Roma: Memoria dei missionari defunti

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}‘Se viviamo, viviamo per Cristo e se moriamo, moriamo per Cristo.’ Così era scritto nella prima lettura dall’epistolario paolino. Ecco perché i defunti missionari e missionarie della Consolata avevano dato la loro vita consacrandosi alla missione. Nella loro vita, vivere era solo Cristo e la loro morte, benché dolorosa per noi, era vista come una gioia per l'incontro con Gesù il vero sposo con cui si sono uniti per tutta la loro vita.

Nella messa celebrata dal Padre Generale il 14 novembre nella Casa Generalizia e concelebrata da più di trenta sacerdoti missionari, si sono radunate le due comunità di Bravetta e della Curia Generalizia per ricordare i missionari defunti. Il padre Generale ha messo in rilievo la necessità di essere in comunione con i defunti missionari perché come diceva il nostro Fondatore, la nostra congregazione è composta dai membri vivi e morti. Da qua ci chiede la necessità di pregare per la salvezza di coloro che ci hanno preceduto sapendo che anche noi siamo nello stesso cammino.


Prima di morire, il nostro Fondatore desiderava vedere tre cose: che suo zio Don Cafasso fosse beatificato, che fosse ordinato almeno un sacerdote indigeno e voleva pure vedere almeno uno dei suoi missionari o missionarie dare la sua vita come un martire. Dolorosa come può essere ma dietro questo dolore è nascosto anche la gioia di testimoniare la fede cristiana. E dopo 108 anni della sua fondazione, la nostra famiglia ha gioito nel martirio di ameno 14 missionari e missionarie della Consolata. Questa anno, fra i circa dieci missionari defunti, non è mancato almeno un martire. Padre Giuseppe Bertaina è stato ucciso a Nairobi, dove lavorava nel collegio da lui fondato, da tre giovani entrati nel suo ufficio per furto. Dietro il dolore della morte di questo 82 anni missionario cunese, rimane anche la gioia di sapere che il suo nome è scritto in cielo con la speranza che il suo sangue versato può diventare un seme per evangelizzazione in Kenya dove le sue spoglie ci si riposano.

 

Nella stessa messa, erano ricordati tre missionari nella testimonianza fatta da tre missionari che li conoscevano. Padre Brown dalla Tanzania ha presentato padre Piero Manca che ha lavorato tanti anni nella regione del Congo e la gente lo chiamava ‘Baba Piero’ perché per loro era un vero padre. Egli, nella sua vita era convito che, ‘il sacerdozio è un dono ricevuto per la gente.’ Così si è dato tutto per la missione in una vita vissuta nel sacrificio e una fede matura espressa anche nella fiducia nella sua parola.


Infine, padre Michelangelo Piovano, l’attuale superiore di Casa Generalizia ha presentato la figura di Padre Carlo Motta che per tanti anni ha lavorato in Argentina. Padre Motta sempre sognava l’Africa ma il suo sogno non si è mai realizzato. Morto a 73 anni, la sua vita brillava nell’amore sincero per l’Istituto, rispetto per tutte le persone e vigore nella sua pastorale. Ha lasciato a coloro che l’anno conosciuto un esempio di un sacerdote convinto, laborioso e amico fedele.

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Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 20:47
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