Kenya: "NO" a parziali cambiamenti della Costituzione

Pubblicato in I missionari dicono
La stesura di una nuova costituzione in Kenya è stata per anni un’avventura indescrivibile che si è conclusa l’anno scorso, a novembre, con la bocciatura del nuovo testo. All’inizio c’era la convinzione molto diffusa che la vecchia costituzione non era più adeguata ai tempi moderni e quindi doveva essere cambiata. Questo è stato l’unico punto fermo in tutto il processo. Quanto al resto, tutto è stato oggetto di battaglia campale in cui i pareri sia personali, che politici, cambiarono moltissime volte secondo il vento politico e gli interessi personali del momento.

Il processo di rinnovamento della “magna charta” ha avuto i suoi alti e bassi, con proposte di cambiamento accettate calorosamente il giorno prima e rigettate il giorno dopo con l’accusa di partigianeria, classismo, tribalismo, ecc.


Si iniziò con la creazione di un comitato centrale di revisione, formato da esperti, rappresentativo dei vari gruppi, delle tendenze politiche del Paese, ecc. Tale comitato riuscì a porre le basi scientifiche e giuridiche su cui costruire il nuovo documento. Ma a molti sembrò che il suo lavoro procedesse troppo a rilento e che prestasse troppa attenzione ai “poteri forti” della politica, dell’economia, dei paesi donatori, e a tanti altri interessi di parte.

Il secondo grande cambiamento avvenne quando alcune entità religiose si unirono insieme e presentarono un piano per rendere più celere e indipendente l’elaborazione di questo importante strumento per la vita della nazione. Si costituì la famosa Assemblea di Ufungamano House (dal nome del posto dove si radunò) che, per mesi lavorò con passione e dedizione, riuscendo ad elaborare un testo costituzionale che riscosse il placet di molti, ma non di coloro che l’avevano boicottata, per paura di perdere il potere e la faccia. Costoro la criticarono radicalmente rigettandola in toto e poi, sostenuti dai politicanti che erano rimasti ai margini del processo, chiesero di costituire un altro forum, chiamato Bomas (dal posto dove si svolgevano le sessioni).

Si trattava di un’assemblea così numerosa ed eterogenea e così condizionata dal potere politico, che a fatica riusciva a realizzare il suo scopo. Dopo mesi di lavoro, riuscì a produrre un'altra costituzione che fu affidata al Governo.

Il potere esecutivo ora si trovava tra le mani due testi completi di Costituzione e una quantità enorme di materiale prodotto e non sapeva come risolvere la situazione. Decise così di affidare tutto questo materiale all’Avvocato Generale della Magistratura, dott. Amos Wako, perché producesse l’ultima bozza da presentarsi al popolo per l’approvazione. La bozza fu completata nell’estate del 2005 e fu sottoposta a referendum il 21 novembre dello stesso anno. Tale documento non trovò il consenso di molti politici, tra questi anche membri del Governo e del partito di maggioranza che decisero di formare una coalizione di opposizione chiamata Orange Democratic Movement (ODM).

La campagna referendaria iniziò prima del tempo stabilito e fu così violenta e iniettata di settarismo, di tribalismo, di odio che si trasformò in una campagna contro il governo e soprattutto il Presidente Kebaki. Gli scontri, i feriti e i morti sono stati numerosi e le stesse votazioni si sono effettuate in un clima di molta tensione. La sconfitta della Costituzione fu la sconfitta politica del Presidente Kebaki che, in una settimana, dimise tutti i membri del Governo e chiuse il Parlamento fino a nuovo ordine. I vincitori immediatamente chiesero che si facesse una nuova costituzione rifiutandosi di rivedere quella appena votata.

Da quel 21 novembre sono passati circa nove mesi e ancora non è stato possibile attenere un consenso sul metodo da seguire. L’opposizione è sembrata cambiare idea e accontentarsi anche di una revisione parziale (minimum reforms) del documento bocciato, ma a metà agosto il Presidente Kebaki annunciò che il popolo non sarebbe stato soddisfatto di cambiamenti minimi, per cui rinviava tutta la questione a dopo le elezioni politiche del 2007. Naturalmente, da ogni dove si sono alzati fuochi e fiamme, accuse e contraccuse.

I Vescovi Cattolici furono i primi a reagire positivamente all’annuncio del Presidente. Essi emisero un messaggio che diceva: “I Vescovi Cattolici del Kenya sono molto preoccupati dei disagi enormi in campo politico, dovuti probabilmente all’ansia e alla tensione provocate dall’avvicinarsi delle elezioni politiche del 2007. Siamo coscienti che stiamo ancora camminando verso una nuova costituzione, e forse siamo arrivati all’ultima curva. Se c’è voluto tanto tempo per arrivare fino a questo punto, pensiamo che non dovremmo accontentarci di niente di meno che di una revisione totale del testo e non solo parziale… La lezione che abbiamo appreso dal referendum dell’anno scorso dovrebbe illuminare il presente dibattito sulla revisione totale o parziale della Costituzione prima delle elezioni. Vediamo con grande sorpresa che coloro che avevano richiesto una nuova Costituzione (dopo quella respinta l’anno passato), oggi sono i difensori più accaniti di una sua parziale riforma prima delle elezioni. Questa è disonestà e il popolo del Kenya dovrebbe resistere a tali proposte… Si tratta di un gruppo di leaders irresponsabili e noi chiediamo ai Kenyani di essere molto oculati nella scelta dei leaders alle prossime elezioni…”.

Subito dopo aver emesso questo comunicato, i Vescovi Cattolici, insieme al Comitato Esecutivo dei Mussulmani, hanno applaudito la proposta del Presidente Kebaki di fare una revisione completa, ma solo dopo le elezioni del 2007. Il giorno dopo anche l’Arcivescovo incaricato della Chiesa Presbiteriana del Kenya prese la stessa posizione. La conseguenza fu che l’opposizione al Presidente fu ridotta al minimo.

Il 22 agosto, a richiesta del Ministro della Giustizia, ci fu un raduno delle forze del Governo e dell’opposizione per discutere il da farsi. Si concluse con la decisione di formare un comitato di 16 persone che dovrebbero studiare la situazione e per la metà di settembre determinare se sia possibile o no rivedere tutta la Costituzione prima delle elezioni, oppure alcune sue parti, o lasciare il tutto per dopo le elezioni politiche dell’anno venturo.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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