Descritto come un missionario di grande semplicità e altruismo, padre Luís Ferraz, è mancato questo sabato, 27 luglio, a Fátima, in Portogallo. Il missionario della Consolata aveva 92 anni, di cui 66 di professione religiosa e 61 di sacerdozio.

“Affidandolo all'infinita misericordia di Dio Padre – diceva una nota dei missionari della Consolata in Portogallo – ci uniamo nella preghiera per il suo riposo eterno, rendendo grazie a Dio per il modo in cui si è consumato nella sua missione di apostolo e missionario della Consolata”.

I funerali hanno avuto luogo mercoledì 31 luglio con una messa funebre nella chiesa dell'ex Seminario della Consolata e la successiva sepoltura nel cimitero di Fatima.

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Padre Luís Ferraz era visto come un missionario di grande semplicità e carità: una presenza silenziosa e amichevole nelle comunità in cui viveva. La sua biografia, che presentiamo di seguito, lo testimonia.

Un breve profilo

Nato a Formigais, Vila Nova de Ourém, il 22 luglio 1932, fece il suo ingresso nella comunità dei Missionari della Consolata in Portogallo il 18 ottobre 1951 e, sei anni dopo, nella Certosa di Pesio (Cuneo), emise la prima professione religiosa il 2 ottobre 1957. Sempre in Italia, a Torino, il 2 ottobre 1960 fece la professione perpetua e poi, nel 1962, venne ordinato diacono. Il 30 marzo 1963 divenne sacerdote.

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Padre Luís Ferraz (al centro) festeggia 60 anni di ordinazione sacerdotale con la comunità di Águas Santas, Portogallo

Trascorse i primi tre anni del suo ministero in Portogallo dove si impegnò come professore e assistente a Vila Nova de Poiares e poi come vice parroco e cappellano a Campolide. Nel 1966, padre Luís Ferraz parte per il Mozambico dove trascorse tutti gli anni della sua vita attiva come missionario.

Questi i luoghi dove offrì il suo servizio missionario: al principio lavorò nella diocesi di Inhambane, nella missione di Mavamba (1966-1967);  poi si trasferì nell’archidiocesi di Lourenço Marques (Maputo) per lavorare nella parrocchia di São Gabriel a Matola, dove è stato vice parroco (1967-1971), poi parroco di Boane (1971-1972), di nuovo vice parroco a Matola (1973-1975) e parroco dal 1975 al 1981.

La parrocchia di São Gabriel, creata il 2 luglio 1951 dai missionari della Consolata, è la madre della maggior parte delle parrocchie della periferia occidentale di Maputo. Padre Luís ha lavorato in questa parrocchia per quasi 15 anni. Ha vissuto con coraggio il difficile periodo dell'indipendenza del 1975, quando il popolo del Mozambco ha dovuto affrontare molte sofferenze lo stesso che molte famiglie portoghesi, suoi parrocchiani, che dovettero abbandonare il paese.

Seguirono gli anni difficili della rivoluzione marxista-leninista, con le sue innumerevoli restrizioni alla libertà religiosa. Padre Luís ha affrontato questi anni con la collaborazione delle missionarie della Consolata che vivevano a Matola. Nel 1981 l’Istituto consegnò la parrocchia di Matola all’archidiocesi di Maputo e lui fu l'ultimo missionario della Consolata a lavorare in quella parrocchia.

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Dal 1981 al 1986 padre Luís fu superiore nella casa regionale e qui svolse l’importante attività di sostegno alle missioni e ai missionari presenti nelle diocesi di Inhambane e Lichinga che in quegli anni di grandi difficoltà avevano bisogno di tutto: ospitalità, viaggi, acquisto di materiali e cibo, ecc.

Nel 1986 tornò a lavorare nella diocesi di Inhambane, questa volta nella parrocchia di Guiúa e nel Centro Catechistico. Insieme a padre Andrea Brevi, riaprì il Centro e la parrocchia, che erano stati chiusi nel 1983 per ordine del governo, riprendendo la formazione delle famiglie dei catechisti. Si è dedicato a questa attività formativa e alla cura pastorale delle comunità cristiane della parrocchia.

Il 13 settembre 1987, il Centro Catechistico fu assaltato dalla Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana). Le famiglie dei catechisti vengono rapite e il catechista Peres Manuel viene ucciso: padre Luís rimane a Guiúa, nonostante la guerra e la violenza che regnava nella zona. Il 9 ottobre 1991 fu trasferito a Mambone come parroco: assieme al padre Amadio Marchiol visse anche lì in un contesto di guerra, con molti pericoli e privazioni.

Il 4 ottobre 1992 fu firmato l'Accordo di pace che pose fine alla guerra civile del Mozambico. Nel 1993, padre Luís fu trasferito da Nova Mambone alla parrocchia di Vilanculos, sempre nella diocesi di Inhambane. Con il padre Alceu Agarez e padre Jaime C. Patias, ha assistito le numerose comunità delle parrocchie di Vilanculos, Mapinhane e Maimelane.

Il 10 novembre 1998 è stato nominato parroco di Vilanculos: ha vissuto un periodo di grande attività pastorale e di promozione umana, in un momento di pacificazione, ricostruzione e consolidamento delle comunità cristiane dopo la dispersione causata dalla guerra.

Nel 2000 è stato trasferito al Seminario Filosofico di Matola come collaboratore nella formazione ed economo e con padre Jaime C. Patias, ha collaborato alla formazione dei futuri missionari della Consolata e ha prestato servizio pastorale alle comunità cristiane delle parrocchie di Liqueleva, Liberdade e Matola fino al 2008.

L'ultimo periodo della missione di padre Luís in Mozambico si è svolto tra il 2009 e il 2015 presso al Seminario dei Missionari della Consolata nella città di Nampula. Questa tappa è stata per lui un grande salto: dal sud del Paese, dove aveva sempre lavorato, si è trasferito al nord, dovendo affrontare tutte le differenze linguistiche e culturali. Come sempre, padre Luís ha dimostrato la sua totale disponibilità, il suo spirito di ubbidienza e di servizio. Si è dedicato al lavoro di manutenzione della casa, alla formazione dei seminaristi e al lavoro pastorale nella parrocchia di Nossa Senhora da Paz.

Dopo 49 anni di passione e dedizione a quella nazione africana, nel 2015 padre Luíz è tornato in Portogallo dove ha vissuto gli anni d'oro della sua vocazione e consacrazione missionaria. Lì è stato assegnato alla comunità di Águas Santas che divenne la sua comunità di riferimento fino alla morte; trascorse questi anni dedicato ai servizi pastorali, alle Messe e alle confessioni.

Era un missionario nel vero e pieno senso della parola. Anche in età avanzata, ha sempre mantenuto un vivo spirito missionario e familiare, essendo attivo nei piccoli compiti quotidiani della comunità, che svolgeva con grande dedizione, la stessa che ha sempre caratterizzato il suo impegno verso Dio, verso il prossimo e verso la missione.

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I funerali di padre Luís Ferraz mercoledì 31 luglio a Fátima

Testimonianza e preghiera...

Padre Jaime Patias, IMC, attuale Segretario Generale per la Comunicazione a Roma, ha lasciato questa sentita testimonianza:

“Riposa in pace, caro confratello e maestro di bontà, padre Luiz Ferraz, IMC, con il quale ho avuto la grazia di lavorare per cinque anni durante la ricostruzione in Mozambico, prima a Vilankulos e poi nel Seminario Filosofico a Matola, nella grande Maputo. Rimane l'immagine di uno di quegli esseri umani eccezionali, benedetti dalla sua generosità e dal dono di sé, che ha vissuto profondamente una vita serena e lunga sulla terra. Possa ricevere la corona dei giusti da Dio, che ha servito fedelmente, e intercedere per noi! Grazie di tutto!”

* Redazione SGC con informazioni di padre Albino Brás e padre Álvaro Pacheco, IMC Portogallo.

Il 23 maggio scorso la sala stampa del Vaticano annunciava che papa Francesco aveva approvato l’avvenuto miracolo della guarigione dell’indigeno Sorino Yanomami, per intercessione di Giuseppe Allamano. Un passaggio che ha aperto le porte alla prossima canonizzazione, cioè alla proclamazione della santità del nostro fondatore (che avverrà il prossimo 20 ottobre, come deciso dal Concistoro del 1° luglio).

Questo atto del Papa è il coronamento di un lungo itinerario, durato parecchi decenni, che aveva trovato il suo culmine nella beatificazione di don Giuseppe Allamano, avvenuta il 7 ottobre 1990 in Piazza San Pietro a Roma, da parte del papa Giovanni Paolo II. Mancava ancora il riconoscimento da parte della Chiesa di un miracolo per poterlo infine proclamare «santo». Ora anche l’ultima meta è stata raggiunta.

Molte persone si interrogheranno sul perché di questo cammino durato tanti anni con la raccolta di testimonianze, documentazione, ricerca delle grazie ricevute in varie parti del mondo. Ne valeva la spesa? Altri ancora, in maniera forse più radicale, si potrebbero domandare: che bisogno ha la Chiesa di proclamare i santi? Essi hanno raggiunto felicemente il loro obiettivo e vivono nella pace del Paradiso. A questi interrogativi risponde in maniera magistrale papa Benedetto XVI che, dopo aver presentato parecchi profili di santi, il 13 aprile 2011, ha affermato: «Nelle udienze generali di questi ultimi due anni ci hanno accompagnato le figure di tanti santi e sante: abbiamo imparato a conoscerli più da vicino e a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni, e lo sono anche per noi. I santi manifestano in diversi modi la presenza potente e trasformante del Risorto; hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Seguire il loro esempio, ricorrere alla loro intercessione, entrare in comunione con loro, “ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso del popolo di Dio” (Lumen gentium, 50)».

La storia, quella che troviamo scritta nei libri o illustrata in opere d’arte, dà importanza a chi conta nella produzione di beni materiali o a chi rende più bello il mondo con l’arte e la poesia oppure ha aiutato a sconfiggere epidemie. Similmente avviene anche con i santi che hanno arricchito la Chiesa con i loro scritti o la loro testimonianza di vita. La loro opera è a beneficio di tutti, tutti ne godiamo. I santi – possiamo affermare – sono uno scrigno di valori che ridondano a beneficio di tutta la cristianità. Quanto povera sarebbe la Chiesa se perdesse questi legami tra i santi in cielo e noi qui in terra. Per questo motivo essa ci esorta a non lasciare perdere questa comunione tra coloro che già hanno raggiunto il cielo e noi tutti ancora pellgrini qui in terra, ma desiderosi dello stesso traguardo. La ormai prossima canonizzazione, attraverso la voce del Papa, inviterà con forza tutta la Chiesa ad affidarsi con fiducia all’intercessione di Giuseppe Allamano e soprattutto a guardare al suo esempio di vita come faro che illumina e guida il cammino dei cristiani.

Quale messaggio ci possiamo aspettare dalla proclamazione di Giuseppe Allamano «santo»? Senza dubbio che venga rivolto un richiamo forte a ogni battezzato affinché metta sempre Dio al centro della propria vita per farlo punto di riferimento in ogni sua scelta, che aborrisca ogni chiusura per sentirsi quello che tutti noi siamo: famiglia di Dio, solidale e fraterna, aperta e attenta ai segni dei tempi.

Sono sicuro che quando papa Francesco proclamerà l’Allamano santo non mancherà di far riecheggiare ancora una volta uno dei suoi richiami più frequenti affinché la Chiesa sappia imitare i santi come il nostro fondatore per sentirsi «in uscita», aperta al mondo intero e nella predilezione per l’umanità più povera.

La Chiesa in uscita è quella che «sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva» (Evangelii gaudium 24).

* Pietro Trabucco, IMC, Castelnuovo don Bosco. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it

L'arcivescovo di Cuiabá, mons. Mário Antônio da Silva, ha inviato un messaggio ai missionari e alle missionarie della Consolata, esprimendo la sua gioia per la canonizzazione del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che avverrà a Roma il 20 ottobre 2024.

Mons. Mario Antonio era allora il vescovo di Roraima e fu lui a nominare i membri del Tribunale Ecclesiastico su richiesta dei missionari della Consolata il 29 luglio 2020, per accompagnare il processo della canonizzazione nella fase diocesana che avrebbe dovuto provare il miracolo attribuito all'intercessione del Beato Giuseppe Allamano.

All'epoca, il Tribunale era composto da padre Lucio Nicoletto, vicario generale della diocesi, come delegato episcopale (oggi vescovo di San Félix do Araguaia – Mato Grosso); padre Raimundo Vanthuy Neto, cancelliere della Curia (oggi vescovo di San Gabriel da Cachoeira – Amazzonia), come pubblico ministero, padre Michelangelo Piovano, IMC, protonotario (oggi Vice Superiore Generale IMC), Elizabeth Sales de Lucena Vida, assistente notarile e la dottoressa Roberta Barbaro, come esperta medica. Il Tribunale si è riunito a Boa Vista dal 7 al 15 marzo 2021,  ha studiato la veridicità della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, attribuita all'intercessione dell'Allamano, e ha inviato le sue conclusioni e relazioni al Dicastero per le Cause dei Santi in Vaticano.

IT Allamano Sito

Fotomontaggio: Francisco Martínez

La grazia ricevuta dall’indigeno Sorino Yanomami attraverso il Beato Allamano è simbolica e fonte di speranza per i missionari e le missionarie della Consolata che hanno sempre avuto il popolo Yanomami al centro delle loro priorità pastorali.

Nel suo messaggio, Mons. Mario sottolinea l'importanza della presenza dei missionari in Amazzonia, che arrivarono nel 1948 e fin dall'inizio si dedicarono all'accompagnamento delle comunità di questo territorio, facendo un'opzione preferenziale per le popolazioni indigene delle attuali Terre Indigene Raposa Serra do Sol e Yanomami. Nel corso degli anni, la coesistenza di Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani.

José Allamano è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990. La sua festa liturgica si celebra il 16 febbraio. Secondo Mons. Mário, la sua canonizzazione il prossimo ottobre “è una gioia per i missionari e le missionarie della Consolata, ma anche per tutta la Chiesa”.

Vedi il video con il messaggio integrale di Mons. Mário Antônio

* Maria Emerenciana Raia è redattrice della rivista Missões in Brasile. Video: Júlio Caldeira.

Il Beato Giuseppe Allamano ha sempre promosso un cammino di santità missionaria per i suoi figli e figlie, i missionari e le missionarie della Consolata.

La santità, secondo il Padre Allamano, è premessa necessaria per ogni attività apostolica. Egli insegnava che l'essere precede l’operare. «Prima dobbiamo santificare noi… e fatti santi in poco tempo potremo compiere la nostra missione fra le genti e con gran frutto». Santifichiamo prima noi stessi e poi gli altri. Quanto più uno sarà santo, tante più anime salverà.

Giuseppe Allamano sottolineava che il primo scopo del nostro Istituto è la nostra santificazione, e poi le missioni. «Prima di tutto la nostra santificazione e poi le missioni: la prima cosa che dobbiamo fare è questa, se non facciamo questo, niente. Se non siamo santi, non saremo buoni né per noi, né per gli altri. Nemo dat quod non habet (Non si può dare se non si ha)». Il nostro Fondatore ci ricorda: «Se non si è santi… eh… non si fa niente! Qui non ardet non incendit (Colui che non arde non può incendiare). Si fa ridere il demonio».

Unisciti a noi il 20 ottobre 2024 per celebrare la canonizzazione di Giuseppe Allamano, colui che ci ha donato il nostro carisma missionario e ci ha insegnato che la santità è la chiave per una missione fruttuosa. La sua vita e i suoi insegnamenti continuano a guidarci nel nostro impegno missionario: santificare prima noi stessi e poi il mondo.

* Comunicazione Generale IMC e MC

Allamano Santo il 20 ottobre 2024

  • , Lug 01, 2024
  • Pubblicato in Notizie

Durante il Concistoro Ordinario Pubblico questo lunedì 1° luglio, Papa Francesco ha annunciato che la canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, fondatore degli Istituti Missionari della Consolata, si terrà domenica 20 ottobre 2024 a Roma, giornata missionaria Mondiale.

Il miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giuseppe Allamano è avvenuto nella foresta amazzonica brasiliana, nello Stato di Roraima, dove Sorino, uomo dell’etnia Yanomami, fu attaccato da un giaguaro che lo ferì gravemente alla testa, aprendo la scatola cranica; era il 7 febbraio 1996, primo giorno della novena del Beato Giuseppe Allamano.

Trasportato all’Ospedale di Boa Vista, accudito dalle Missionarie della Consolata, che non cessavano di chiedere la sua guarigione per intercessione del Padre Fondatore, Sorino ha miracolosamente recuperato la salute in pochi mesi, e vive tutt’ora nella sua comunità indigena.

L’inchiesta diocesana per lo studio del presunto miracolo è avvenuta nel marzo 2021 a Boa Vista, mentre l’iter del Dicastero delle Cause dei Santi si è concluso il 23 maggio 2024, con l’approvazione del decreto di riconoscimento del miracolo.

È un momento molto significativo per la famiglia missionaria della Consolata, composta da Padri, Fratelli, Suore, Laici e Laiche.

Suor Renata Conti e Padre Giacomo Mazzotti, che attualmente accompagnano la postulazione, parlano sul significato della Canonizzazione del Beato Allamano.

In un messaggio i Superiori generali dei due Istituti, Padre James Lengarin, IMC, e Madre Lucia Bortolomasi, MC, scrivono:

“La sua Canonizzazione è per tutti noi un dono immenso che ci invita ad ascoltarlo, ad attingere sempre di più alla ricchezza della sua santità. Siano i nostri occhi e il nostro cuore fissi sul nostro Fondatore per ascoltarlo e guardare alla sua santità che ci stimola a continuare in modo serio e profondo la sua missione”.

Di seguito il testo integrale del Messaggio dei Superiori generali

* Suor Stefania Raspo e Padre Jaime C. Patias, comunicazione MC e IMC.

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