Il Corso durerà circa 4 settimane con un programma molto intenso per noi vecchietti, ma che certamente ci aiuterà a riprendere quota nel nostro cammino missionario.
Nella S. Messa di apertura, il 25 agosto, padre Stefano Camerlengo, Vice Superiore Generale, ci invita a ringraziare insieme il Signore per tutti gli anni spesi da missionari in varie parti del mondo. Basti l’esempio di padre Giuseppe Zintu, il decano del corso con 89 anni, che, ordinato sacerdote nel 1943, dalla Sardegna parte per il Brasile dove ha trascorso più della metà della sua vita. Ma non è l’unico, per tanti dei partecipanti è successa la stessa cosa.
La giornata iniziale è stata dedicata alla presentazione del programma generale. Padre Giuseppe Ronco ci ha parlato del corso come un momento di grazia più che un semplice aggiornamento a livello di conoscenze e nozioni. Ci sono momenti di preghiera comunitaria e due incontri formativi, al mattino e al pomeriggio. Rinnovarci vuol dire abbandonarci a Dio e vedere più chiaramente cosa abbiamo fatto finora e cosa il Signore continua a volere da noi. Tra l’altro per alcuni di noi, in questi giorni, si intravede la possibilità di nuove destinazioni e cambiamenti che richiedono una buona dose di adattamento e docilità alla volontà di Dio per qualsiasi età, anche quando uno penserebbe orami di essere arrivato, potersi programmare la vita a modo suo e tirare i remi in barca.
p. Antonio Rovelli ha spiegato molto bene la dinamica del “raccontarci”, basata sulla rilettura, revisione, analisi della storia della nostra vita alla luce dell’incontro che ha cambiato la nostra vita: quello con Gesù che ci ha chiamato a seguirlo per trasformarci in “pescatori di uomini”. Un modo per ringraziare il Signore per il bene che ci ha voluto e fatto attraverso di noi, ma anche per lasciarci guarire e purificare dalla infinita bontà del Signore che anche oggi ci esige una risposta di entusiasmo e zelo missionario. Al “raccontarsi” verranno dedicati tre momenti nel programma generale per condividere e lasciarci nuovamente cambiare dal “Padrone delle messe”. Abbiamo sperimentato un primo momento e alcuni hanno avuto la possibilità di raccontare i fatti più salienti della loro vita con gioie, crisi e difficoltà varie (ad es: in Mozambico, Colombia e Kenya) e altrettante iniziative pastorali intraprese.
p. Camerlengo a nome della Direzione Generale ci ha dato il benvenuto a questo corso pensato proprio per noi anziani, dopo anni di lavoro apostolico, e con il rischio di sentirci arrivati e di svuotarci spiritualmente. Ci ha invitati a trascorrere questo mese nella preghiera e riflessione, con fraternità ed aiuto vicendevole, proprio come voleva il nostro Fondatore.
Subito dopo l’apertura e le varie introduzioni, in pellegrinaggio ci siamo recati alla Basilica si San Paolo Fuori le Mura, dove si trovano le catene della prigionia romana e la tomba di Paolo. Siamo nell’anno paolino e quindi, oltre a gustare la ricchezza artistica della Chiesa, abbiamo ascoltato due riflessioni: una sull’ecumenismo a cura di Padre Ronco e una lectio divina sul martirio proposta da padre Rovelli. All’apostolo delle genti abbiamo affidato il cammino di questo settimane.
Il corso prevede delle giornate di riflessione sui vari aspetti attinenti l’anzianità, presentate da vari relatori. E così nella prima settimana se ne sono succeduti alcuni di rilievo il cui contributo e stato molto apprezzato ed arricchente.
P. Giovanni Cucci, SJ., che ci ha parlato della crisi nella vita religiosa soprattutto dal punto di vista psicologico, come trovarsi nella “selva oscura del cammin della nostra vita (citando Dante). Nella sua profonda analisi ha elencato i segnali della crisi come: la stanchezza, l’aridità e l’apatia con la tentazione di tirare i remi in barca. Il segreto per uscire da questa crisi è quello di trovare il significato di quello che facciamo, in senso teologico, spirituale e sociale: la preghiera e la Parola di Dio devono diventare la nostra forza. Ci ha accompagnato nell’analisi delle crisi vissute da alcuni personaggi biblici come Giuseppe – il sognatore – Mosè, Paolo e anche il grande S. Ignazio. Figure che dopo la sensazione di “naufragio” sono state in grado di reagire nella Grazia di Dio che gradualmente li ha purificati per trasformarli in strumento di bene.
Il momento del “raccontarci” è stato molto commovente. All’inizio, dopo qualche perplessità, il ghiaccio si è rotto e le storie davanti ai confratelli, ci hanno fatto rivivere la missione e certezza che il Signore non ci ha mai “mollato”, ma sempre accompagnato soprattutto nei momenti difficili: guerre e violenze, malattie e fragilità affettive, senza dimenticare le incomprensioni tra confratelli.
E’ stato poi il turno di P. Gioele Schiavella, agostiniano, che ci ha parlato della teologia e mistica di S. Agostino sulla vecchiaia soprattutto nel Sermone 108: la vita è un dono di Dio, anche le tribolazioni sono per purificarci, senza perdere la serenità. “Voglio camminare, diceva Agostino, ma purtroppo non voglio arrivare!” Questa è la tentazione umana ed egoistica di non voler abbandonarci nelle mani di Dio per accettare anche la grazia di invecchiare e prepararci all’incontro definitivo con il Signore.
Alla fine della prima settimana siamo andati in pellegrinaggio ad Assisi e Cascia. Abbiamo celebrato la S. Messa nella chiesa di S. Damiano e poi abbiamo visitato le tre basiliche di S. Chiara, S. Francesco e S. Maria degli Angeli, dove si trova la Porziuncola. Una forte ventata di spiritualità francescana ha attraversato la nostra vita mentre eravamo guidati sulle orme di S. Francesco, S. Chiara e altre figure di Santi dell’Umbria. Il messaggio è stato chiaro: ritorno all’essenziale nella nostra vita, “spogliarci” (come S. Francesco ha fatto davanti a suo padre) di tutto per abbracciare la povertà estrema di questi santi e così incontrare il Cristo nella preghiera autentica, nella carità ed anche nell’esperienza missionaria. Anche a Cascia, il ricordo della vita, dell’esperienza mistica di Santa Rita hanno aggiunto elementi al cammino di conversione tracciato dal pellegrinaggio. Nella vita segnata da tragedie familiari, Santa Rita ha saputo scoprire il sentiero di Dio che la portava a diventare donna di riconciliazione e capace di fare un’esperienza mistica al punto di portare sul suo corpo le sofferenze di Cristo simboleggiata dalla spina che le trafigge la fronte.
Siamo tornati a casa certamente stanchi, gli anni e le gambe non ci portano più tanto lontano, ma anche rincuorati e felici dalla fraternità vissuta, dagli esempi di santità incontrati, che ci spingono, con la grazia di Dio, ad essere santi a nostra volta, nella vita missionaria: “prima santi e poi missionari”.
Ringraziamo di cuore tutti i confratelli che ci hanno dimostrato la loro vicinanza attraverso messaggi vari e preghiere.
A tutti giunga il nostro più cordiale saluto e ringraziamento.
A nome dei partecipanti
pp. Luigi Accossato e Salvatore Forner