“Abbiamo ringraziato il Papa per il suo appoggio durante le guerre e i conflitti nel Paese, siamo una minoranza ma dobbiamo essere luce e sale nella società”, dice il cardinale Berhaneyesus Demerew Souraphiel, acivescovo metropolita di Addis Abeba, che è a Roma ad altri 12 presuli e un sacerdote della Chiesa cattolica etiope in visita ad Limina.

Più di 500 anni fa i cristiani dell’Etiopia viaggiavano fino ad Alessandria, in Egitto, per pregare sulla tomba di San Marco, poi andavano a Gerusalemme per pregare sul Golgota e poi prendevano una nave fino a Roma, per recarsi sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo e dei martiri, riposando nel luogo che è ancora il collegio etiopico in Vaticano. “Siamo qui a continuare la storia di questo pellegrinaggio antico”, spiega il cardinale Berhaneyesus, (in un'intervista alla Radio Vaticana). Dopo aver pregato nelle quattro basiliche maggiori a Roma, i vescovi hanno visitato i dicasteri della Santa Sede e, venerdì 28 giugno, sono stati ricevuti da Papa Francesco.

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Il cardinale Berhaneyesus Demerew Souraphiel ospite della Radio Vaticana. Foto: Vatican Media

Eminenza, come è andato l’incontro con il Papa?

Ci ha ricevuto con tanta semplicità e anche umiltà. Eravamo noi, soli con il Papa e abbiamo spiegato la nostra situazione in Etiopia. Lo abbiamo ringraziato anche per il suo appoggio durante le guerre e i conflitti nel Paese, di cui lui ha parlato negli appelli dopo l'Angelus. Lo abbiamo ringraziato e gli abbiamo chiesto di continuare a pregare per noi.

Che cosa avete raccontato della realtà dell'Etiopia?

Noi abbiamo presentato la situazione dell'Etiopia dal punto di vista dei giovani, perché su 120 milioni, il 70% della popolazione è costituito da giovani che vogliono migliorare la loro vita e quella dei loro parenti. Vedono sulla tv e sui social media come vivono in altre parti del mondo e molti vanno nei Paesi arabi e purtroppo lì soffrono perché non sono preparati a lavorare come domestici. Altri vogliono andare in Sudafrica, dove va un po’ meglio, ma anche lì ci sono problemi. Gli altri vanno a nord e attraversando il Sudan e la Libia cercano di arrivare in Europa. Nel XIX secolo molti europei migravano e c’erano alcuni luoghi in Europa disponibili a riceverli e sostenerli, ma tutto questo adesso viene a mancare. Papa Francesco questo lo sa.

Il primo luogo che è andato a visitare, dopo l’elezione, è stato Lampedusa, dove ha offerto dei fiori per tutti quelli che sono morti in mare e dove ha detto a chi governa l’Europa che le migrazioni sono importanti. Dobbiamo fare qualcosa per aiutare la gente, sia in Africa sia in Siria o in altri Paesi. Quando qualcosa riguarda i poveri, ci ha detto, allora dobbiamo essere vicini a loro. Noi siamo accanto ai bambini, che soffrono molto quando non vanno a scuola perché le scuole sono distrutte, siamo vicini alle mamme che non possono andare negli ospedali perché sono distrutti e agli anziani che sono sfollati dai loro villaggi e vivono come stranieri. Gli abbiamo spiegato tutto questo e lui ha detto di continuare a essere vicini alla gente, in mezzo al popolo, così da poter sentire l’odore delle pecore. Un vescovo deve essere così. Non deve scappare ma deve essere tra la gente. Anche se non si possono fare grandi cose, la fraternità e la presenza paterna sono importanti. Lui ha detto così.

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Spazio di amicizia per donne e ragazze vittime dei drammi della guerra in Tigray

Com’è la vita della Chiesa cattolica in Etiopia, che è una comunità minoritaria nel Paese?

Noi siamo minoranza, circa il 2% di 120 milioni di persone. La maggioranza degli abitanti è cristiana: più del 45% sono ortodossi, poi vengono i protestanti, intorno al 18-20%. Abbiamo la responsabilità di essere luce e sale in questo grande Paese. Le sfide sono la povertà e i conflitti e noi, grazie all'appoggio della Chiesa universale, siamo al secondo posto per i servizi sociali che offriamo, come scuole, centri sanitari o centri gestiti dalle suore di Madre Teresa o presidi per lo sviluppo o l’assistenza umanitaria, come la Caritas. In tutto questo siamo chiamati ad essere luce e sale, come Gesù ci ha detto. Non è facile, ma ci stiamo provando.

Lei ha parlato anche dei conflitti che riguardano l'Etiopia, come quello che è avvenuto nel Tigray. Quali sono le ripercussioni per la popolazione?

Il conflitto in Tigray era fra il governo regionale e il governo federale. Una cosa politica, ma chi soffre è il popolo. Grazie a Dio, dopo due anni hanno fatto una pace a Pretoria. L'altro è in Oromia. L’Oromo Liberation Army è in lotta con il governo federale da quattro anni e anche lì chi soffre è il popolo. Hanno cominciato a parlare in Tanzania, ma non sono riusciti ancora a fare la pace. Il terzo fronte adesso, che continua da più di un anno, è nella regione Amhara. Anche lì ci sono i movimenti in conflitto con il governo federale. Speriamo che arriveranno a una soluzione. Noi come Chiesa cattolica non appoggiamo né l’uno né l’altro, ma siamo con il popolo che soffre.

Piuttosto siamo per l’assistenza sociale e per cercare una riconciliazione per il dopo guerra, quando si deve fare non solo la pace, ma anche guarire dai traumi sia chi ha sofferto direttamente nella guerra, come le donne vittime di abusi e i bambini che hanno visto le loro famiglie morire. Questo è importante e non si fa solo a livello di una piccola Chiesa, ma con l'appoggio della Chiesa universale. Si può fare insieme con i tanti missionari che lavorano con noi e che vengono da tutto il mondo.

* Michele Raviart - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: Vatican News

Come meglio allora ringraziare il Signore per la Sua bontà?

Arrivate in Etiopia nel marzo del 1924, le Suore Missionarie della Consolata si sono riunite questa domenica, 16 giugno, in Addis Abeba per la Festa della Consolata e ringraziare il Signore per il centenario della loro presenza in questo Paese dell'Africa orientale.

La Congregazione fu fondata il 29 gennaio 1910 dal Beato Giuseppe Allamano (che sarà dichiarato Santo), dopo essersi accorto che le comunità di cristiani crescevano nelle missioni, e che i sacerdoti e i fratelli da soli non potevano provvedere ai bisogni delle donne e dei bambini. L’Allamano condivise questa preoccupazione con il Papa Pio X durante una sua visita in Vaticano, e da questa condivisione nacque la Congregazione delle Suore Missionarie della Consolata.

Il fatto di celebrare questo evento in Etiopia è anche una benedizione in più. Quando il Beato Giuseppe Allamano fondò i Missionari della Consolata, aveva in mente l’allora chiamato popolo “Galla” (espressione non più usata in quanto ritenuta offensiva oggi giorno) dell'Etiopia. Dopo aver letto il racconto di Abuna Massaia, (Card. Guglielmo Massaia), e dei suoi 35 anni di apostolato in Etiopia, l’Allamano rimase colpito dalla risposta alla fede di quel popolo. Le Missionarie e i Missionari della Consolata continuano nel presente a mantenere vivo il desiderio e il sogno del Beato fondatore.

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Leggi anche: Etiopia, da mercanti a “promotori di sviluppo”

In preparazione alla celebrazione del centenario, si è organizzata l'animazione missionaria nelle varie missioni in cui le Suore Missionarie hanno evangelizzato, ed è stata organizzata una novena con diversi argomenti sulla Madonna della Consolata; colei che volontariamente e liberamente diede il suo “SI” alla volontà del Padre. Lei, che nonostante le tante sofferenze e ostacoli, non ha mai disobbedito alla volontà del Padre, e continuava ad andare sempre avanti senza mai fermarsi. Maria, che ci ha incoraggiato e ci incoraggia a fare qualunque cosa “Lui” ci chieda, continua ad avere un ruolo fondamentale nella storia della salvezza.

Sua Eminenza il Card. Berhaeyesus Demerew, Arcivescovo Metropolita di Addis Abeba, che ha presieduto la celebrazione Eucaristica della Festa della Consolata, nell’introduzione, si è congratulato con le suore Missionarie della Consolata per i loro 100 anni di servizio in Etiopia e di dedizione alla Chiesa. Il cardinale si è anche congratulato per l’approvazione del miracolo che porterà presto alla proclamazione della santità del Beato Giuseppe Allamano. Nella sua omelia, Abba Tesfaye, sacerdote del vicariato di Meki, ha insistito sul ringraziamento per i 100 anni di presenza, in quanto opera di Dio.

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Nel messaggio inviato da Suor Lucia Bartolomasi, Madre Generale delle suore Missionarie della Consolata, la Madre ha riconosciuto lo sforzo fatto dalle prime suore Missionarie della Consola per arrivare in Etiopia (sr. Virginia, sr. Victoria, sr. Bierilla, sr. Carmela, sr. Tetra e sr. Junita). Queste suore si sono immerse nella realtà del paese apprendendo la lingua e la cultura della gente, così come richiedeva il Beato Giuseppe Allamano. In tutta semplicità hanno offerto l'amore di Dio e la compassione per ogni persona.

La Madre Generale ha condiviso la gioia di tutte le Missionarie della Consolata, e la gratitudine a Dio per il Suo accompagnamento della missione in Etiopia. Ha espresso inoltre il suo apprezzamento per tutte le persone che hanno camminato con le Missionarie della Consolata fino a raggiungere i 100 anni con gioie e sfide, ed arricchendo la vita dell'Istituto. Ha invitato il popolo di Dio ad unirsi alle Missionarie della Consolata nella celebrazione, ricordando anche il padre fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che si spera presto venga dichiarato santo, colui che amò l'Etiopia in modo speciale. Infine, ha incoraggiato tutte le Missionarie che lavorano in Etiopia a rimanere forti nel servire il popolo di Dio in questa grande missione, inviando a tutte la sua benedizione e gli auguri per il centenario.

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In Etiopia, le Suore Missionarie della Consolata sono state impegnate nell'opera di consolazione nelle missioni di: Ghimbi, Billo, Anderacha, Umbi, Magi, Komto, Melka Oda, Guder, Cianna, Gimma, Bonga, Gambo, Shambu, Addis Abeba. Presenza di amore e consolazione. Attualmente le suore Missionarie della Consolata sono attivamente coinvolte nelle attività pastorali dell'arcidiocesi di Addis Abeba.

La colorata celebrazione presieduta dal cardinale accompagnato dal nunzio, da due vescovi, e da diversi sacerdoti, è culminata in una processione mariana, a cui fece seguito un pasto condiviso fraternamente, come una grande famiglia della Consolata e del Beato Giuseppe Allamano.

* Padre Nyangiya Edgar, IMC, missionario in Etiopia.

In occasione del centenario della presenza delle Suore missionarie della Consolata in Etiopia (1924-2024),  offriamo alcune spunti di lettura per comprendere il contesto storico che i missionari e le missionarie hanno incontrato all’inizio della loro discreta e rispettosa presenza in questo grande Paese dell'Africa orientale.

La missione è un dono che ci spinge a donarci agli altri. Il cuore missionario anela alla missione e non riposa mai fino a quando non ha raggiunto il suo scopo.

Il Beato Giuseppe Allamano pur non essendo mai stato in Etiopia, con la mente e con il cuore, nutriva un forte desiderio di arrivarci per conoscere quel popolo e continuare l’opera di evangelizzazione cominciata dal grande vescovo missionario, il cappuccino Guglielmo Massaia, che l’Allamano aveva avuto modo di incontrare e ascoltare. Fu impressionato da quell’incontro, un ricordo indelebile a cui continuamente ritornava per rinnovare lo zelo e la passione per quelle terre battute dal grande vescovo missionario.

Un fuoco era stato acceso per non spegnersi mai più, il fuoco della missione. Guidato dallo Spirito Santo e dalla Santissima Vergine Consolata, sostenuto dal cardinale Richelmy e dal suo amico e collaboratore Camissasa, nel 1901 l’Allamano fondò l’Istituto dei Missionari della Consolata e nel 1910 le missionarie che potessero raggiungere la tanto sospirata terra di Etiopia.

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Il primo gruppo delle missionarie della Consolata in Etiopia. Foto: Archivio MC

I primi missionari non riuscirono a raggiungere quella meta e furono costretti, fin dai primi momenti, a ripiegare in Kenya nella speranza che circostanze più favorevoli potessero favorire il passaggio della frontiera. Dal Kenya, Mons. Perlo, incaricato di eseguire il piano di apertura della nuova missione, dava una mano a Mons. Gaudenzio Barlassina per cercare una via d’ingresso al Kaffa in Etiopia.

Solo dopo alcuni anni di pazienza e ripetuti tentativi nel 1914 un piccolo gruppo guidato da padre Angelo Dal Canton partiva per l’Etiopia ma dovette rimanere per diversi mesi a Moyale, sul confine tra Kenya e Etiopia, in attesa di ottenere i documenti necessari per entrare. Nel frattempo, il Camisassa, da parte sua, era in stretto contatto con le autorità italiane in Addis Abeba, perché in quell’epoca le missioni erano considerate non solo opere religiose e di civilizzazione, ma anche avamposti di “italianità”.

Alla fine, il padre Canton ricevette un permesso di soggiorno a Burgi, al confine con il Kaffa nella parte meridionale dell’Etiopia, ma l’anno anno seguente fu costretto a lasciare il paese per varie ragioni, di carattere religioso e politico.

Nel frattempo, i missionari in Kenya continuavano a cercare nuove vie per raggiungere l’ambita meta e anche l’Allamano asseconda e accompagna questo loro impegno. Era talmente fiducioso che quel “sogno” potesse realizzarsi che fece partire Mons. Barlassina per il Kenya, dove arrivò nel mese di febbraio 1915 con l’intento di proseguire, superati gli ostacoli burocratici, per il Kaffa.

Mons. Barlassina era un missionario coraggioso e determinato, creativo e visionario al punto che escogitò una nuova strategia di ingresso in Etiopia. Prima di tutto seguì un altro itinerario: da Mombasa passò per Mogadisco, Aden e Gibuti per giungere finalmente ad Addis Abeba nella notte di Natale del 1916. L’autorità locale, incuriosita, indagava clandestinamente chi fosse questo “strano personaggio”: un militare travestito, una spia tedesca, un agente di commercio oppure un giornalista?

Mons. Barlassina incontrò il Principe Tefarì Mekonnen (il futuro imperatore Haile Selassiè I) e presentò delle motivazioni umanitarie come ragione del suo ingresso in Etiopia: la formazione intellettuale e morale del popolo etiope attraverso l’agricoltura e il commercio. Dopo aver ottenuto dal capo locale, per sé e per i suoi due compagni, una licenza commerciale scritta, Barlassina iniziò così, in modo clandestino, l’attività missionaria presso la Prefettura apostolica del Kaffa.

L’arrivo delle missionarie della Consolata

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Alcune Missionarie della Consolata dell'Etiopia

Nel 1924 arrivano anche le suore missionarie della Consolata che appunto quest’anno festeggiano il centenario della loro presenza evangelizzatrice e della missione di consolazione in Etiopia, portando a compimento il sogno del nostro padre Fondatore Giuseppe Allamano.

I missionari e le missionarie nel loro modesto inizio erano consapevoli, a differenza di altre situazioni in Africa, che era necessaria una buona dose di umiltà, di rispetto e di ascolto per non irritare i sacerdoti della Chiesa locale o risvegliare l’animosità dei capi locali in una nazione che aveva una Chiesa ortodossa con una tradizione apostolica millenaria, con dei propri libri sacri, manoscritti antichi, templi, teologia, letteratura e un proprio rito liturgico.

Gradualmente, con il passare degli anni, il sogno del Fondatore prende corpo nella creazione di diverse stazioni di missione: Ghimbi, Billo, Anderacha, Umbi, Magi, Komto, Melka Oda, Guder, Cianna, Gimma, Bonga, etc.

A causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale e del conseguente conflitto italo-etiopico, queste missioni rimarranno abbandonate per circa trent’anni: tutti i missionari e le missionarie furono espulsi dal paese. Padre Gaudenzio Barlassina aveva fondato le Suore Ancelle di Maria Consolata che continuarono una presenza che durò fino al ritorno delle missionarie della Consolata nel 22 agosto 1974. Alcuni missionari rientrano come cappellani dell’esercito di invasione italiano oppure come interpreti. Ma che questa fosse una scelta saggia di Mons. Barlassina è tuttora discutibile!

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Messa nella Festa del Fondatore 2024 con la partecipazione della Direzione Generale, dei seminaristi, missionari e missionarie della Consolata.

Dopo la tragedia della guerra, si prospetta l’alba di un faticoso nuovo inizio. Espulso durante la guerra, l’Istituto dei Missionari della Consolata dovrà lottare per ritornarci. Negli anni 60 lavorava a Nyeri nel Kenya, padre Giovanni de Marchi, italiano, proveniente dagli USA e in possesso di passaporto americano. Come un degno figlio dell’Allamano, anche padre de Marchi sognava si riportare l’Istituto in Etiopia e questo avvenne agli inizi degli anni ’70 grazie al suo impegno e all’incontro del Superiore Generale, padre Mario Bianchi con l’imperatore Hailè Selassiè in visita a Torino.

I primi sette missionari protagonisti di questa miracolosa “alba di un nuovo giorno”, entrarono nel paese sottoforma di “promotori di progetti di cooperazione allo sviluppo” e furono i seguenti: Giovanni De marchi, Lorenzo Cavallera, Lorenzo Pietro Ori, Silvio Sordella, Antonio Vismara, Domenico Zordan e Tarcisio Rossi. Nel 1974 anche le missionarie della Consolata li raggiungeranno per riprendere il loro servizio nella pastorale degli ammalati, delle donne e della gioventù.

Attualmente i missionari della Consolata sono presenti nell’archidiocesi di Addis Abeba (Addis Abeba, Modjo), nel vicariato Apostolico di Meki (Weragu, Gambo ed Halaba). Grazie a Dio continua la fioritura di vocazioni missionarie locali: sono circa 20 i missionari della Consolata Etiopici che lavorano in tre continenti e c’è un buon numero di seminaristi nelle case di formazione. Ugualmente, abbiamo parecchie Suore Missionarie della Consolata etiopi sparse nel mondo.

Dopo il tramonto viene sempre un’alba nuova! Dopo la tempesta, riappare il sole! Auguri!

* Padre Ashenafi Yonas Abebe, IMC, studia storia della Chiesa a Roma.

La situazione attuale e futura della missione ad gentes esige dei missionari qualificati per svolgere con competenza il servizio pastorale e professionale. Dopo la formazione di base l’Istituto Missioni Consolata prevede due periodi di studi per qualificare i suoi membri: il ciclo di licenza e il corso di dottorato.

Padre Ashenafi Yonas Abebe è uno dei 17 giovani missionari della Consolata provenienti dall'Etiopia. Al termine del noviziato in Kenya, ha studiato teologia a Bogotá, in Colombia. Nel 2008, appena ordinato sacerdote nella diocesi di Hosanna in Etiopia, Ashenafi ha fatto parte del primo gruppo di missionari della Consolata che ha iniziato la nuova presenza IMC in Polonia a Kielpin nella diocesi di Varsavia.

Dopo 15 anni di lavoro in Polonia, giudicati dal padre come una bella esperienza, nel 2023 viene trasferito alla comunità della Casa Generalizia a Roma per iniziare i suoi studi di Storia della Chiesa nella Pontificia Università Gregoriana.

Vedi il video realizzato da Fratel Adolphe Mulengezi

I missionari delle missioni di Weragu, Gambo, Halaba, Modjo, pieni di zelo e con il cuore colmo di storie e di esperienze trasformative, si sono uniti ai loro fratelli nella casa regionale di Addis Abeba, il Lunedì 12 febbraio, con un obiettivo principale: elaborare un programma di lavoro regionale per i prossimi 6 anni. L'occasione è stata anche un momento per ritrovarsi dopo un periodo di lontananza.

Con noi erano presenti anche alcuni membri del Governo Generale, il Superiore Generale, padre James Lengarin, il Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e il Consigliere Generale per l'Africa, padre Erasto Mgalama.

I lavori veri e propri sono iniziati il giorno 13 con la messa presieduta dal superiore regionale, padre Tamene Safato con i suoi consiglieri. Il superiore, nel suo discorso introduttivo alla messa, ha sottolineato l'importanza dell'esercizio che i missionari stavano per intraprendere. Ha incoraggiato la piena partecipazione di tutti i missionari appunto perché questo è un progetto che riguarda la nostra vita e gli obiettivi da raggiungere nei prossimi 6 anni. Da parte sua, il vice superiore regionale, padre Kidane Abebe, nella sua omelia ha esortato i membri sulla necessità di mantenere lo spirito di famiglia e la nostra identità di missionari della Consolata attraverso la testimonianza della nostra vita.

La nostra missione in Etiopia

La Conferenza è iniziata con le parole del superiore che ha dato il benvenuto a tutti i membri e ha dichiarato ufficialmente aperta l'VIII Conferenza Regionale. L'ordine dei lavori è stato presentato dal superiore regionale e approvato all'unanimità dai membri della conferenza. Sono stati approvati anche i moderatori e il segretario del convegno ed indicato l’incaricato di far rispettare l’orario dei lavori. Per agevolare il lavoro e le consultazioni, i partecipanti sono stati inseriti in tre gruppi di lavoro: Formazione (di base e permanente), animazione missionaria e vocazionale; Evangelizzazione e missione ad gentes; La nostra economia per la missione.

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Messa della Festa del Fondator presieduta dal Superiore Generale con la partecipazione dei nostri seminaristi e delle missionarie della Consolata.

La domanda di fondo che ha diretto i lavori della Conferenza è stata: “Quali sono i punti più critici o le scelte più urgenti da considerare per la Regione Etiopia? Quali sono gli indicatori da ricercare? Quando agire e come valutare?”

Nel suo discorso di apertura nella Sala delle Conferenze, dopo aver accolto i membri del Governo Generale, padre Tamene ha disegnato un quadro generale dell'intera Regione circa le questioni correnti, le missioni e il personale. In successione ha dato la parola a padre Erasto Mgalama, consigliere per l’Africa che in sintesi ha condiviso prospettive e progetti dell’insieme del continente. Padre Mgalama in particolare ha sottolineato che l'Africa e in special modo l'Etiopia erano il sogno del nostro Beato Fondatore, Giuseppe Allamano. Allora il concetto di missione era andare, partire e incontrare gente semplice nelle loro case. Ha inoltre sottolineato che l'Africa è il luogo della missione e della formazione. Il Consigliere per l'Africa ha concluso incoraggiando i membri della Conferenza ad abbracciare lo spirito dell'IMC.

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Padre Michelangelo Piovano da parte sua ha brevemente condiviso alcune informazioni riguardanti le regioni dell'Europa e dell'Asia. Ha poi augurato ai membri il meglio per la loro programmazione.

Il Superiore Generale, padre James Lengarin, nel suo intervento introduttivo, ha dato un quadro più ampio dell'intero Istituto anche circa il personale (vescovi, sacerdoti, fratelli e studenti) e come è distribuito nei diversi luoghi delle nostre missioni nel mondo. Ha invitato i missionari a vivere in comunione nelle loro diverse comunità prendendosi cura gli uni degli altri. Ha sottolineato che i membri dovrebbero essere pronti a notare che siamo missionari non perché le persone hanno bisogno di noi, ma perché noi abbiamo ugualmente bisogno di loro. Padre James ha poi concluso augurando buon lavoro sia nei dibattiti che nelle risoluzioni da prendere.

Il pomeriggio è stato dedicato alla presentazione della Relazione finanziaria regionale e dell'intrumentum laboris della conferenza. Successivamente i membri hanno iniziato a lavorare recandosi nei rispettivi gruppi per proposte e per programmi. Sono state poi condivise le presentazioni delle relazioni discusse nei gruppi ispirate anche dal XIV Capitolo Generale e dal Piano Continentale.

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Visita al Nunzio Apostolico in Etiopia, Mons. Antoine Camilleri di Malta.

Il terzo giorno abbiamo avuto il privilegio di ricevere la visita di Sua Eminenza il Cardinale Berhaneyesus Demerew, Ordinario locale dell'Arcidiocesi di Addis Abeba, che ha condiviso il pranzo con noi. Il Cardinale ha espresso il suo apprezzamento per il grande lavoro che i Missionari della Consolata hanno svolto e continuano a svolgere in Etiopia. Nella sua ricca conoscenza della storia dell'IMC, ha riconosciuto il grande lavoro svolto dai primi missionari e la loro dedizione alla missione. Il cardinale ha incoraggiato i missionari a mantenere vivo lo spirito del Beato Allamano in Etiopia.

Celebrazione della festa del Fondatore

L'ultimo giorno del nostro Convegno, il 16 febbraio, festa del nostro Beato Fondatore, ci siamo riuniti come Famiglia della Consolata (IMC e MC). La colorata celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Superiore Generale. Nella sua omelia, padre Lengarin ha incoraggiato i membri della Regione ad essere orgogliosi perché l'Etiopia è stato il Paese che era nella mente del nostro Beato Fondatore. Sebbene sia già una benedizione per l’Istituto, il processo di canonizzazione quasi concluso è una benedizione ancora più grande per noi che lavoriamo nella terra dei suoi sogni. Forte di carattere, Giuseppe Allamano ebbe il coraggio di fondare una Congregazione per la missione.

20240224Etiopia6Successivamente, oltre a sottolineare che incontri come la nostra conferenza sono importanti e che dobbiamo ugualmente ricordarci di pregare per gli altri missionari nel mondo, soprattutto per i malati, il Superiore Generale ha indicato tre principali punti di riflessione:

a) Lavorare come IMC. Padre James Lengarin ha sottolineato l'importanza di essere consapevoli del nostro passato, presente e futuro e come attraverso questo potremo vivere la nostra realtà di persone consacrate, obbedienti ai nostri consigli evangelici. Dovremmo sempre sforzarci di trasformare i nostri problemi in opportunità.  Il nostro Fondatore era ispirato dallo spirito di famiglia; quindi, i suoi missionari devono essere un riflesso di questo stile di vita. Una famiglia unita, serena, ordinata e mariana (Bella).

b) Fondatore e Padre. Come l'Allamano, anche noi dobbiamo essere uniti a tutti i membri dell'Istituto, nelle loro gioie e sofferenze, coltivare lo spirito di responsabilità e di servizio, facendo di questo la nostra priorità. Evitare di confondere responsabilità con autorità. Solo nella diaconia si può comprendere il ministero dell'autorità. Ciascuno dovrebbe quindi assumersi positivamente la propria responsabilità

c) Amore per la gente. Il Fondatore aveva la gente nel cuore e se fosse qui e vedesse che abbiamo la gente nel cuore, sarebbe felice. Il nostro scopo come missionari è promuovere gli uomini e le donne della nostra società.

Il Padre Generale ha concluso la sua riflessione ponendo una domanda: come possiamo noi missionari essere testimoni di questo amore? La Scrittura del giorno risponde comandandoci di “ANDARE” e fare discepoli di tutte le nazioni. Padre Lengarin ha infine incoraggiato i membri ad essere missionari di consolazione e speranza ovunque si trovino e lavorino.

L'VIII Conferenza Regionale si è concluso in bellezza con un pranzo condiviso come un'unica grande famiglia del Beato Giuseppe Allamano, ambasciatori e appassionati della consolazione. È stato davvero un grande momento di lavoro, condivisione, preghiera e incontro come figli dello stesso Padre sotto il patrocinio di Nostra Signora della Consolata.

Attualmente lavorano nel paese 17 missionari della Consolata in cinque distinti missioni nella capitale Addis Abeba, nel Vicariato di Meki e nel Vicariato di Nekemte. Svolgono essenzialmente una missione fatta di evangelizzazione e promozione umana, come disiderava il Fondatore.

* Padre Edgar Nyangiya, IMC, dal Kenya, missionario in Etiopia.

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