Kenya: Il Matrimonio è in crisi

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Quando i nostri missionari arrivarono in Kenya nel 1902, gli uomini praticavano la poligamia. Il numero delle donne che un uomo poteva sposare, dipendeva dalla sua ricchezza e dal suo potere civile e sociale. Era un segno di ricchezza e di prestigio per l’uomo. Per la donna, il potersi sposare ed avere figli era la gioia più grande della vita; per ottenere questa gioia esse si sottomettevano a tutti i sacrifici richiesti dalla cultura e dal marito, dedicandosi ai lavori più umili e anche umilianti. Mentre l’essere sterile e, tanto più, il non potersi sposare, era la condanna più inesorabile di Dio e della società. Una donna senza bambini, era una persona disprezzata e accantonata dalla società. Le tragedie della sterilità (anche se dipendeva dall’uomo) cadevano sempre sulla donna che sola pagava le pene più indescrivibili e umilianti.

Poi venne il Cristianesimo che incontrò molte difficoltà ad affrontare il sistema poligamo di matrimonio: fin dagli inizi si è cercato di trasformarlo in un sistema monogamo. Che lotte! Che pene! Che ingiustizie commesse nel passaggio dall’uno all’altro sistema. A causa di molte circostanze esterne ed interne, la poligamia, anche se ancora esiste ed è legale nella nazione, poco alla volta cedette il passo alla monogamia, specie fra le persone che hanno ricevuto un’educazione scolastica e che vivono nelle città. Fino a poco tempo fa, quindi, il numero delle coppie che si sposavano in Chiesa o secondo il rito civile, abbracciando la monogamia, era cresciuto immensamente, e la poligamia viveva, in sordina, come un surrogato del vero matrimonio. E poco alla volta, le donne non si sentivano più persone vuote se non erano sposate, e non era una tragedia irreversibile la mancanza di prole.


Ultimamente il matrimonio come tale ha perso il suo significato sia civile che religioso: le donne non sposate sono cresciute enormemente e la loro situazione, almeno stando alle loro dichiarazioni, non è più degradante e inaccettabile.

{mosimage}Uno studio, più giornalistico che scientifico, è stato condotto nella nazione su questo aspetto nuovo della vita delle donne (nubili e senza prole) che ha rivelato una situazione tutta nuova, e che deve stare a cuore ai responsabili della vita sociale, e religiosa di queste persone.


Lo studio è stato basato su interviste personali delle donne nubili, ed anche su questionari inviati at random alla medesima categoria di persone che non era possibile intervistare di persona. Lo studio si è concentrato principalmente sulle donne per diversi motivi. Ci sono in Kenya due milioni e mezzo di donne single, fra i 23 e i 43 anni: il 63% dichiarano che non riescono a trovare un uomo che soddisfi le loro esigenze. Ci sono molto più donne che uomini nell’età menzionata (sono circa 330.000 in più dei giovani), per cui le donne hanno meno scelta degli uomini. Il motivo principale, però, è dovuto al fatto che nella società primitiva le donne avevano la quasi certezza del matrimonio e se rimanevano senza prole, si sentivano punite ed emarginate. Oggi tutto questo sta scomparendo e tutto un nuovo scenario si sta sviluppando con prospettive diverse, valori antitetici, aspettative tutte nuove.

Le ragioni per cui le donne rimangono nubili e rimandano il matrimonio ad un’età più matura sono basate principalmente sul fatto che non riescono a trovare il partner ideale (35.2%). Una ragazza di 24 anni ha dichiarato: “mostrami il ragazzo ideale per me, ed io lo porto all’altare immediatamente”. Un’altra ragazza della stessa età ha confermato: “I sono nubile perché non ho trovato l’uomo che mi soddisfi e che sia capace di una vita assieme per sempre”. Un’altra ragione è l’incertezza sulla serietà degli uomini e la loro determinazione di vivere assieme. “Non ho trovato l’uomo che fa per me, e molti di quelli che conosco non sono seri. Non vogliono legarsi per tutta la vita nel matrimonio” dice una ragazza di 28 anni. Un’altra delle stessa età suggerisce che “gli uomini non si possono credere, e non assumano responsabilità nel matrimonio: il tutto viene riversato sulla donna”. Una quarta giovane dice chiaramente che “non ho ancora trovato l’uomo con cui mi posso confidare liberamente e credere decisamente. Molti uomini pretendono di essere buoni, di amarti, ma in realtà ti fanno solo perdere tempo e quello a cui sono interessati è il sesso”.

La paura di un fallimento matrimoniale distoglie molte donne dall’idea di sposarsi, anche ad un’età avanzata. Ecco alcune testimonianze: “Il matrimonio non garantisce affatto la felicità. Ci sono tanti matrimoni che finiscono in divorzio o separazione, ed io ho paura di diventare una vittima di questo andamento”. “Io non sono il tipo di lanciarmi in un matrimonio che poi termina in separazione. Il matrimonio è l’ultima mia preoccupazione”. “La ragione per cui non sono sposata è che io considero gli uomini molto opportunisti: essi vogliono solo sfruttare le donne. Molti si sposano perché vogliono una seconda mamma che fa tutto per loro, e poi sul più bello ti piantano per trovarne un’altra”.

E come risolvono queste giovani donne lo stigma della donna nubile e soprattutto senza prole? Non sembra ci siano traumi connessi con questo stato di vita. Per la prole, esse affermano che possono sempre avere un figlio prima che sia troppo tardi. Questo darebbe loro la sensazione di aver cooperato alla propagazione della vita della tribù e del paese. “Procreare è un atto biologico che può occorrere anche a chi non è sposato. Ma sposarsi è un’unione che richiede tanti sforzi, tanti sacrifici per essere fruttifero, ed a volte, anche con la buona volontà, finisce in disastro”. “Io sono scoraggiata da quello che vedo accadere attorno a me: i rapporti e le relazioni anche più sacre, sono prese per scontate, e quando viene la difficoltà, la risposta è: se ti va, bene; se non ti va, vattene”. Per quel che riguarda il rimanere nubile, è scoraggiante quello che queste ragazze hanno detto o scritto. Ecco due esempi: “Non ci sono più giovani onesti. Ho visto che anche le ragazze più serie e con la migliore volontà, sono abbandonate o divorziate. Sono immensamente grata di essere single. Preferisco rimanere single e felice, che sposata e infelice”. “ Preferirei sposarmi, ma se rimango single, non mi perturba affatto”. “Da quello che vedo attorno a me, ho deciso di non sposarmi, anche se trovassi il principe azzurro”. “Rischiare di sposarsi con un ragazzo che poi si rivela un mostro, non è il mio stile. Preferisco rimanere single”. “La società disprezza le donne single: ma io sono orgogliosa, perché non rischio di diventare una delle tantissime vittime del sopruso dell’uomo”.

I ragazzi, per conto loro, guardano al tutto dalla prospettiva finanziaria. “Io non sono sposato per due motivi: sono ancora troppo giovane (24 anni!), e soprattutto non ho ancora messo da parte denaro sufficiente anche solo per considerarne la possibilità”. “Non sono pronto ora per il matrimonio: debbo prima pianificare la mia vita e vedere se posso offrire sicurezza finanziaria a me e alla famiglia”. “Non sono sposato perché è meno costoso vivere da singolo. Penserò a sposarmi quando avrò raggiunto una certa stabilità finanziaria”. “Non sono sposato perché il mio salario è molto povero e, come ben sapete, non mi è possibile mantenere una donna, perché oggi giorno le donne chiedono troppo dal marito. Egli deve provvedere non solo per i loro bisogni, ma anche per le loro velleità femminili”.

Quali sono le conseguenze di questi cambiamenti così radicali, ed anche impensabili fino a pochi anni fa, riguardo del matrimonio? Il medesimo gruppo che ha fatto lo studio su questo che è chiamato “l’ultimo problema sociale del Kenya”, sta eseguendo un altro studio sulle conseguenze morali, sociali e civili del fenomeno. Appena sarà pubblicato, faremo presenti le conclusioni.

Ma ora una domanda: che cosa hanno fatto le chiese, le moschee per aiutare i giovani in questi rapidi e radicali cambiamenti? Secondo il sociologo, Dr. Pius Mutie, “molte delle Chiese Cristiane hanno formato gruppi di giovani e ragazze singoli, dove i membri preparano servizi di preghiera, studio della Bibbia, corsi circa la sessualità, il matrimonio, ecc.” Muiti vede in questi gruppi che crescono a dismisura, una possibilità di incontrarsi di questi giovani singoli, di conoscersi e di stabilire relazioni di fiducia e di amore. “Mentre si radunano in luoghi usuali, come i bar, disco ecc., le relazioni rimangono superficiali. Ma quando si radunano in chiese ben conosciute da loro, sembra che si snodino relazioni più profonde, basate sulla fiducia reciproca e sulla serietà pur nella gioia della compagnia”.

Questi giovani hanno bisogno di tutto l’aiuto che le chiese possono dare. Solo il sapere che non sono rigettati dai loro parroci o pastori, è già un grande appoggio per la loro ricerca del compagno di vita e amante fedele.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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