“NON SIAMO DA ROTTAMARE”: MISSIONARI FINO ALLA FINE!!

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Corso di formazione continua – Roma Casa generalizia, seconda puntata

La seconda settimana è iniziata all’insegna del contributo molto interessante di due dottori dell’ospedale Gemelli di Roma entrambi specializzati in geriatria e che fanno parte di una equipe coordinata dai padri Camilliani. Prima ad intervenire è stata la Dott.ssa Flavia Caretta che si è soffermata sull’età anziana dalla prospettiva dei sintomi geriatrici, degli aspetti psicologici e relazionali, mentre il suo collega, il Dott. Massimo Petrini ha delineato un quadro sintetico degli aspetti spirituali e teologici dell’età anziana, i suoi significati e valori.

In sintesi possiamo raccogliere il succo del loro messaggio in questo modo: gli anziani “non sono da rottamare”, anzi vivono un periodo della vita che ha certamente i suoi problemi e difficoltà, ma che può e deve essere vissuta in pienezza in quanto valore in sé e come testimonianza per i giovani e per la società in generale.


Ci hanno sollecitato a comprendere i diversi fattori caratterizzanti l’invecchiamento: il decadimento biologico delle capacità funzionali dell’organismo e alcuni altri più legati all’ambiente sociale e alle predisposizioni individuali. Non bisogna drammatizzare, ne frustrarsi rimpiangendo i tempi passati: oggi al decadimento fisico si risponde con la medicina ma soprattutto con l’assunzione di uno stile di vita appropriato e una sana ed equilibrata alimentazione. Molto più preoccupante è la “vecchiaia interiore”, il rischio della depressione, sentirsi inutili e l’orgoglio di non voler dipendere da nessuno. Per rimediare a queste situazioni ci sono una serie di strategie: l’ attività fisica e intellettuale, ma soprattutto la vitalità nella dimensione spirituale.

Riportiamo il suggerimento del Dott. Massimo Petrini di continuare a rendersi utili in famiglia e nella società, essendo segno di pace e serenità! La vecchiaia è, e può veramente essere, l’età d’oro della vita, anche se progressivamente limitata nell’efficienza delle prestazioni. La condizione indispensabile affinché tutto ciò si avveri è l’accettazione della nostra situazione con saggezza, per diventare dei buoni e amabili “vecchietti”, imparare a dipendere dagli altri senza piagnistei, anche se sono giovani. Speriamo e preghiamo affinché tutti i suggerimenti, i consigli e gli atteggiamenti indicati trovino riscontro nella nostra vita personale e in quella delle comunità dove lavoriamo senza essere troppo pedanti nei confronti dei nostri confratelli o di chi si prende cura di noi.

E’ stato poi il turno di don Luca Mazzinghi un giovane parroco della diocesi di Firenze che insegna Sacra Scrittura nella Facoltà teologica dell’Italia centrale e anche al Biblico. Il tema a lui affidato riguardava gli aspetti biblici della vecchiaia.

Con bravura e dimestichezza ci ha accompagnato nel ricco mondo della letteratura sapienziale dell’Antico Testamento che elogia la vecchiaia come una benedizione di Dio (Salmo 90) senza nasconderne le sofferenze. Il libro del Qoelet da una parte elenca le difficoltà causate dalla caducità della vita che passa “come un soffio”, in quanto “tutto è vanità” e dall’altra propone di giungere alla gioia godendo dei benefici che Dio pone a nostra disposizione. La vecchiaia è inoltre concepita e vissuta come sinonimo di saggezza ed esperienza. Per questo nel Siracide (cap. 25) l’anziano è invitato a diventare baluardo della tradizione e portavoce delle meraviglia operate da Dio in favore del suo popolo soprattutto alle giovani generazioni. Don Luca ha concluso la giornata presentandoci un’interessante interpretazione di alcuni esempi di anziani che hanno saputo porre la loro fiducia in Dio. La preghiera di San Paolo (2Tim. 4) che al tramonto della vita guarda al passato senza rammarico perché ha lavorato per il Regno di Dio e fino alla fine ha “conservato la fede” e poi Simeone e Anna che nel tempio, con il “Nunc dimittis” e la preghiera, entrambi elevano una lode a Dio nel momento dell’incontro decisivo e più importante della vita, tanto sperato e sospirato, con il Bambino Gesù. Confermando così la famosa frase di Kierkegaard: “Chi crede, ha un’eterna giovinezza”.

E’ stato poi il turno del nostro padre Gottardo Pasqualetti, che ci ha ricordato che siamo “amministratori dei misteri di Dio” e siamo chiamati a trasformare la vita in una continua liturgia. Per questo è necessario avere la costanza di un’appropriata formazione alla liturgia, nella liturgia e dalla liturgia alla vita. Per celebrare bene (signe, attente et devote) ci vuole una passione perché la liturgia è un’arte che va oltre il rubricismo esasperato. In particolare il celebrante che presiede una liturgia deve imparare l’arte di comunicare, di animare e guidare l’assemblea a nutrirsi della Parola di Dio e poi pregare con tanta fede fino al momento culminante dell’Eucaristia vissuta. La liturgia deve coinvolgere tutti: chi presiede, ma anche il popolo di Dio. Per questo è importante saper coordinare e dividere correttamente i servizi liturgici, dando spazio ai laici, ai ministri, al coro ecc. La creatività nel celebrare l’Eucaristia comincia anzitutto con la fedeltà al rito che celebriamo, ma può avvalersi anche di spiegazioni ad hoc (monizioni), un’accurata scelta di letture e canti. Ci ha ricordato l’importanza dell’omelia come la cerniera tra la Parola e il sacrificio eucaristico e che lo stile delle nostre liturgie deve essere sobrio, serio e devoto, con speciale attenzione alle diverse sensibilità delle popolazioni con cui lavoriamo. Ci è di esempio il nostro fondatore, il Beato Giuseppe Allamano che ha saputo trovare l’armonia tra vita e liturgia, perché ha scoperto il segreto di far ruotare tutte le attività attorno ai momenti preziosi della Messa e dell’ adorazione. La liturgia continui quindi ad essere per tutti l’ “anima” della nostra vita missionaria appunto perché è una caratteristica basilare del nostro Carisma nostra vita missionaria espressa anche nella particolare devozione alla Consolata.

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Nel nostro corso non potevano mancare dei riferimenti a San Paolo, alla sua vita e missione. Roma custodisce i luoghi degli ultimi anni della sua esistenza: la prigionia, il martirio e la sepoltura. Abbiamo visitato la Basilica di San Paolo Fuori le Mura, luogo della sua sepoltura e poi l’Abbazia delle tre fontane dove Paolo fu decapitato. Alla maestosità e splendore degli alabastri di San Paolo fuori le Mura fa da contrappunto la sobrietà e la nudità della chiesa delle tre fontane, sulla vita Laurentina, dove S. Paolo fu decapitato e dove – ci ricorda la tradizione - la testa di Paolo rimbalzò tre volte. Da pellegrini in questo anno paolino abbiamo sostato nella chiesa dell’Abbazia per un momento di Lectio divina condotta da padre Michelangelo Piovano – superiore della Casa Generalizia - su 2Tim 4 e 2 Cor.3. Come Paolo anche noi dobbiamo diventare “lettere vive” pronunciate da Dio e contribuire al diffondersi del suo Regno sulle orme e con lo stesso zelo apostolico del grande apostolo delle genti.

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Un bellissimo ed emozionante momento è stato vissuto Venerdì 5 settembre quando abbiamo celebrato la Santa Messa con i formatori provenienti da tutti i nostri seminari che con noi hanno voluto terminare il loro incontro. Un pensiero molto bello da parte loro e un momento significativo per tutti noi, soprattutto per chi tra noi è stato formatore ed ha avuto alcuni degli attuali formatori come studenti. Li Abbiamo affidati al il Signore affinché li accompagni e sostenga. Con la preghiera abbiamo poi raggiunto tutti i nostri seminaristi sparsi per il mondo e alla Consolata affinché interceda presso il Signore che continui a benedire il nostro Istituto con sante vocazioni. Nell’Eucaristia abbiamo salutato i Padri Giolitti Daniele e Vedastus Kwajaba in partenza per la Mongolia.

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Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:43
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