Kenya: Chiesa in crisi?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}È la fine della settimana. Sono tre giorni che apro periodicamente il nostro sito, e compare sempre la stessa prima pagina, con lo stesso primo titolo: "Italia: La Chiesa è viva!". Dopo averlo letto diverse volte, l’ho collegato con un titolo del quotidiano Keniano THE STANDARD, che parla di Chiesa, ma in crisi. Normalmente si sente dire, anche in assemblee internazionali e di alta qualità, che la Chiesa in genere è in crisi in Europa e Nord America, ma in auge in Africa e altre parti del sud del pianeta.

Allora ho ripreso in mano l’articolo in prima pagina del giorno di Natale sull’argomento. L’ho riletto, ho cercato di comprendere realmente quello che voleva dire, ma ho trovato difficoltà nel comprendere la tesi di quella che sembra una piccola ricerca sul soggetto.


Qual è la Chiesa di cui si parla? Quella Cattolica? Anglicana? Presbiteriana? Evangelica? Oppure è la Chiesa in generale, e quindi il Cristianesimo? Di quale crisi si parla? Dal sommario delle interviste, sembra che il Cristianesimo sia in crisi perché Cristo non attira più i giovani a se stesso come nel passato. Oppure sono i giovani in crisi e, conseguentemente, la religione che essi seguono? Questa crisi si estende anche alla gente matura, agli anziani? Ci sono interviste a Vescovi e leaders religiosi, ma si parla sempre di giovani. Ora è chiaro che i giovani sono la maggioranza della popolazione, ma anche in Kenya la vita si prolunga e gli anziani diventono sempre più numerosi e degni di essere considerati in uno studio, anche se non scientifico. In altre parole la tesi dello studio non è chiara e quindi molto di quello che si dice in esso rimane oscuro e incompleto.

L’introduzione nella prima pagina riferisce le cause della crisi dovute “all’ordinazione dei preti gay, il calo di partecipazione alla messa o servizio domenicale, al celibato ecclesiastico”; nel resto dell’introduzione e tutto il testo la causa rimane una: “Eppure di tutte le cause che hanno influenzato questo stato nella Chiesa, nessuna è così acuta come il calo dei giovani, che ci fa porre la domanda: Cristo ispira ancora la gioventù?” Quindi la tesi sembra focalizzarsi principalmente sulla crisi dei giovani, e la conseguente domanda: Cristo è capace ancora di attirare i giovani alla sua sequela? Però anche qui si è generata confusione: ad alcuni è stato chiesto “se Gesù ispira i giovani”, ad altri “se il Natale ispira i giovani”. Domande molto diverse a cui si possono dare risposte contraddittorie: Cristo ispira, ma non il Natale! Con tutte queste debolezze ed inesattezze, proprie dei giornalisti, quando scrivono su soggetti religiosi ed ecclesiali, cerchiamo di sentire ciò che i giovani dicono.

Il gruppo di giornalisti scelti per condurre le interviste ha contattato 21 giovani quasi tutti fra i 16 e i 24 anni. Il più anziano ha 48 anni, segue un altro di 34, due senza età e il resto rimane nei parametri dell’età scelta. Di 21 giovani, solo undici hanno risposto per scritto alle domande dei giornalisti, e le opinioni degli altri sono assommate assieme. Di undici, solo uno ha risposto che “Natale per me non dice nulla, perché sono Mussulmano”.

Tutti gli altri hanno espresso giudizi molto positivi e che contraddicono la tesi dei giornalisti. Ecco alcuni esempi.

“Io sono un Cristiano e Gesù mi ispira specialmente nel presentarmi principi morali solidi per la mia vita… E Natale è un tempo speciale per incontrare tutte le persone che hanno bisogno”. “Gesù mi ispira perché mi ha salvato. Natale è il giorno in cui il mio Salvatore è nato, ed io lo voglio passare facendo del bene agli altri”. “Gesù è un’ispirazione nella mia vita perché è venuto su questa terra, è morto per noi e ci ha insegnato a vivere tutti assieme con amore. Lui ha anche rinnovato la nostra relazione con Dio. Natale è il tempo per ricordare la nascita di Gesù e visitare parenti e amici”. “Natale è un tempo per riflettere sulla nostra vita, e per aiutare i poveri. Natale non si esaurisce nel chiasso, nel bere e mangiare: c’è ben di più”. Ora ci si può domandare: queste risposte denotano una carenza di influenza di Gesù nei giovani? Una crisi loro e della chiesa? Si può concludere, come hanno fatto i giornalisti che “esiste un fenomeno in tutto il mondo: sempre meno giovani sono attratti dal messaggio di Gesù”?.

Dopo aver intervistato i giovani, questi giornalisti hanno intervistato anche i leaders religiosi. La loro conclusione è che “i leaders religiosi sono d’accordo che il numero dei giovani che partecipano alla vita della Chiesa diminuisce costantemente”. Ma questa conclusione è frutto di ciò che questi leaders hanno espresso, o dei giornalisti stessi?
Ecco le interviste.

L’Arcivescovo Cattolico Msgr. John Njue, ha dichiarato: “Se è vero che il numero dei giovani diminuisce, lo si deve specialmente a due cause: materialismo e secolarismo. Queste sono le due grandi sfide per i giovani non solo per la loro partecipazione alla Chiesa, ma anche per il modo con cui guardano a Gesù e al Natale…Abbiamo tramandato da una generazione all’altra l’importanza del Natale, ma non tanto di Gesù. Perché il compleanno di una persona abbia un’importanza nella vita della gente, la persona deve essere significativa …. Perché Gesù sia una fonte di ispirazione per la gioventù, dipende molto dal modo con cui i giovani vengono trattati…. Basta guardare a ciò che i mezzi di comunicazione provvedono per loro, per comprendere che battaglia debbono affrontare per mantenere la propria dignità e senso di se stessi”.

L’Arcivescovo Anglicano, Benjamin Nimbi vede il problema in diversa luce. “C’è un bisogno enorme di comprendere la gioventù e il loro desiderio di vibranti celebrazione. Alcune chiese e ministri non comprendono questo, e quindi con il loro comportamento allontanano la gioventù…. Perché i giovani siano ispirati da Gesù, la Chiesa deve cambiare le sue vedute sulla gioventù, e deve aiutarli nelle loro richieste per una liturgia viva e partecipata”.

Secondo il Vescovo Evangelico Margherita Wanjuru, “ i giovani stanno ritornando da Gesù. Io credo che i giovani sono ispirati da Gesù, anche se alcuni chiedono più esternalismo e fracasso, che interiorità …Essi sono ispirati da Gesù e lo si vede chiaro nelle celebrazioni che essi stessi preparano nei loro raduni. Sono piene di vita”.

{mosimage} Il Vice Presidente del Kenya, Mr. Moody Awori, ha partecipato alla Messa di Natale con i prigionieri nella prigione di Busia. Alla fine ha parlato ai prigionieri, con queste parole: “Purtroppo il 75% dei prigionieri sono giovani, vittime della società, dei mezzi di comunicazione sociali e della povertà che li circonda. Vi esorto ad evitare di abbandonare i principi religiosi, che tante volte riscoprite in prigione, ma a farne la nuova base per la vostra vita dopo la prigionia”. Cosa si può concludere? Che anche se fosse vero che i giovani non sono più ispirati da Gesù come nel passato, non si può accusare solo, o principalmente loro stessi, ma la società che diventa sempre più materialista e consumista, la chiesa e i suoi leaders che sovente non comprendono i veri desideri dei giovani, le istanze profonde della loro ricerca per Gesù, e non sanno rispondere adeguatamente. Ma quando questo è possibile, i giovani sono ispirati da Gesù, fanno dei sacrifici eroici per mantenersi fedeli a Lui e a i Suoi insegnamenti, e chiedono sempre più aiuto per il loro cammino spirituale.

{mosimage}I nostri studenti di teologia fanno pastorale ogni domenica. Molti di loro lavorano con gruppi di giovani. Alla fine dei loro studi, poi, debbono scrivere una tesina per poter ricevere il diploma in teologia. Diversi si focalizzano sui giovani e la religione. Ultimamente ho letto e corretto tre di queste tesine e sembra che presentino le stesse conclusioni del paragrafo precedente. Ecco alcune conclusioni della loro ricerca.

Lo studente Congolese, Arthur Moke Ngaba, dichiara: “In molte parrocchie ove ho lavorato, sembra esistere un abisso fra i giovani e gli anziani …. Il gruppo dei giovani molte volte è isolato dagli altri parrocchiani ……...I giovani vogliono organizzare i loro gruppi, ma gli adulti non danno loro tempo per presentare le loro opinioni o contributi ……Molti adulti, inclusi anche preti, pensano che la formazione giovanile consiste solamente di una dimensione: quella spirituale, dimenticando quella umana che per i giovani ha un’importanza rilevante…... Molti adulti, specialmente in Africa, vorrebbero che i giovani si comportassero come adulti di 40 o 50 anni e li squalificano in tutto quello che fanno. Spesso dicono: “voi siete capaci a fare nulla di buono”, e così pure i preti, per cui la gioventù si allontana dalla Chiesa, non per scelta, ma per forza …. Spesso i leaders dei gruppi giovanili provvedono una formazione non in sintonia con i veri bisogni dei giovani, che vogliono creatività, nuovi modelli di seguaci di Gesù. Hanno bisogno di attenzione personale, di essere ascoltati, rispettati e completamente parte della vita parrocchiale, mentre richiedono attività consoni alla loro età e bisogni”.

Lo studente Keniano Nyaga Nicholas condivide con Moke l’abisso che esiste fra giovani e anziani: “La Chiesa Cattolica ha assorbito un aspetto della cultura Africana, secondo cui gli anziani possono provvedere una buona guida e prendere decisioni sagge, mentre la gioventù non è capace. Però sta di fatto che gli anziani possono imparare qualche cosa dai giovani, e viceversa”: Nyaga richiede un cambio sostanziale in quest’area: “La Chiesa deve liberarsi da questi preconcetti e rimuovere il controllo che impone ai giovani e che li esclude dai comitati direttivi. Ma Nyaga chiede di più per fermare l’esodo dei giovani cattolici alle sette protestanti ed evangeliche, e dare loro una possibilità di successo: “un ottimo ministero per i giovani” che si basa su quattro componenti: evangelizzazione profonda, identità cattolica, spiritualità inculturata e missione attiva. L’autore lamenta che “anche dopo cento anni di presenza ed attività della Chiesa in Kenya, l’evangelizzazione è superficiale, il senso di identità e appartenenza è tenue, la spiritualità è tradizionale e non personale, e la missione rimane un problema a cui non sono invitati seriamente. Nyaga riconosce pure che la famiglia non è più all’altezza di aiutare la maturazione dei giovani: “I valori morali della famiglia, che debbono servire di base all’iniziazione alla vita cristiana, non fanno più parte dell’insegnamento famigliare”. E la lamentela che si sente più frequentemente, ma che non riceve una risposta è “che nella nostra chiesa mancano persone veramente dedicate, chiamati direttori spirituali, che aiutano veramente la crescita della persona con le parole e, ancor più, con la vita”. La sua conclusione è: “La mancanza di un serio ministero per la gioventù rimane la ragione più definitiva dell’insuccesso della gioventù nella Chiesa Cattolica”.

Un altro studente Keniano, Boniface Masini, rinforza le conclusioni dei suoi coetanei e accentua quella della conoscenza, amore, dedizione alla gioventù da parte della Chiesa, per farne dei leaders nel mondo moderno. “I preti e le persone dedicate alla gioventù hanno bisogno di comprendere ciò che sta capitando nella vita dei giovani, e sviluppare un grande interesse in loro…. …. C’è un bisogno urgente di formare la coscienza dei giovani, in modo che loro stessi possano fare un discernimento circa le loro scelte, i loro valori e stile di vita”. E Masini conclude: “I giovani protestanti sono più aiutati dalla famiglia e dai ministri: i giovani evangelici sono esperti in musica e celebrazioni religiose. Sembra che loro abbiano più libertà per manifestare la loro creatività e capacità di comando. La Chiesa Cattolica rimane più conservatrice in questo campo e i giovani non hanno un’adeguata libertà di espressione e di azione. Sono stanchi di sentirsi dire di aspettare il futuro per diventare leaders: loro lo sono già oggi, bisogna riconoscerlo e agire di conseguenza”.

Per noi missionari e per tutti coloro che desiderano il bene e la crescita del paese e della Chiesa, questo rimane uno dei problemi più urgenti. Si può discutere se ci sia un esodo dei giovani dal Cristianesimo, o no; se Gesù li attiri alla sua sequela o no; se questo costituisce una crisi della Chiesa, delle Chiese, del Cristianesimo o no: si può studiare con più profondità ed accuratezza sulle ragioni di tutte queste possibilità. Ma che il 70% dei carcerati siano giovani rimane un dato di fatto: che la popolazione del Kenya sia formato dal 70% di giovani è pure un secondo fatto. Solo questi due fatti dovrebbero farci vedere chiaramente l’importanza del lavoro pastorale per la gioventù, la necessità di modificare certe attitudini, certe direttive e soprattutto la mancanza di amore e di dedizione per loro, e la necessità di una soda e olistica formazione per un arricchimento personale e per un’azione evangelica ed efficiente nel paese.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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