesi e alla famiglia Consolata, in cui esprime la sua gioia per il "lieto annuncio della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata, presenti nella nostra Chiesa di Roraima dal 1948".

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Celebrazione nella cattedrale di Boa Vista, Roraima. Foto: Luis Miguel Modino

Secondo il vescovo, "questo è il Dio misericordioso ancora una volta all'opera nella nostra storia. Dio non si stanca mai di sorprenderci con il suo amore e la sua bontà". Questo miracolo è motivo di gioia per i missionari e le missionarie, ma lo è anche per la chiesa di Roraima "perché si riconosce l’intercessione del Beato Allamano, a favore dell'indigeno Yanomami Sorino, che vive nella nostra diocesi, nella Missione Catrimani, nel territorio indigena del popolo Yanomami di Roraima. La guarigione miracolosa dell'indigeno, in un momento in cui le cure tradizionali e la scienza medica potevano solo attendere la sua morte, è stata il frutto della fervente preghiera delle Missionarie della Consolata, che hanno chiesto aiuto al loro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, nel primo giorno della novena a lui dedicata".

Mons. Evaristo Spengler ricorda che, "l'indigeno Yanomami Sorino era stato attaccato da un giaguaro che lo aveva gravemente ferito alla testa, aprendogli il cranio. Era il 7 febbraio 1996, primo giorno della novena al Beato Allamano. Fu accudito dalle Missionarie della Consolata che lavoravano nella missione di Catrimani e portato all'ospedale di Boa Vista. Le Missionarie offrirono la novena per questa intenzione e, per intercessione del Padre Fondatore, Sorino recuperò miracolosamente la salute in pochi mesi e vive ancora oggi nella sua comunità indigena".

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Assemblea dei giovani delle comunità Yanomami. Foto: Missione Catrimani

Il messaggio ricorda i passi compiuti durante il processo, prima nella fase diocesana, e racconta come si è svolto. Si sottolinea inoltre che "l'annuncio della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano è un momento di gioia per la famiglia Consolata, di consolidamento dell'opzione evangelizzatrice della Missione Catrimani, di conferma della storia dell'alleanza della nostra Diocesi di Roraima con i popoli indigeni e un motivo di benedizione e di speranza per la nostra Diocesi, che celebra 300 anni di evangelizzazione in queste terre di Macunaíma".

Infine, il vescovo di Roraima ha annunciato che "istituiremo una commissione nella nostra diocesi per celebrare il dono della fecondità dell'annuncio del Vangelo tra noi, confermato dal miracolo operato sul nostro fratello Sorino, per intercessione del Beato, fra poco ‘San’ Giuseppe Allamano".

Di seguito il testo integrale della nota del vescovo di Roraima in portoghese

* Padre Luis Miguel Modino, comunicazione della CNBB Norte1.

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