Kenya: Fino a che punto il potere è nelle mani del popolo? (I)

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Il prossimo 12 di Dicembre ricorre l’anniversario dell’indipendenza del Kenya. I festeggiamenti di quel 12 dicembre del 1963 sembrava non dovessero finire mai: iniziava per la gente del Kenya la vera rinascita. Da quel momento tutto doveva essere perfetto, giusto, migliore. I nuovi capi erano Africani e, per convinzione e definizione, dovevano essere bravi, buoni, interessati del proprio paese e della propria gente; non si doveva più rendere conto a paesi stranieri. Le gente poteva essere sicura con loro, il male della colonizzazione era del tutto passato, una nuova era completamente diversa si presentava all’orizzonte del nuovo paese diventato finalmente indipendente.

L’euforia non durò molto. Ben presto la gente iniziò ad avere dubbi sui loro politicanti, sulle azione del nuovo governo, sulla giustizia nell’uso del bene comune, sulla equità delle procedure giudiziarie, sulle promesse di sviluppo che avrebbe dovuto portare lavoro e benessere a tutti, ecc. Il tutto sfociò nelle rivolte del dopo elezioni del Dicembre 2007 in cui gli stessi politicanti erano i facinorosi, quelli che dovevano assicurare la giustizia diventarono gli agenti dell’ingiustizia, quelli che dovevano difendere la gente contro i ribelli, si convertirono in assassini. Ed allora la gente iniziò a prendere sul serio il loro ruolo nella vita del paese, a richiedere giustizia nei salari, nei prezzi dei commestibili che costituiscono il loro pasto quotidiano, ed altre rivendicazioni di cui parleremo più in avanti. Ora vediamo le cause principali di questo cambiamento così profondo, così fuori dell’ordinario anche per la mentalità Africana del chief che è il vero “capo”.


Certamente una delle principali cause è l’avanzamento culturale della popolazione. Il Kenya è sempre stato una nazione dedicata alla scuola, alla cultura, al progresso intellettuale. Le missioni hanno iniziato questo processo, e parzialmente lo continuano ancora, ma il governo negli anni 70 nazionalizzò le scuole e purtroppo la qualità dell’educazione decadde un poco, anche se l’ansia del sapere e del conoscere rimase genuina. Ora la gente, anche gli anziani che non hanno frequentato le scuole, sono a conoscenza dell’andamento del paese, del governo, delle finanze, e degli abusi in tutti questi campi. Una seconda ragione sono i mass media. Ora la televisione raggiunge anche le più remote zone del paese, e, bene o male, sparge la conoscenza della vita del paese, della sua politica, degli scandali politici, economici che brulicano in tutte le branche della sua vita. I giornali sono alla portata di tutti, anche se arrivano in ritardo, o sono a disposizione della gente nelle istituzioni locali. Finalmente le nuove associazioni erette nel paese, incluse le piccole comunità di base Cattoliche, hanno fatto azione di persuasione, sulle necessità di partecipare alla vita del paese e di influenzare le decisioni politiche, economiche, educative, ecc, per poter ottenere quello che la maggioranza della gente pensa sia giusto ed equo per il bene dei singoli e del paese.

Le chiese e religioni, che hanno iniziato molto del progresso del paese, hanno sempre seguito questi cambiamenti attraverso gli interventi dei loro leaders. La Chiesa cattolica è stata una delle voci più potenti e allo stesso tempo paterne nell’aiutare il processo di sviluppo con i valori, attitudini e azioni proprie dei seguaci del Signore Gesù e dei suoi insegnamenti. Non c’è stato nessun punto cruciale per la vita della gente e del paese in cui le Chiese, e soprattutto quella Cattolica, non abbiano fatto sentire la loro voce, proponendo soluzioni eque e giuste.

Mossi da tutti questi antecedenti, la gente ha iniziato a fare pressione sui politicanti. Alle pressioni hanno aggiunto manifestazioni popolari per protesta contro decisioni riconosciute ingiuste, o in appoggio di cause riconosciute eque. Purtroppo a volte ci sono stati atti di forza, uso di armi, e mezzi che la maggioranza non accetta. E i risultati sono stati enormi e impensabili anche solo l’anno passato. Mi limito qui ai risultati ottenuti dal popolo negli ultimi tre mesi, ed ispirati dai due documenti del Giudice Johann Kriegler sulle elezioni del 2007, e dei fatti criminali che hanno seguito le elezioni, studiati dal documento del Giudice Philip Waki. Documenti di cui noi abbiamo accennato su questo sito appena sono stati resi pubblici, anche se l’ultimo solo parzialmente. Anche altre situazioni di meno peso, sono risultate ugualmente importanti per comprendere la forza che il popolo può esercitare nella soluzione di problemi importanti per il paese.

Tutto l’apparato elettorale dal Kenya era nelle mani e sotto la giurisdizione della Election Commission of Kenya (ECK) composta di 22 Commissari che avevano poteri di condurre le elezioni secondo i regolamenti della costituzione ed altri ad hoc. In tutto erano coinvolte circa seicento persone. Secondo lo studio fatto dalla Commissione Kriegler, la ECK ha fallito miseramente nel suo scopo, ed è stata la causa principale del “fiasco” delle elezioni stesse. Per cui il report di Kriegler chiede che la ECK sia messa in disparte, e venga insediata una nuova commissione composta di cinque commissari e molti meno impiegati della prima. Quando il Governo iniziò il processo di smantellamento della ECK, tutti i suoi membri si ribellarono. Scrissero lettere di protesta al Presidente Kibaki, al Vice Presidente Kalonzo, al Primo Ministro Raila, al Procuratore Generale, al Capo di tutti gli impiegati governativi, a tutti i membri del Parlamento, agli Ambasciatori di tutte le nazioni potenti incluse quelle dell’Unione Europea. In tutti questi casi hanno ottenuto una sola risposta: Il Kriegler Report deve essere osservato e le sue richieste obbedite. Allora il Chairman della ECK, Mr Simeon Kivuitu si rivolse al sistema giudiziario del paese, sulla base che “nessuno può essere dichiarato colpevole senza un processo legale”. Il Giudice chiese che ogni sospensione della ECK venisse bloccata, e che il processo giudiziale fosse iniziato al più presto possibile. La risposta sia del governo, che del Parlamento fu: nessuno è dichiarato colpevole, ma la Commissione presente non è più valida e quindi deve essere cambiata. E il giorno 4, Dicembre la Ms. Martha Karua, Minister of Justice and Constitutional Affairs, ha presentato al Parlamento la proposta di legge di sostituire la presente ECK con l’Interim Independent Electoral Commission (IIEC); legge che se approvata dal Parlamento, verrà poi inclusa nella nuova Costituzione. Tutto ciò avvenne perché sia il Governo, che il Parlamento, compresero che i cittadini non avrebbero accettato la continuazione della presente Commissione, e avrebbero potuto boicottare qualsiasi iniziativa per future elezioni sia locali, che generali.

(1- continua)
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29
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