Kenya: Turismo sessuale, intervista a Padre Franco Cellana

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Il Kenya vive una crisi umanitaria senza precedenti, dovuta alle lotte tribali ed etniche iniziate nel 2007, a causa dei contestati esiti elettorali. Sono state perpetrate nel paese violenze inadite (in un solo giorno, ha denunciato l’UNICEF nel mese di gennaio), sono stati arsi vivi diciannove tra donne e bambini. Sono complessivamente 350.000 le persone costrette ad abbandonare le loro case. Interi villaggi si sono spopolati a seguito di aggressioni, razzie e incendi, che nel totale hanno fatto oltre mille vittime.

L'UNICEF ha denunciato il moltiplicarsi degli stupri a danno di donne e ragazze, che non trovano condizioni adeguate di sicurezza neppure nei campi per sfollati allestiti in tutto il paese, spesso scarsamente presidiati dalle forze dell'ordine. L'UNICEF è stato incaricato dal Governo kenyota di coordinare le operazioni delle agenzie umanitarie nei settori della salute, della nutrizione, dell'istruzione e della protezione dell'infanzia. Le attività di soccorso si svolgono nei circa 300 campi accoglienza installati ovunque nel paese. Sono in corso distribuzione di alimenti per l'infanzia, come l'UNIMIX (una miscela altamente proteica), di cui sono fornite razioni per il 70% degli 80.000 bambini sotto i 5 anni ospitati nei centri. Prosegue la distribuzione di compresse di cloro per la potabilizzazione dell'acqua (80mila solo a Nairobi), l'installazione di latrine prefabbricate e di cisterne per l'acqua potabile. Sul fronte della sicurezza, l'UNICEF e altre organizzazioni partner stanno conducendo un censimento dei minori in condizioni vulnerabili e organizzando misure di protezione per donne e bambini sfollati.


Nonostante questo scenario, il Kenya rimane una delle mete preferite dei viaggiatori occidentali che praticano il turismo sessuale.

Abbiamo raggiunto a Nairobi, telefonicamente, Padre Franco Cellana - dopo un “inseguimento” di alcuni giorni, visto il suo girare di continuo nei campi profughi per assistere la popolazione - che da otto anni opera in Kenya ed è Superiore delle trentuno Missioni della Consolata presenti nel paese africano.

Padre, come può descrivere la situazione del Kenya, che Lei ben conosce, rispetto al fenomeno del turismo sessuale?

Ho fatto personalmente parte del Comitato italiano che tre anni ha approfondito questa questa questione, soprattutto relativamente a quel che avviene nelle città della costa, Malindi, Lamu, Mombasa. Sono stati “contati” 30.000 giovani, minori kenyoti – per la maggior parte sollecitati dai loro genitori, soprattutto bambine - usati per l’attività sessuale degli adulti. Da quello studio, risultava che l’abuso sessuale era praticato per il 38% da kenioti, per la restante parte dagli occidentali che praticavano il turismo di carattere sessuale: 18% italiani, 14% tedeschi, 12% svizzeri, 8% francesi.

Oggi, la situazione qual è?

In tutto il paese, dal 2000 in avanti, il fenomeno è diventato molto consistente e coinvolge le situazioni di disagio, di marginalizzazione, di povertà. I “turisti” occidentali negli ultimi anni si sono “trasferiti”: hanno preferito l’Africa, ed in particolare questo paese, rispetto ai paesi asiatici.

Si sta sviluppando molto a Nairobi. In particolare, sono coinvolti giovani omossessuali che si prestano per mancanza di fondi per continuare negli studi o per acquisire un profilo professionale adeguato. Non lo fanno per sesso, perché hanno un rispetto ancestrale molto forte, ma per “racimolare” i 30-40-50 mila scellini per continuare gli studi e presentarsi in modo qualificato nel mondo del lavoro.

Il fenomeno, in generale, sta crescendo moltissimo. Dappertutto. C’è anche l’aspetto delle donne occidentali che usano giovani africani avvenenti. Questo accade in molte città, Malindi, Mombasa, ma anche a Nairobi si sta diffondendo molto quest’aspetto.

Lo Stato che cosa fa?

C’è una legge del ’90, in cui si difendono i diritti dei bambini, ma lascia il tempo che trova, così come la legge del 2003 che stabilisce norme penali per chi favorisce la prostituzione. La polizia non intervine su questi fatti, perché la stessa polizia è la prima responsabile, perché è corrotta.

Il fenomeno è organizzato?

C’è sicuramente alle spalle un’organizzazione o più organizzazioni che coinvolgono soprattutto bambine, anche se sono brave a nascondersi e a divenire invisibili.

La vostra opera di contrasto e di evangelizzazione come si svolge?

Siamo tra le più antiche comunità missionarie del Kenya e attualmente, come lei sa, abbiamo 31 Missioni in questo paese. L’opera di evangelizzazione è rivolta soprattutto all’aspetto dei diritti delle persone, per il lavoro, per la casa, per la salute. Alcune delle quattordici Parrocchie che ci sono hanno condotto un’azione veramente approfondita rispetto al fenomeno di cui stiamo parlando. Devo dire, però, in generale, che l’opera di evangelizzazione e di contrasto è molto difficile, perché il fenomeno sfrutta la povertà e i bisogni di questa popolazione.

Non posso fare a meno di chiederLe, in conclusione, qual è la situazione del paese rispetto alla crisi umanitaria.

La Chiesa Cattolica ha lavorato fortemente e in silenzio in questi mesi di fronte alla tragedia dei 350.000 sfollati. Siamo nel totale 63 comunità religiose unite in questo lavoro, apostolico, di promozione della pace, di evangelizzazione. Quello che posso dire è che la popolazione ha molta paura a tornare nei luoghi da cui è stata costretta a fuggire e osservo che non è certamente favorita dal formalismo che pervade le organizzazioni internazionali. Personalmente, mi sono “scontrato” con la Croce Rossa, che con l’Unicef – in accordo con il Governo kenyota – ha la responsabilità della gestione umanitaria di questa crisi.

C’è chi ritiene che queste organizzazioni internazionali siano diventate, nel tempo, dei “carrozzoni burocratici”…

Sono d’accordo. Non si può attendere due mesi perché la Croce Rossa consegni duemila kit perché duemila famiglie tornino nei loro villaggi, con la dotazione delle cose minime per la loro casa (gli utensili per cucinare, un materasso, una coperta, la zanzariera, una piccola sovvenzione per re-iniziare a vivere). Sono trascorsi due mesi e, nonostante le rassicurazioni, questo non è avvenuto. Il trascorrere del tempo consuma la dignità di questa povera gente.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:43

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