È possibile una credibile vita fraterna e comunitaria?

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Introduzione

“Come è buono e soave che i fratelli vivano insieme!” (SL 133) il salmista afferma la possibilità e fa un richiamo a vivere la vita fraterna specialmente dai consacrati e consacrate. La vita fraterna è stata vista come utopia tante volte a causa delle diverse rivoluzioni della società e mentalità. Nonostante questo i consacrati ancora si sforzano per viverla. Allora vogliamo riflettere su quali modi possiamo ancora valorizzarla e farla più autentica. Forse occorrerebbe tornare alle fonti per riattingere le energie.

Gesù all’inizio della sua missione chiamò a se quelli che volle e andarono da lui, da questi costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare(Cfr.Mc 3,13-15). Questo testo ispira l’origine di vita fraterna e vita comune, i monaci hanno voluto stare più con Gesù e cosi si è sviluppato pian piano la vita religiosa. Faremo riflessione sulla vita fraterna e vita comune trattando specialmente la comunità religiosa. Sosterremo le nostre riflessioni da alcuni documenti ecclesiastici ma centralmente, la vita fraterna in comunità del 1994.


Definizione e Descrizione

Il nuovo codice di diritto canonico (1983) a canone 607,2 rileva l’aspetto spirituale di vita fraterna e quello visibile, vita comune; quindi parla di condurre la vita fraterna in comune. Questo unisce quella definizione di vita comune bassata sull’elemento visibile, ecc… che è ben trattata nel codice pio benedettino di 1917 al can.594,1 con quello dato da Vaticano II (perfectae caritatis 15) su legame di fraternità in carità fra tutti membri. “Prima di essere una costruzione umana, la comunità religiosa è un dono dello spirito, infatti, è dall’amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello spirito che la comunità religiosa trae origine e da esso è costruita come una vera famiglia radunata nel nome del signore” (V. F 8.)

Questo dono chiama alla costruzione della fraternità, cioè del diventare fratelli e sorelle in una certa comunità. Più che materializzarla, la vita fraterna viene arrichita da preghiere e relazione speciale con Dio nella liturgia e sacramenti. La preghiera in comune richiede fedeltà a un orario specifico e anche perseveranza. In virtù di questa perseveranza e consolazione che vengono dalle scritture teniamo viva la nostra speranza…con un solo animo e una sola voce rendiamo gloria a Dio. (cf. Rom15,4-6)

Rendere concreta la vita fraterna

L’amore di Cristo nei nostri cuori ci spinge ad amare i fratelli e le sorelle fino ad assumersi le loro debolezze, i loro problemi, le loro difficoltà—donare noi stessi. Cosi il documento “vita fraterna” interpreta Galati 6,2, “portate i pesi gli uni degli altri.” Questo dono che ognuno si sente dato quando viene nella comunità, chiede anche l’impegno personale nel farlo una comunione incarnata. Anzi è vero che tutti chiamati alla vita religiosa portano con loro diversi doni personali. Allora se è vero che comunione non esiste senza oblatività di ognuno,è necessario che si elimini illusioni che la comunità deve essere costruita dagli altri,quindi le frasi come tale e tale non vivono vita fraterna anch’io la vivo a modo mio sono meno giuste. Uno può essere tentato di dire che siccome anche altri non la vivono non fa senso viverla, allora essa dovrebbe essere impegno assai iniziato da me nelle piccole cose. Ma cose dire se nella comunità si fa le cose che non mi vanno? Affermeremo che la formazione iniziale deve condurre anche a una presa di coscienza dei sacrifici richiesti dal vivere in comunità, questi sono atteggiamenti tipici di un uomo interiormente libero.(cf.documento potissimum institutioni,1990,no.32-34). Uomo libero è colui che lascia cristo operare dentro di se provando di fare come cristo richiede di se e non soltanto come vuole la persona. Per esempio, amare gli altri non come voglio io ma come Gesù mi ha amato. Nella concretezza di vita fraterna ci s’incontra però con le sfide.

Le sfide alla vita fraterna

I più evidenti sono troppa enfatizzazione dell’individuo, liberta e diversità delle personalità. Si sa che ognuno ha la sua storia personale, esperienze, e carattere però nella comunità non è dato che tutti devono vedere secondo le mie categorie; è difficile che entrino integralmente nella mia persona e vedere le cose con i miei occhiali. Quindi, “Mentre la società occidentale applaude la persona indipendente,che sa realizzarsi da sé, l’individualista sicuro di sé, il vangelo richiede persone che, come chicco di grano, sanno morire a sé stesse perché rinasca la vita fraterna”(V.F. 25,cfr. LG 46). Un'altra sfida è di conflitti. Sappiamo che la comunità perfetta ancora non esiste per cui le comunità sono quelle in cui a volte non si possono evitare conflitti però devono cercare di costruire unita che si stabilisce al prezzo della riconciliazione(cf.can 602). Conflitti ci sono stati, ci sono e ci saranno,importante è conoscersi e capire le debolezze dell’altro non per approfittarne ma per accoglierlo e aiutarsi reciprocamente con umiltà e rispetto a crescere. Pertanto, “esige che il sacerdote non sia né arrogante né litigoso ma sia affabile,ospitabile,sincero nelle parole e nel cuore, prudente e discreto,generoso e disponibile al servizio capace di offrire personalmente e di suscitare in tutti, rapporti schietti e fraterni, pronto a comprendere,perdonare e consolare” (pastores Dabo vobis 43).

Verso una credibile vita fraterna

La comunicazione è necessaria per crescere insieme, anche perché comunicando ci si conosce. Gli incontri comunitari sono utili per ascoltare gli altri, partecipare i propri pensieri,valutare insieme la vita comunitaria e percorso compiuto. Maturità richiede dare attenzione alle opinioni di ognuno, accogliendo o contestando l’idea e non la persona stessa. È consigliato anche comunicazioni spontanee durante pasti, sport, lavori di cui l’importanza non può essere sottovalutata .

Uso equilibrato di mass media o mezzi di comunicazione(documento dimensione contemplativa della vita religiosa,1980,no.14) può essere una sfida nella comunicazione e creare isole piuttosto che vera vita fraterna. Questi, pur essendo necessari, possono a volte nascondere incapacità di vivere la fraternità o meglio il non volere. Una malattia di ridurre comunicazione di tu-tu a io-telefono/internet può togliere di mezzo il valore di vita fraterna.

Frutti da una credibile vita fraterna

Si può affermare che a parte che comunità religiosa è una “schola amoris” che aiuta a crescere nell’amore di Dio e fratelli, è anche un luogo opportuno per la crescita umana sia nell’identità sia nell’affettività. Il documento potissimum institutioni quarantatre diede alcune direttive circa discernimento sull’equilibrio dell’affettività particolarmente sessuale e sulla capacita di vivere in comunità; a noi però interessa come portare il peso degli altri. Pensiamo che sia buono accogliere una persona integralmente anche se troppo debole nell’affettività. L’amore rispettoso a questa persona indebolita può condurlo alla vera luce e crescita. Quando necessario, affermerei il ricorso alle scienze umane-psicologia,ecc.(cfr pastores dabo vobis cinquantadue). Si nota però che l’uso di questi non può sostituire a un’autentica guida spirituale(cfr,potissimum institutioni 52) anche perche non sono risolutivi di tutti problemi. Anzi, una persona umana è più misterioso che si può pensare però i mezzi morali disponibili per venire al suo aiuto sono da raccomandare sempre con rispetto alla coscienza di ognuno.

Inculturazione e vita fraterna

La comunità religiosa deve seguire un giusto equilibrio tra le diverse culture e valori di vita fraterna. Ci vuole discernimento fra le mie cose e le cose della comunità,carismi personali e progetto apostolico della comunità. Ed è vero che per raggiungere ad un equilibrio ci vuole trascendere le differenze culturali e individuali e vedersi come persone chiamati a realizzare il piano di Dio assieme. Prudenza dinanzi alle culture è indiscutibile per esempio, “se la cultura di stampo occidentale può portare all’individualismo che rende ardua la vita fraterna in comune,altre culture possono al contrario portare al comunitarismo che rende difficile la valorizzazione della persona umana. Tutte le forme culturali vanno evangelizzate”(V.F. 42). Il documento qui sembra troppo ideale perché in un certo continente le culture sono particolari secondo diversi popoli per cui un attributo universale non può necessariamente applicare a ogni individuo di quel continente. Per esempio quello che si pensa di cultura occidentale non è 100% vero per L’Italia e la Francia e anche più particolare quello che è vero dell’Italia settentrionale non è il vangelo per il sud. In questo senso, pregiudizi culturali non verificate possono essere sfidanti piuttosto che aiuto alla vita fraterna.

Il documento V.F. (52) consiglia che la comunità religiosa assumi la cultura del luogo ma è anche chiamata a purificarla e a elevarla attraverso la luce del vangelo. Cosi pensiamo che gli studenti stranieri che si trovano in una comunità internazionale siano attenti a non perdere i loro valori culturali già acquisiti ma invece aprirsi ad acquistare i nuovi dal luogo senza lasciarsi bagnare da valori meno morali incontrate nel luogo o nella comunità. Qui si mette in gioco maturità e identità personale per discernere quello che è necessario per me come me e quello che non è in sintonia con la mia identità ormai costruita parzialmente prima di farsi religioso.

Voti e vita comunitaria

I voti sia l’obbedienza sia povertà sono importanti nella disponibilità e umiltà che ci vuole nel vivere la vita fraterna in comune. Ma in modo speciale, la castità consacrata perche è “ una gran purità di mente, di cuore e di corpo,esprime una gran libertà per amare Dio e tutto ciò che è suo, con amore indiviso…Quest’amore non egoistico né esclusivo,non possessivo né schiavo della passione ma universale e disinteressato, libero e liberante,tanto necessario per la missione,viene coltivato e cresce attraverso la vita fraterna”(V.F. 44) Pensiamo che la vita comunitaria non è associarsi con tutti e pensare univocamente. Ma peggio è quando viene capito come amicizia utilitaristico, le relazioni per opportunità, fare finta per autodifesa con confratello o consorella con cui si nascondono i danni. No! La vera amicizia fraterna nasce dall’amore divino e non intende possedere l’altro o che uno sia schiavo dell’altro ma vuole la crescita reciproca nelle virtù. E per questo che diremo che un amico vero è colui che complimenta quando c’e da complimentare e revoca il fratello quando sbaglia.

Conclusione

Dalla riflessione, si può notare che la vita fraterna vissuta in comune nasce dal comando di Gesù che ha voluto che il mondo creda che siamo i suoi discepoli dal vivere secondo il suo comandamento, “da questo tutti sapranno che siete i miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri” (GV. 13,35). Allora una vita fraterna credibile vissuta visibilmente in comune è già un apostolato - il fare quello che il nostro maestro ha voluto di noi. Quindi, pur essendo difficile, è la prima missione che ogni religioso(a) deve affrontare perche se dobbiamo predicare che tutti siano uno come la Trinità e non lo siamo, allora saremo solo contenitori vuoti di cui Papa Paolo VI disse che il mondo è già stanco e vuole testimonianza della vita. Religiosi(e) di oggi allora hanno tutto il coraggio di dire che la vita fraterna credibile è possibile prima perché è un dono divino, secondo perché abbiamo la buona volontà e grazia di concretizzare lo stesso dono, e terzo perché i santi ci hanno preceduto nel realizzarlo. Il nostro augurio è che ognuno cooperi con la grazia di Dio nel concretizzare il dono di vita fraterna in comune che possiamo tutti essere protagonisti senza scoraggiarsi a causa delle limitate imperfezioni esperimentate in passato o nel presente.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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