Kenya: Perché così?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Dal 27 dicembre 2007, il Kenya e’ sotto i riflettori delle televisioni del mondo e sulle prime pagine di molti giornali. In pochi giorni il volto di questo magnifico paese e’ stato deturpato, la credibilita’ della sua celebrata stabilita’ e’ decaduta. Dall’estero molti ci chiedono: Come mai? Perche’ tanta violenza e odio, perche’ così?...

Brevemente vorrei poter dare una sintesi di quanto e’ accaduto in cosi breve tempo.

Origine di un processo democratico.


Nel 2002 il popolo del Kenya con l’elezione a presidente di Emilio Mwai Kibaki appartenente al gruppo politico NARC, ha voluto rompere il lungo potere dittatoriale di Daniel Arap Moi che ha diretto il paese per 24 anni. I motivi principali sono stati: avere un nuovo tipo di Governo, stabilire una vera democrazia, eliminare la corruzione, le menzogne, il tribalismo, lo strapotere del presidente, e preparare una nuova Costituzione per il paese. Purtroppo le promesse del nuovo Governo non sono state all’altezza delle aspettative. Dopo soli due anni il NARC si e’ spaccato per causa di divergenze politiche e della mancanza di realizzazione della politica di governo promessa: alcuni ministri si sono ritirati o sono stati dimessi, la nuova Costituzione si e’ arenata, il Gabinetto proposto dal Presidente ha continuato a governare con arroganza e con pretenziosa sicurezza. In verita’ c’e’ stata nel paese una netta crescita economica nel settore agricolo, industriale, e del turismo. Si e’ visto un miglioramento nelle infrastrutture delle citta’, nelle strade e in altri settori della vita sociale. Questa stabilita’ e’ stata apprezzata a livello internazionale. Pero’ tutto questo non e’ bastato a dare solidita’ all’immagine del paese e ad arginare le aspettative di cambiamento.

Nuove speranze per il futuro.

Nel 2007 il paese si e’ preparato alle nuove elezioni avvenute il 27 dicembre scorso. Il presidente Mwai Kibaki della tribu’ Kikuyu, si e’ presentato con un nuovo partito di coalizione chiamato Partito di Unita’ Nazionale (PNU), mentre l’opposizione facente capo a Raila Odinga della tribu’ Luo con il suo partito Orange Democratic Movement (ODM) si e’ proposto di porre termine alle menzogne e alle false promesse, offrendo al paese una nuova leadership, la realizzazione della nuova Costituzione, trasparenza di relazioni eliminando la corruzione. Diventa in questo modo il paladino dei piu’ diseredati del paese promettendo una nuova speranza di vita, novita’ di azione e spirito democratico. Le votazioni sono avvenute ordinatamente il 27 dicembre 2007 esprimendo una forte volonta’ della popolazione di votare democraticamente per avere un nuovo governo nel Presidente e nei membri del Parlamento, con calma e ordine in ognuno dei 210 Distretti (Costituencies); si è avuta una grande affluenza alle urne con circa 10 milioni di votanti su 14 registrati per votare.

Dopo le elezioni il caos.

Il 27 sera dopo la chiusura delle sedi elettorali e’ cominciato lo spoglio dei voti gestito dalla apposita Commissione Elettorale (ECK). Qui sono iniziati i gravi problemi.
Nel processo del conteggio fatto in pubblico con radio e televisioni e in presenza di tanti giornalisti di ogni partito, la Commissione ha iniziato bene il suo lavoro. Nella prima notte e nel giorno successivo, 28 dicembre, le preferenze sono andate decisamente in favore del leader della opposizione con circa 1 milione di voti in piu’ creando un’atmosfera incredibile di novita’ e di speranza. Ma qui ha cominciato a scricchiolare il ruolo neutrale e indipendente della commissione. Nella giornata del 29, il divario dei voti tra i due pretendenti si e’ ridotto gradualmente pur rimanendo alto il numero dei nuovi parlamentari dell’ODM (95) in confronto di quelli del PNU (solo 30). La Commissione ferma il processo e si ritira – cosi’ dichiara - per consultazioni e per terminare il conteggio da tutti i Distretti. L’incapacita’di dare i risultati con ordine e nel tempo giusto, ha originato subito sospetti che i risultati venissero “cucinati” (cooked). Stupore e protesta, discussioni e accuse. Il giorno 30 a mezzogiorno la Commissione annuncia ufficialmente il risultato finale delle elezioni: Mwai Kibaki vincitore con 4.584.721 voti contro i 4.352.993 di Raila Odinga. Poche ore dopo il vincitore fa il giuramento nella State House come Presidente della Repubblica.

Le conseguenze e lo status quo.

Non e’ difficile qui immaginare l’origine della grave crisi che ha messo in ginocchio il paese. La protesta della opposizione e’ drastica: “La vittoria di Kibaki e’ inacettabile, io sono stato votato Presidente dal popolo, lui deve dimettersi” dice Raila Odinga. Subito iniziano le battaglie di protesta tra i gruppi perdenti contro quelli favorevoli al Presidente nominato, con scontri, violenze, saccheggi, incendi, blocchi stradali, uccisioni e massacri in diverse parti del paese, specialmente negli slums di Nairobi, a Kisumu, a Eldoret, Mombasa e Maralal. Il paese e’ bloccato, la gente e’ confusa, abbandonata, isolata e piena di paura.

Incominciano le proposte di mediazione. Vari gruppi religiosi si radunano e chiedono alla gente di abbandonare la violenza, le uccisioni, i saccheggi. La Conferenza Episcopale presieduta dal Cardinale John Njue e sostenuta dai Superiori maggiori dei religiosi, fa un richiamo appassionato di pace a tutti i kenyani per far cessare queste calamita’. Chiede ai due Responsabili di incontrarsi e di procedere verso una soluzione pacifica con una commissione neutra per fare luce sui brogli avvenuti. Ambasciate, delegazioni internazionali, personaggi come Desmond Tutu, premio Nobel per la pace, offrono la loro collaborazione di mediazione. Il Procuratore generale Amos Wako propone infine la soluzione di una coalizione di governo tra i 3 maggiori partiti per un governo di unita’ nazionale.

Quale soluzione?

Il paese continua ad essere sotto shock, economicamente in grave perdita giornaliera per la assenza dal lavoro, dalle attivita’, per il calo del turismo ecc. Rimane pero’ sostenuto da uno spirito di fede in Dio, tipico del popolo africano, rafforzato da un forte sentimento patriottico che non e’ mai venuto meno anche in questi giorni.

Nell’animo di tante persone desiderose di pace, di benessere, di educazione e di salute per le proprie famiglie e per tutto il paese, persiste la fiducia di una positiva mediazione degli enti e delle persone che si sono offerti per la pacificazione del paese, verso una giusta soluzione di questa grave crisi e per un governo accettato da tutti.

Franco Cellana e Antonio Bianchi IMC
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29
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