Missionario si, ma quale missionario?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage} Introduzione

Forse è troppo facile parlare della missione e del missionario a livello verbale. Da quando sono stato in seminario, questa questione non mi è sembrata cosi facile. Dal Concilio Vaticano II (Ad Gentes) fino a 1990 con Redemptoris Missio (RM), mi sembra che la questione sulla missione ed essere missionario non è stata mai esaurita. Penso che è, per questo che P.Trevisol Imc disse che missione oggi potrebbe essere l’amare i cambiamenti alla luce del vangelo (interseminario 2008).

Vorrei condividere le mie opinioni e convinzioni personali in quanto ho riflettuto, ho capito e accolto della missione. Citeremo alcuni missionari che in un modo o altro hanno toccato l’essenziale dell’essere missionario. Qui parliamo di missionari consacrati anche se tutti battezzati sono chiamati ad essere missionari.


Quando uno sente la chiamata ad essere missionario, cosa cerca? Possiamo affermare che essere missionario vuol dire strettamente andare in Colombia o in Uganda o la mongolia, fare professore, fare parroco, incaricarsi delle riviste missionarie, fare superiore o formatore…ecc? E quando un missionario come tanti che abbiamo conosciuto fallisce nella sua attività missionaria, qual è la causa di questo? E’ giusto giudicarli forte, o dovrebbero entrare in crisi solo per un fallimento umano? E’ importante lottare per una certa attività missionaria da svolgere, un posto specifico da lavorare? Per rispondere a queste domande è necessario tornare alle fonti, cioè la radice della missione, in modo di svolgerla e la sua fine poi in luce di questo possiamo illuminare i cambiamenti d’oggi e amarli.

Radice della missione

La fonte della missione è nella Trinità, Dio che volendo realizzare il piano di salvezza, mandò il suo figlio a testimoniare tra gli uomini che tutti siano salvi, poi lo “stesso Cristo inviò da parte del padre lo spirito santo perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la chiesa ad estendersi.” (AG,4) Istituendo la chiesa come missionaria, Gesù chiamò presso di sé quelli che volle, ne istituì dodici affinché stessero con lui e li mandò a predicare” (Mc 3,13, AG 5)

Da questi versetti troviamo che la missione non è dell’uomo, ma di Dio Padre che ha voluto la salvezza di tutti. Per questo, per suo amore egli mandò suo figlio che per 33 anni fece tutto che poté, poi volendo che sia continuata questa opera istituì dodici prima per stare con lui, poi dopo aver imparato da lui andare a donare agli altri quello che hanno ricevuto da Gesu stesso. Quindi la missione rimane opera del padre e Gesù è missionario per eccellenza e noi partecipanti. Se cosi è, allora i consacrati e le consacrate sono quelli separati da cristo a continuare questo sua opera come vuole lui, ‘come mio padre mi ha mandato anch’io vi mandò(Gv.20,21)

Chi è missionario

Da questa fonte gia vediamo che missionario in sé, Gesù ,era molto umile a fare la volontà del padre fino alla croce, questa era la missione. A Getsemani è stato tentato di sciogliersi, e diceva, “Abba, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice però non ciò che voglio ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36), cosi rimasse fedele a colui che lo ha inviato. Allora se il modello per eccellenza è lui, che missionario siamo oggi dato che è facile fare missionario piuttosto che esserlo?

Penso che missionario è colui che si lascia radiarsi da Gesù, che sia strumento nelle sue mani. Allora Gugliemo d’ockham affermerebbe che essendo deboli dobbiamo seguire la volontà di Dio sacrificando la nostra però penso che non sia giusta cosi perché una volontà umana ‘materializzata,’cioè che si stacca da Dio non ha valori né per la persona stessa ne per la società. Appunto qui entrerà individualismo estremo con tutte le conseguenze e complessità che il nostro Papa Benedetto XVI pone l’accento ogni spesso. Sartre aveva parlato d’uomo come una liberta assoluta in se perciò nessun altro essere (in questo caso, Dio) dovrebbe porre le sue opinioni o suggerimenti perché limita la liberta personale. Lasciando sillogismi a parte, affermerei che è qui dove oggi i missionari si dirigono. Ognuno vuole fare quello che vuole secondo la sua volontà, è come missione fosse un progetto personale. Non intendo però di negare la possibilità di darsi alle missioni secondo diverse capacità! Possiamo mettere punto interrogativo però sul missionario che dice per esempio, io lavoro o in Africa o niente,faccio professore o niente, ecc…

Affermerei che a me è importante conoscere le mie capacità e limitazioni come missionario però siccome non sono io che do a me stesso queste, devo lasciarmi guidare dallo spirito santo che Gesù ci mandò per guidarci nel testimoniarlo. Per esempio, Suor Sandra Mc durante interseminario2008, condivise che non sapeva che fosse fatta per lavorare con i giovani fin quando è stata destinata a loro senza volere però si è resa conto che tutto andava bene e non voleva più lasciarli.

A me questa mostra che le nostre volontà possono essere oscure ma se torniamo alle fonti tutto viene illuminato. Direbbe padre Paco Imc, “un missionario deve accettare di morire in qualche cosa per poter risorgere”. In questo si pensa di coloro che diventano missionari con attività missionaria fissa nella mente, o destinazione fissa la quale se non viene garantito tutto va in crisi. Tanti di questi profondamente sono bisogni di potere, titoli, riconoscimenti che il nostro maestro Gesu non tento anche di volere (cf. Phil 2,6-11). Allora più che andiamo fuori della volontà (piano) di Dio, più che facciamo i nostri affari che non hanno niente a fare con la missione ma i progetti personali filantropici. E allora siamo missionari ma che missionari?

I fallimenti missionari

Sappiamo gia che san Paolo mette primato di Gesù anche per la missione. “non è io che opero ma Gesu che vive in me opera attraverso me”. Questo versetto è centrale per un missionario sia nella difficoltà sia nella prosperità. Se veramente uno sa che l’opera appartiene a Gesu allora non andremo in giro a dire, sono io che ho fatto questo, e quando c’e fallimento non ci scoraggiamo finche mi sono dato integralmente per opera del signore convinto che nei fallimenti abbonda la grazia e amore di Dio che vuole assicurarsi che è lui il protagonista come si è verificato a Geremia e altri profeti(cf. Ger1,9). E’ vero che missionario può avere tutta la buona volontà e sogno per la missione poi la realtà viene contro il suo sogno e qui si entra in crisi. Toussaint Imc durante interseminario 2008 disse, “missione ci vuole sacrificio, pazienza e preghiera in quanto realizzare i nostri sogni possono essere difficile però con questi tre c’e via d’uscita.” E’ ragionevole che quello che è importante è dire sì anche se la missione non è come la aspettiamo(diceva cosi Sergio studente della Consolata presso Alpignano). Allora io imparerei da questi confratelli la disponibilità e il primato di Gesu piuttosto che i miei affari personali nominati “missioni”.

Sapendo che ogni missionario in qualsiasi attività svolge la sua missione con tutta la buona volontà e tutta la sua capacita, penso che non sia giusto giudicare fortemente quei missionari che falliscono in diversi modi. Questi sono persone umane come altri uomini e donne pur essendo consacrati a partecipare all’opera missionaria di Gesù. Se falliscono, hanno forte bisogno dei nostri sacrifici, appoggio, preghiere e non condanna. Pur essendo fragili, siamo chiamati a svolgere la missione però la nostra forza va attinto dal Signore che chiamando i suoi volle che stessero con lui prima di dargli un’attività missionaria da svolgere. Il beato Allamano direbbe, prima santi poi missionari.

Allora essere quale missionario?

Da quello che si sente oggi sui missionari, direi che oggi essere un missionario ci vuole tornare alle fonti, il sapere che la missione appartiene a Gesu e che io partecipo fedelmente con aiuto dello Spirito Santo. Secondo, c’e bisogno di aprire le menti e i cuori ad accogliere i cambiamenti che RM 37 suggerisce-nuovi areopaghi. Però qui appoggerei l’idea di P. Trevisol che oggi un missionario a parte che usa il cuore deve usare la testa, riflettere sulle realtà che cambiano. Per me questo suggerirebbe che sia rivisto la formazione di base e prevedere che i futuri missionari siano ben preparati secondo i segni dei tempi illuminato dalla Tradizione. Finalmente, missionario dovrebbe essere colui che ascolta-ascolta la voce di Dio sia nei fratelli e sorelle che dai fedeli e sappia distinguere la sua volontà dalla volontà di Dio anzi provare a coniugare le due.

Conclusione

Da queste riflessioni, possiamo dire che fare ed essere missionario sono due cose diverse. Quindi per essere veri missionari ci vuole tornare alle fonti (il primato di Gesù), la flessibilità di accogliere i cambiamenti sempre alla luce del vangelo e sempre consapevoli che la missione non è necessariamente quello che sogno io ma quello che Dio ha voluto e vuole che sia realizzato. Questa complessità appunto ci fa affermare con Toussaint Imc che “ la missione di Gesu ci vuole sacrificio, pazienza e preghiera” e aggiungo, ascolto, buona preparazione personale e amore.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:50
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