Kenya: Quale futuro per gli ospedali di missione?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Penso che la maggioranza dei keniani siano d’accordo nell’affermare che tutti i sistemi necessari per il progresso del popolo keniano, e sopratutto quelli per l’assistenza medica, sono stati iniziati dalle varie chiese e religioni, e che per molti anni sono rimasti gli unici, o i più efficienti, mezzi di sviluppo. Il Governo del Kenya ha partecipato alla formazione di questi sistemi collateralmente, con donazioni annuali, con sussidi speciali, con assistenza ad hoc, ecc., anche se poco alla volta intende assumersi la piena responsabilità della loro esistenza e gestione.

Che questi sistemi, e specialmente gli ospedali, abbiano avuto un ruolo unico nella vita dei keniani, e nello sviluppo del Paese, si può leggere in reports speciali di studiosi e giornalisti. Due scrittori, Evelyne Oguto e Boniface Gikandi hanno introdotto il loro report speciale sugli ospedali di missione con questo titolo: “Gli ospedali di missione hanno fornito i migliori servizi medici, nonostante tutte le difficoltà incontrate”. Il giornalista Vitalis Kimutai afferma in un suo articolo che “gli Ospedali di Missione sono sempre stati centri di vita più lunga e sana”. Elisabeth Mwai esprime l’opinione di tutti i keniani quando scrive che “ Oggi tutti riconoscono che gli Ospedali di Missione forniscono cure mediche di prima qualità, e costituiscono il 40% di tutte le strutture mediche del Paese”. Isaiah Llucheli, a sua volta, ribadisce che “le ambulanze mediche sono state la salvezza di tante persone sia Turkane che di altre tribù nomadi”. Le statistiche governative parlano di più di mille istituzioni mediche costruite dalle missioni, di cui 79 sono ospedali.


Di tutti gli ospedali di missione nel Kenya, quelli della Consolata sembrano avere un’importanza unica nella valutazione di questi scrittori. Una sola sentenza compendia tutto questo rispetto e venerazione. Evelyn Okutu e Boniface Gekangi affermano che “gli ospedali dei Missionari della Consolata sono stati i pionieri nel fornire servizi medici alla gente del Kenya. Contro ogni aspettativa negativa, sono emersi come gli ospedali migliori, a cui fanno riferimento gli altri”.

Ed allora perché l’allarme sul futuro di questi ospedali di missione? Perché ultimamente si è notato la chiusura di alcuni di questi ospedali, di molte cliniche, di dispensary ed altre strutture mediche delle missioni? Perché si leggono titoli di reports come i seguenti: “Gli ospedali di missione sono sull’orlo della morte”, oppure “Molte strutture mediche di missione, che pure offrono il 40% delle cure mediche nel Kenya, prevedono la chiusura imminente dei loro servizi”? Questi scrittori menzionano diverse ragioni che brevemente espongo.

1. Il ritiro di fondi dello stato. Okutu e Gekangi dichiarano apertamente che “questi ospedali sono stati gli unici presidi medici per molto tempo, successivamente si sono affiancati a quelli del governo quando questi ha iniziato il suo sistema medico, e ora ricevono molto poco, forse assolutamente nulla” da esso. Mwai scrive che “nel 1980 gli ospedali di missione ricevevano annualmente dal Governo 36 milioni di shellini per le spese ordinarie e 6 milioni per lo sviluppo”. Tutto questo è scomparso, sopratutto sotto l’influenza dei governi esteri che hanno richiesto al Kenya, come a tutti gli altri Paesi in via di sviluppo il …… famoso piano di Structural Adjustement Programmes.

2. I fondi che rimangono per la salute vengono spesi per costruire molte più strutture mediche statali, ristrutturare quelle esistenti, dotarle di personale qualificato e di medicine moderne, ecc. Il Ministero della Salute ha pubblicato le seguenti spese per le istituzioni mediche statali: nel 2006, un miliardo e duecento milioni di shellini sono stati spesi per ristrutturazioni e nuove strutture, e nel 2007 sono stati stanziati 300 milioni per gli stessi motivi.

3. La situazione debitoria molto pesante che grava su queste strutture mediche di missione non permette loro ogni nuova iniziativa, o anche solo la sostituzione di strumenti e macchine diagnostiche.

4. Gli aiuti delle agenzie caritative non governative, che provvedevano negli anni ‘80 alla copertura di circa il 20% delle spese, hanno ridotto di molto i loro contributi e la loro policy è di aiutare nuove costruzioni, di rinnovare le vecchie, ma di non sovvenzionare più le spese di gestione. Ogni ospedale deve diventare self- supporting, e generare mezzi per il running normale.

5. Le spese delle medicine sono enormi e, mentre nel passato il governo esentava gli ospedali dalle tasse d’importo, ora richiede tasse come a qualsiasi altro importo che entra nel Kenya. P. Joseph Maina Njorogi, chairman dell’Ospedale di Gaichangiru ha dichiarato che “questa istituzione medica sta arrancando per pagare 13 milioni di schellini di debito”.

{mosimage}Questi ospedali e istituzioni mediche, hanno formato l’Associazione Medica Cristiana del Kenya (Christian Health Association of Kenya - CHAK), per fronteggiare il governo in maniera unita e con una sola voce. Il Segretario Generale, Dr. Samuel Menda, è intervenuto in questo dibattito ed ha presentato il punto di vista della CHAK su tutti questi quesiti.

In linea generale la CHAK accetta i motivi espressi dagli scrittori menzionati sopra come cause principali della crisi che gli ospedali di missione stanno attraversando. Poi aggiunge alcune precisazioni:

Mwenda dice che “per circa il 30% degli ospedali il debito è molto serio, e sarà difficile uscirne senza aiuti speciali”. Le ragioni di questi debiti sono, oltre quelle menzionate sopra, il fatto che gli ospedali di missione normalmente servono i più poveri e recuperare le spese dalle famiglie è difficilissimo. Questa situazione si è inasprita con la legge 10-20 del Parlamento che riduce il pagamento basico per servizi medici in ospedali governativi di 20 shellini, e di 10 shellini nei dispensary, mentre in quelli di missione il normale è di 50 e 20 shellini rispettivamente. Il governo poi offre pillole contro la malaria, l’HIV e tutti i servizi di immunizzazione specie per bambini. Il rapido e alto costo della benzina per produrre l’elettricità negli ospedali di missione, e le richieste di incrementi di salario da parte del personale, hanno pure elevato il costo dei servizi medici sia in ospedali di missione, e sopratutto quelli privati.

Il Dott. Mwenda chiede al governo non solo di includere alcune spese nel suo preventivo, ma di offrire i servizi di personale medico sussidiati dal Governo, e di condividere le medicine ricevute dagli altri governi e associazioni caritative con gli ospedali di missione.

La nostra Direzione Generale sembra aver percepito questa situazione molto seria, e, se ho ben compreso, ha aggiunto nel SGM un laico per risuscitare l’Ufficio Generale di Cooperazione Missionaria di cui P. Tessari fu direttore, istituito alcuni anni fa. Ma tutti i missionari dovrebbero essere coscienti di questa situazione, e assieme a tutte le forze della missione, organizzarsi in modo tale che i servizi medici possano continuare, specie in quelle regioni più lontane e abbandonate, per fare in modo che la povera gente non sia abbandonata nei momenti più difficili della loro esistenza.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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