Se nel concepimento immacolato di Maria il Padre celeste ha voluto preparare la dimora terrestre del suo Figlio, oggi ricordiamo il momento in cui lo Spirito Santo predispone il purissimo seno di Maria ad accogliere il Figlio suo Gesù: è il giorno del concepimento di Gesù.
Nel ventre tuo, o Maria, si è riacceso l’amore, canta Dante e così ben riassume questa verità, misteriosa ma pur sempre reale: Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che il suo Fattore non disdegnò di farsi sua fattura.
Ma dopo questa introduzione, vediamo come sono andati i fatti, secondo la testimonianza riportata da Luca, evangelista e storico attendibile, forse in base ad una confidenza della Madonna. È il cosiddetto fatto dell’annunciazione, a cui in Alpignano è stata dedicata una chiesa parrocchiale: l’Annunziata.
Domandiamoci anzitutto: chi è l’Annunziata. Il vangelo dice: l’angelo Gabriele fu mandato da Dio a Nazareth, ad una vergine, sposata con un uomo di nome Giuseppe, discendente di David.
Nazareth era allora un paesino di poche case, con caverne annesse. Può forse venire qualcosa di buono da Nazareth, si domandava la gente ai tempi di Gesù. Eppure il Padre eterno sceglie proprio Nazareth.
Giuseppe era discendente della casa regale di Davide, che ai quei tempi non contava più nulla. Eppure i profeti avevano preannunziato che il Messia, cioè Gesù, sarebbe nato dalla stirpe regale di Davide.
“Ad una vergine di nome Maria”, una giovinetta quindicenne, giuridicamente già sposata, ma secondo gli usi non ancora accasata. Nessuna solenne presentazione, un nome comunissimo. Poche parole di presentazione, ma soppesate dall’evangelista Luca con estrema cura e cariche di richiami alle antiche profezie.
Quale l’annuncio? Il Figlio di Dio si fa uomo. Già l’avvio dell’episodio è singolare: un fatto straordinario, un personaggio soprannaturale, l’angelo Gabriele mandato da Dio. Luca, forse dopo aver intervistato Maria, precisa il tempo, il luogo, la condizione, lo sposalizio, la stirpe, il nome: Maria. Il mistero dell’annunciazione è inserito nella storia con tutti i connotati di un evento preciso, tangibile, disponibile al nostro sguardo e alle nostre indagini storiche.
E l’angelo saluta la vergine: Ti saluto o piena di grazia, il signore è con te. “Ti saluto”, anzi rallegrati, gioisci! Il saluto angelico è un richiamo alle profezie di Sofonia (3,14), di Zaccaria (9,9), di Gioele (2,21).
“Piena di grazia, il signore è con te”: un riconoscimento celeste dell’abbondanza di grazia di Maria, ed indirettamente della sua immacolata concezione.
Maria tace. Il silenzio, di chi turbata per tanto elogio, si domanda il senso di quel saluto e di quella presenza celeste.
Ed ecco il grande annuncio dell’angelo, il fatto grandioso atteso da secoli dal popolo ebreo, la realizzazione della promessa fatta ai progenitori, delle benedizioni ad Abramo, della promessa di Davide: “tu concepirai il Figlio dell’Altissimo, il Signore”. Il Figlio di Dio si fa uomo in me!
Ce n’è abbastanza per disorientare ben più che quella giovanetta di Nazareth. Ed ecco, Maria parla. Non dubita come Sara e Zaccaria che restano, per castigo, senza parola. Maria, con la semplicità e la concretezza di una ragazza matura che non si monta la testa, ha l’umiltà di chiedere spiegazione ed osserva: Non conosco uomo. La risposta indica che nelle loro condizioni, né Maria né Giuseppe potrebbero realizzare quell’annuncio.
Ed allora interviene lo Spirito Santo: Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce. Ha scritto Mons. Ravasi: Gesù, vero Figlio di Dio, ma d’ora in poi anche vero uomo, percorrerà le vie biologiche dell’embrione, del feto, del neonato. Un mistero che coinvolgendo fisiologicamente la donna, mette in disparte l’uomo.
“Non temere, lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo sarà in te”. Non, quindi, continuava Ravasi, attraverso i meccanismi naturali, bensì miracolosamente con l’intervento diretto di Dio.
Il Figlio di Maria, esclama S. Ambrogio, è veramente il Figlio di Dio. E Ippolito scrive: Giuseppe è testimone che la sua sposa Maria è diventata madre di Dio e l’angelo gliene dà la prova, invitandolo a perfezionare davanti alla legge la prassi matrimoniale: Prendi con Maria, tua sposa.
“Allora Maria disse: ecco sono la povera tapina, serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto. E l’angelo partì da lei”. È l’esaltazione della donna, la più alta espressione della maternità. Alla radio, una giovane ha affermato: Questa maternità irradia di luce l’essere stesso della donna. Non c’è nessun uomo che può dirsi padre di Dio, ma una dona sì c’è, che può dirsi Madre di Dio.
Concludo con l’invito di S. Bernardino: “Quando tu dici l’Ave Maria, pura pura, con chi credi tu di favellarti? Tu ti favelli con la Vergine Maria. Sappi che come tu saluti la Vergine Maria, subito ella saluta te. Non pensare che Ella sia quelle rusticacce, come assai se ne trovano; anco è piacevole. Ella ti saluta ogni sera, quando sentirai suonare l’Ave Maria, o saria tu tanto villano che non saluti Lei? Come tu saluterai, subito Ella ti risponderà”.